Ogni giorno dalla stazione Termini di Roma entrano ed escono mille treni. «Sono quasi 60 all’ora — spiega l’economista ed esperto di trasporti Andrea Giurcin — tra convogli dell’alta velocità, intercity, regionali o merci». Mezzi — tanti, troppi mezzi — con utenze e finalità diverse che si irradiano in almeno sette direttrici divergenti. E viaggiano su linea disseminate di cantieri nel tentativo di ammodernarle.
E se un chiodo piantato per sbaglio, e in via del tutto eccezionale, in una centralina — come avvenuto l’altro ieri — può letteralmente bloccare per mezza mattinata questo nodo urbano, basta un piccolo accavallamento delle corse per causare ritardi stratosferici o la cancellazione di un treno. Con ripercussioni che si estendono fino a Milano o Napoli.
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Si gioca sui secondi a Roma. E proprio questo groviglio di binari retto con molta perizia dai controllori del traffico spinge Giuricin a ricordare: «Vengono esperti da tutto il mondo a studiare i sistemi e la gestione del nodo di Termini». Dove, non va dimenticato, i problemi iniziano quando la linea (dedicata) dell’Alta velocità si interseca con quella storica. Cioè quella sulla quale circolano i treni dei pendolari.
Come detto, la prima criticità è proprio nel numero dei mezzi in circolazione. Per due terzi sono regionali. Da tempo si discute di spostare queste corse lontane da Termini, per esempio nelle altre stazioni come Tiburtina e Ostiense. Un’operazione apparentemente logica ma in pratica poco fattibile: intanto perché questi treni sono cofinanziati dalle Regioni stesse con i contratti di servizio e per i governatori sarebbe abbastanza impopolare spingere i loro pendolari verso fermate periferiche. Senza contare che nella Capitale non c’è una metropolitana, per la cronaca la B, capace di reggere più passeggeri che vogliono raggiungere il Centro. Risultato? Il rafforzamento delle tratte dall’Abruzzo verso Termini ha finito per appesantire il traffico su una linea già congestionata come la Fl2 in direzione Tivoli.
Nell’ultimo anno sono aumentate i disagi per i viaggiatori. Soltanto a settembre si sono registrate sei giornate off limits che, per una serie di guasti, hanno visto ritardi tra i 60 e i 120 minuti e la cancellazione di svariate corse. L’assessore regionale ai Trasporti, Fabrizio Ghera, ha scritto Rfi«per chiedere conto delle soluzioni a questi i disagi». «In questo periodo — aggiunge Giuricin — si sconta anche la presenza di tanti cantieri, accelerata dai fondi del Pnrr. E questo fa si che i treni abbiano meno buffer (intersezioni) per bypassare i punti dove si registrano guasti o rallentamenti».
La soluzione sta negli investimenti. Che non mancano da parte del gestore Rfi, come dimostrano gli sforzi per impiantare il sistema di controllo Ertms e che permette ai treni di viaggiare in sicurezza e a minore distanza tra loro. Ma questo potenziamento tecnologico costa e impone tempi lunghi. E lo stesso vale per i lavori per i raddoppi dei binari. A Firenze stanno costruendo un passante per affrontare questi problemi, a Roma non è ancora certo quanto sarà completato l’anello ferroviario. Spiega Massimiliano Valeriani, presidente della commissione Trasparenza del Lazio: «I contratti e gli accordi di programma con Trenitalia prevedono investimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria per quasi 50 milioni l’anno. Ma ne servirebbero almeno il doppio». Non va meglio sulle opere più strutturali, «peraltro tutte commissariate». La Cesano-Bracciano è bloccata nell’iter autorizzato per motivi burocratici e sembra sia stata addirittura definanziata. La Tivoli-Guidonia doveva essere completata entro il 2024 ma è in forte ritardo. Il tombamento del Pigneto ha visto andare deserta la gara per 5 volte e, anche se ora l’appalto è stato assegnato, non sarà pronta per il Giubileo come invece era stato inizialmente previsto. E gli investimenti tecnologici sulla rete del Lazio sono tutti in ritardo di almeno un anno».
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