12.05.2025
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Politics

Ue, i paletti per l’Ursula-bis. Ma Giorgia Meloni non ha fretta


SAVELLETRI (BRINDISI) Ora testa a Bruxelles. Quando a Borgo Egnazia iniziano ad ammainarsi le bandiere dei Paesi del G7 per tornare alla normalità fatta di silenziosi ulivi centenari e ospiti ricchissimi, le cravatte si sono già allentate da un po’.

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La tensione imposta da Giorgia Meloni nella tre giorni di vertice cala rapidamente, sin da prima che la premier tenga — non senza qualche polemica — la conferenza stampa finale. La prima dopo quella di fine anno. Certo, inevitabile dato il ruolo recitato dalla presidenza italiana, ma — seppur breve — emblematica. Il fatto stesso che dopo ben 162 giorni torni a prendere delle domande in una sala stampa è un segnale. Lo stress test non superato delle elezioni sarde è ora definitivamente alle spalle. Dopo quella sconfitta infatti, Meloni aveva temuto il peggio, confidando a diversi suoi collaboratori il timore di arrivare «debole» alle Europee e al G7, e imponendo un conseguente stop a diverse partite (in primis quella delle nomine nelle società partecipate). E, soprattutto, finendo con il ritmare un cambio di passo comunicativo al suo governo e diplomatico alla squadra degli sherpa (è di quei giorni l’arrivo di Elisabetta Belloni). Da ieri ha avuto la certezza che quei pronostici non solo non si sono concretizzati, ma che anzi sono stati disattesi, trasmettendo l’idea dell’identità come punto di partenza attraverso il «borgo globale» mostrato ai Sette e ai leader outreach. E pure attraverso i panzerotti che «li hanno lasciati a bocca aperta», gli artigiani e le luminarie che hanno dominato l’ultima serata.

GLI SGAMBETTI
Eppure gli sgambetti non sono mancati (e non mancheranno lunedì). Specie da parte di un Emmanuel Macron che, obbligato a mettersi al centro dell’attenzione dagli ultimi risultati elettorali, ha messo in difficoltà la squadra diplomatica nostrana. Prima non invitando Meloni alle commemorazioni per lo sbarco in Normandia che hanno preceduto il vertice, poi — una volta in Puglia — sfruttando mediaticamente a suo favore le richieste avanzate sull’aborto e sul riconoscimento dei diritti Lgbtqia+, riuscendo a far inserire la «tregua olimpica» all’interno del testo per intestarsi un’eventuale de-escalation (le Olimpiadi inizieranno a Parigi il prossimo 26 luglio), e infine con una sgrammaticatura diplomatica annunciando a margine di un vertice a guida italiana un accordo trilaterale con Israele e Stati Uniti per una roadmap che porti all’abbassamento delle tensioni in Medio Oriente.

Una lunga serie di tensioni e affronti più o meno evidenti che, ancor prima di spostarsi a Bruxelles per la cena informale tra i leader europei che si terrà lunedì sera, si è palesata nella divergenza tra le ultime dichiarazioni dei due leader. Al di là del tentativo di «non dare troppa enfasi» alle distanze con Meloni dichiarato dall’inquilino dell’Eliseo, Macron ha infatti sottolineato come a Borgo Egnazia si siano tenuti dei faccia a faccia tra gli interessati alla definizione della leadership di Bruxelles (il cancelliere tedesco Olaf Scholz, convinto che «ci sarà l’Ursula bis», e i vertici delle istituzioni Ue Charles Michel e Ursula von der Leyen), evidenziando la sua volontà di chiudere presto la partita, preferibilmente prima del voto delle legislative francesi che si terrà a luglio, e con buona probabilità assegnerà all’assemblea parigina una maggioranza di impronta ultra-conservatrice.

Eventualità — quella del dialogo informale — invece smentita dalla premier, intenzionata a far valere i risultati elettorali garantiti dalle urne della scorsa settimana e l’immagine internazionale di solidità mostrata al G7, prendendosi tutto il tempo che è necessario per mettere pressione agli altri leader europei (Macron compreso). Il messaggio recapitato ai presenti a Borgo Egnazia e non, è insomma quello che l’Italia non accetterà compromessi al ribasso. E quindi, ecco il «buon senso» ravvisato da Meloni nelle parole del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani che nei giorni scorsi aveva supposto fosse meglio attendere l’esito della consultazione elettorale transalpina.

Giochi di posizione con cui la premier, che informalmente in questa fase sarebbe disposta ad accettare il bis di Ursula solo in cambio di una vicepresidenza della Commissione Ue e di una delega pesante (come il mercato interno o la concorrenza), si presenterà appunto a tavola a Bruxelles. Se poi la cena finisse con l’essere indigesta — e le parole con cui Scholz l’ha salutata al suo rientro in Germania preannunciando una morsa con la Francia non lo escludono («Meloni è di estrema destra, differenze evidenti») — la partita rischia di riaprirsi totalmente, rimettendo in discussione anche il nome del presidente della Commissione.

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