Anche grazie all’apporto del Sud, l’economia italiana resta su un sentiero di crescita moderato. Ma continuo e migliore rispetto alla Germania. Sotto controllo, seppure in lieve crescita, l’inflazione: a luglio ha segnato a livello mensile un +0,4% e un +1,3% annuo, ed è lontana dalla soglia del 2% indicata dalla Bce come limite massimo e dai dati rilevati in Paesi come la stessa Germania, la Francia (+2,3) oppure la Spagna (+2,9%). La stima preliminare del Pil nel secondo trimestre, diffusa dall’Istat dieci giorni fa, è stata dello 0,2%, tanto che la crescita acquisita (nel caso di mancate accelerazioni nella seconda metà dell’anno) ha già raggiunto quota 0,7. Un livello che potrebbe ancora consentire di centrare il +1% a fine anno fissato dal governo nel Def. E un ulteriore elemento incoraggiante arriva dal Sud. Secondo quanto emerge dal Panorama economico di mezz’estate di Srm, centro studi che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo, il Pil nel Mezzogiorno, come già sottolineato da un recente rapporto dello Svimez, si stima in crescita anche nel 2024 (poco sotto l’1%, in linea con la media nazionale), dopo i positivi dati del 2023: +1,3% rispetto al +0,9% a livello italiano.
PIÙ SOCIETÀ DI CAPITALE
L’indagine evidenzia inoltre un consolidamento del tessuto imprenditoriale: al secondo trimestre si contano oltre 1,7 milioni di imprese attive con un irrobustimento della presenza di società di capitale che segna un +4% rispetto al 2023, contro un +3,3% per l’Italia. Aumenta anche il mercato del lavoro, con 6,3 milioni di occupati a fine 2023 che corrisponde a quasi il 27% del totale del Paese, con una crescita maggiore del dato nazionale (+3,1%, contro +2,1%). Anche la filiera turistica conferma buoni segnali, grazie alla componente straniera. Con oltre 24,3 milioni di arrivi e 86,1 milioni di presenze si raggiunge quasi la parità con i valori pre-pandemici (99,5%, contro +10,4% in Italia). In questo scenario — osserva Intesa San Paolo — diventa indispensabile un efficace utilizzo delle risorse disponibili a cominciare dai fondi del Pnrr alleggeriscono il calo dei mesi precedenti. Intanto, sul fronte dei prezzi, confermando la sua stima preliminare, l’Istat vede l’inflazione a luglio risalire all’1,3% sull’anno, con un aumento dello 0,4% su base mensile. La risalita (ma l’Italia resta ben al di sotto del tetto del 2% preteso dalla Bce) si deve in primo luogo all’accelerazione dei prezzi dei beni energetici (quelli regolamentati salgono da +3,5% a +11,7%, quelli non regolamentati da -10,3% a -6%). Salgono anche i tabacchi (da +3,4% a +4,1%) e i servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4% a +4,4%). Buone notizie invece per il carrello della spesa, perché i prezzi dei beni alimentari calano: i non lavorati a -0,4% (dal +0,3% del mese precedente), i lavorati da +2% a +1,6%.
IL CONFRONTO
Bene anche il dato dell’inflazione di fondo, cioè al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che resta stabile a +1,9%. Il livello dei prezzi resta comunque uno dei tassi più bassi dell’Eurozona, visto che in Germania e Francia risale al +2,3% e in Spagna al 2,9%. Più nel dettaglio a luglio i prezzi sono saliti in tutta Italia, ma nel Nord-Est sono i più alti (da +1% di giugno a +1,5%), mentre nel Centro e al Sud salgono a +1,3%. Più bassi nelle Isole (+1,2%) e nel Nord-Ovest (+1,1%). E la classifica delle città più care vede salire al primo posto Rimini (+2,1%), seguita da Bolzano (+2%), Napoli, Parma e Padova (+1,9%). Mentre i prezzi si muovono poco a Campobasso (+0,3%), Ancona e Aosta (+0,5% entrambe), Genova (+0,7%), e Modena, Potenza Ravenna e Firenze (tutte a +0,8%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this