LA POLEMICA
ROMA «Non possiamo prendere schiaffi e fare finta di nulla. Chi rompe paga». Se in Friuli sembra tornato il sereno, in Trentino i nervi nel centrodestra sono sempre più tesi. Lo certifica il botta e risposta andato in scena ieri in differita sul palco del festival dell’Economia di Trento tra due pesi massimi dell’esecutivo: il vicepremier leghista Matteo Salvini e il meloniano titolare dei Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani. Protagonisti dell’ennesimo round nello scontro – tutto interno alla maggioranza – sul terzo mandato per i governatori. O meglio, per i presidenti delle Regioni a statuto speciale, dopo che la Consulta ha stoppato la ricandidatura di Luca Zaia in Veneto.
IL VERTICE
Salvini però sul punto non ha cambiato idea. Anzi. Negarlo, ribadisce il leader del Carroccio, «secondo me è un errore, è una sottrazione di democrazia». Ma ormai, ammette, «ho capito che non lo vuole nessuno tranne noi, né a destra né a sinistra». Difficile insomma che l’argomento possa essere affrontato di nuovo con esiti favorevoli alle mire leghiste, quando i leader si vedranno (c’è chi dice questa settimana) per cominciare a discutere lo schema di candidature da mettere in campo alle regionali d’autunno. Azzurri e meloniani, del resto, hanno giù fatto capire chiaramente come la pensano, quando nonostante il no del Carroccio il consiglio dei ministri ha impugnato la norma del Trentino che apriva alla possibilità di una terza corsa per il presidente leghista Maurizio Fugatti.
Ed è stata proprio quella la scintilla che ha innescato lo scontro. Con Fugatti che, dopo lo stop imposto da Roma, ha revocato le deleghe alla vicepresidente della provincia autonoma Francesca Gerosa, di FdI. Una «ripicca» inaccettabile, per i meloniani. Su cui Ciriani mette da parte il consueto aplomb e interviene con parole di fuoco. Il semaforo rosso al terzo mandato in Trentino, chiarisce il ministro dei “Fratelli”, «non è un capriccio, non è qualcosa di inventato ai danni di Fugatti o Zaia». Bensì una scelta tecnica, «inevitabile e sacrosanta», per evitare impugnative e ricorsi «su cui i rischi sono altissimi». Poi i toni si fanno ultimativi: «Noi non possiamo prendere schiaffi e non fare nulla. Di guance ne abbiamo due, e le abbiamo finite». E ancora: tirando dritto, «il presidente Fugatti si mette il contro il governo, contro Fratelli d’Italia. E noi non è che staremo a guardare. Avevamo un patto e doveva essere mantenuto».
LA MOZIONE
Probabile insomma che la questione, se non ci saranno passi indietro, dovrà essere risolta a livello di leader. Anche se Salvini nei giorni scorsi aveva provato a minimizzare sull’accaduto, parlando di «questioni locali». Non così per gli alleati. Che chiedono che la casella di vicepresidente della provincia di Trento torni all’esponente meloniana. In Friuli, nel frattempo, dopo il chiarimento di giovedì tra Massimiliano Fedriga e Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, sembra rientrata la crisi innescata dalle critiche proprio di Ciriani sui ritardi del nuovo ospedale di Pordenone, dopo le quali gli assessori di Lega e FI avevano rimesso le deleghe. Nei prossimi giorni dovrebbe essere messa ai voti una mozione, con la quale la maggioranza confermerà la fiducia a Fedriga. Sempre che nel frattempo il botta e risposta nel centrodestra non salga ulteriormente di livello.
A.Bul.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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