Cosa succede a una fragranza, quando la specie vegetale che la produceva non esiste più? La nuova frontiera di Jurassic Park è ricreare profumi ormai estinti, a partire dal Dna e dai campioni delle specie vegetali conservati nelle istituzioni scientifiche.
«Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini», scriveva Patrick Süskind nel suo capolavoro, Il profumo. Oggi dominare gli odori vuol dire trafficare con sequenze genetiche e con alberi genealogici, allo scopo manifesto di riportare in vita, letteralmente, i morti.
Quando era ancora possibile imbattersi in un albero di Hibiscadelphus wilderianus, e di annusare voluttuosamente l’odore di questo distante cugino dell’ibisco delle Hawaii, tra il 1910 e il 1913, i telefoni erano un’invenzione recente, le automobili cominciavano a diffondersi e in Italia Giovanni Giolitti era il capo del governo.
I DATI
Oltre un secolo dopo, gli scienziati hanno cominciato a pensare se piante simili, esistenti soltanto in forma di foglie secche e pressate, negli erbari d’archivio, potessero essere riportate in vita, almeno parzialmente. «Ci siamo chiesti — ha raccontato la biologa Christina Maria Agapakis al National Geographic — cosa succederebbe se provassimo a fare come in Jurassic Park?». Nel giro di cinque anni, la ex direttrice creativa di Ginkgo Bioworks, una compagnia di biotech basata a Boston, ha aperto una «porta» olfattiva verso il passato. Usando la ricostruzione del Dna e la biologia sintetica, è stato ricostruito l’aroma — descritto come un «ginepro acido» — dei fiori scomparsi delle Hawaii.
Che gli odori rappresentino un immenso capitale, la nostra memoria, è un dato di fatto. Come nell’effetto Madeleine di Marcel Proust, che ricordando un profumo spalancava la strada ai ricordi. Per questo, ricreare un odore scomparso vuol dire anche poter viaggiare nel tempo. «Attraverso l’odore si mettono in moto memoria ed emozione», ha detto al magazine americano Sissel Tolaas, un’artista e ricercatrice che ha collaborato al progetto.
RAPIDE
Ma esistono anche altre piante da «resuscitare». Mettiamo l’Orbexilum stipulatum, una pianta erbacea che si trovava comunemente a Rock Island, nelle anse formate dalle rapide dell’Ohio. Dopo il 1881 nessuno ha più potuto annusare le sue infiorescenze, a causa della migrazione dei bufali, che contribuivano a diffondere le sue sementi, e soprattutto dopo la creazione di una diga artificiale. «Abbiamo deciso di ricreare fragranze che non abbiamo mai potuto provare e altre, che prima era impossibile produrre», ha detto alla Cnn Jasmina Aganovic, fondatrice e Ceo della startup Future Society. Per prima cosa, l’azienda ha scandagliato gli erbari dell’Università di Harvard, alla ricerca di tutti i campioni possibili. «Si tratta — ha detto la manager — di piccoli frammenti riportati in laboratorio e sottoposti a una serie di reazioni chimiche che li degradano, per assicurarci che tutto ciò che rimane sia il Dna». In questo modo, viene estratta tutta la componente genetica delle piante, e non soltanto quella che produce un odore. Per questo, spiega Aganovic, ricreare un profumo in laboratorio non può essere considerato una scienza esatta. Una volta che i geni «olfattivi» sono stati scoperti, non tutti si attivano e producono un odore. I ricercatori possono però creare un «profilo olfattivo» abbastanza preciso, una sorta di identikit, che serve per arrivare alla fragranza finale. «Pur avendo i dati — ha detto Aganovic — ci siamo affidati a diverse aree di competenza, tra cui i profumieri e la loro conoscenza delle sostanze chimiche degli aromi e della botanica, per studiare la discendenza di queste piante, a quali piante viventi fossero imparentate, dove crescessero e com’era il loro ambiente… Tutti questi elementi ci hanno fornito spunti su come ricostruire l’odore attraverso un mix di arte e scienza».
CASCATA
Per esempio, per ricreare l’odore dei fiori di Orbexilum stipulatum, è stata assoldata una profumiera professionista, che ha immaginato la fragranza finale. «Il fiore cresceva vicino a una cascata, quindi ho cercato di creare qualcosa di umido, verde e rigoglioso», ha detto il «naso» Olivia Jan a Harper’s Bazaar. Un altro profumo ricreato in laboratorio è quello del Leucadendron grandiflorum, una pianta sudafricana scomparsa dagli anni Sessanta, e dell’indiana Wendlandia angustifolia, scomparsa nel 1917 dalla regione indiana del Tamil Nadu a causa della siccità.
IL METODO
La tecnologia utilizzata è, in apparenza, molto semplice. E viene usata la biologia sintetica molto utilizzata anche in agricoltura, per creare, per esempio, microbi che possono sostituire i fertilizzanti chimici.
Prima viene creata la ricostruzione digitale, che viene stampata in sequenze di Dna sintetico. Questa viene poi inserita nel lievito, che comincia a crescere, producendo molecole olfattive. Poi, comincia la decodifica. Esistono laboratori, come quello della Smell Research Lab di Berlino, che utilizza un database di fragranze messo insieme nel corso di vari decenni. Per arrivare all’odore finale, bisogna confrontare il dna dei geni olfattivi della pianta estinta con le più simili molecole esistenti, tra le circa diecimila a disposizione. Finché si aprono, finalmente, le porte di un passato remoto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il punto sui temi di attualità, ogni lunedì
Iscriviti e ricevi le notizie via email