Apre i battenti a Roma la Space smart factory di Thales Alenia Space, una fabbrica made in Italy tra le più grandi in Europa, capace di assemblare circa 100 satelliti l’anno (circa uno ogni tre giorni). Saranno destinati a scopi militari e civili (per Stati e privati), tra cui le telecomunicazioni, l’osservazione terrestre e la navigazione nello Spazio.
Ieri l’inaugurazione nel Tecnopolo della cosiddetta “Tiburtina Valley”, quadrante romano che ospita 150 imprese, per la maggior parte piccole e medie, che operano nel settore Spazio. Settore in cui la joint venture tra la francese Thales (67%) e l’italiana Leonardo (33%), grazie all’investimento per questa fabbrica da 100 milioni di euro (di cui 27 arrivati dal Pnrr e altri dall’Agenzia spaziale italiana e da investitori privati), si conferma così tra i leader in Europa. A giorni o settimane, poi, come confermato dall’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, dovrebbe arrivare un primo accordo tra l’impresa italiana, Thales e Airbus per creare un campione europeo dei satelliti dal valore di circa 10 miliardi.
Insomma, un soggetto che può provare a sfidare SpaceX di Elon Musk e i rivali cinesi, anche per non dover dipendere da loro. Da sciogliere, però, ci sono gli ultimi nodi sulla ripartizione della produzione tra Italia e Francia. Secondo Reuters, poi, Leonardo vorrebbe ridurre la quota in denaro da versare per ottenere una partecipazione paritaria.
L’ACCELERAZIONE
«Questa fabbrica — ha commentato il ministro delle Imprese, Adolfo Urso — è il gioiello tra le quattro Space smart factory finora realizzate in Italia con le risorse del Pnrr. Dobbiamo essere ambiziosi, perché ad esempio la Germania investirà 35 miliardi in satelliti». «L’80% della produzione della fabbrica — ha poi spiegato il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo — sarà made in Italy, grazie alla collaborazione di centinaia di pmi del nostro Paese».
«È una scommessa enorme — ha aggiunto Cingolani — ma promettente. Nei prossimi anni verranno lanciati oltre 10mila satelliti in orbita intorno alla Terra: è un mercato imperdibile, in cui occorre essere presenti da subito». A margine dell’evento, poi, l’ad di Leonardo ha risposto alle accuse di complicità con il genocidio a Gaza. «Un accostamento assurdo che rifiutiamo — ha spiegato — non vendiamo un bullone a Israele da quando è scoppiato il conflitto». Quanto alla licenza con Tel Aviv sulla manutenzione di velivoli militari da addestramento non armati, ha detto che «la revoca per il governo è più facile e si può fare più rapidamente rispetto a rivedere cose come il controllo di società che a sua volta controllano aziende di Difesa israeliane che fanno radar: lì c’è da fare un lavoro internazionale». La Space factory di Roma ha una superficie di 21mila metri quadrati, di cui 5mila dedicati ai test finali per i satelliti. All’interno c’è una stazione che li sottopone alle violente forze alle quali sono esposti nello Spazio, compresi i disturbi elettromagnetici, mentre un enorme cilindro può creare il vuoto per verificare se il satellite riesce a mantenere la propria temperatura. Ci sono anche test per le riparazioni in orbita e per proteggere i satelliti dagli attacchi di altri Stati. Ad aiutare gli ingegneri ci sono piattaforme e braccia robotiche.
Quello romano è il penultimo nodo della rete italiana, che vede già operative le fabbriche di Argotec a Torino, di Cesi a Milano, e di Sitael a Bari e a Pisa. Nel corso del 2026 è prevista la partenza dell’ultimo sito, quello del Centro italiano ricerche aerospaziali a Capua.
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