14.05.2025
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Politics

«Tempi difficili, Italia pronta a fare la sua parte. Da aggressione russa effetto domino globale»


NEW YORK — «Ogni ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza». Archiviato il “maestro d’inglese” Michael Jackson con un accenno di moon walk davanti ai giornalisti, Giorgia Meloni usa le parole di «un grande patriota italiano» Carlo Pisacane per rilanciare la crociata italiana contro una riforma dell’Onu che, per quanto necessaria per «essere all’altezza di questa epoca», rischia di partire da «ciò che è più facile» anziché «da ciò che è utile e necessario».

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Meloni, l’intervento all’Onu

Con il suo intervento al 79esimo Consiglio generale dell’Onu, la premier chiude un viaggio a New York in cui ha allontanato con forza l’idea che l’Italia possa schierarsi accanto di uno tra Donald Trump e Kamala Harris e pure che possa recedere nel suo sostegno a favore di Kiev.

Proprio l’Ucraina e l’invasione russa hanno non a caso occupato una grossa parte dell’intervento meloniano, fosse solo perchè considerata «detonatore» di un «effetto domino» per altri focolai di crisi.

«La ferita inferta al sistema internazionale fondato sulle regole dalla guerra d’aggressione russa all’Ucraina sta avendo effetti destabilizzanti molto oltre i confini nella quale si consuma» dice Meloni, snocciolando un lungo elenco di «insidie inedite» che cui «tutti dobbiamo fare i conti»: dal «bivio» a cui si trova la riduzione delle emissioni ambientali, alla «scarsità di acqua ed energia», sino «all’uso strumentale della fede religiosa» o «al dirompente avvento dell’intelligenza artificiale generativa». Sfide interconnesse alimentate da una «complessità» che secondo la presidente del Consiglio dimostrano come «i problemi del Sud Globale sono anche i problemi del Nord del mondo». Esattamente il motivo per cui serve «un cambio deciso di paradigma nei rapporti tra le Nazioni» da fondare su «rispetto reciproco» e «concretezza», relazionandosi quindi «da pari a pari» con l’altro come fatto dall’Italia durante la presidenza del G7 o, specie nei rapporti con i Paesi africani, con il Piano Mattei.

Il piano Mattei

Un collegamento, quello africano, che Meloni sfrutta per rilanciare la «guerra globale» contro i trafficanti che lanciò lo scorso anno dallo stesso podio. Per la battaglia però la premier alle Nazioni Unite di «fare di più», perché le reti criminali stanno riproponendo «una schiavitù» che può essere sconfitta solo «con una maggiore cooperazione», in nome della formula “follow the money” frutto «dell’intuizione di due grandi giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino». C’è infatti, dice Meloni, «un filo rosso» che collega la tratta di esseri umani africana «a chi gestisce il traffico di stupefacenti» in America Latina. Anche qui, «in particolare per il popolo venezuelano», la premier ritiene sia «nostro dovere alzare la voce».

E quindi dopo aver ribadito in vista del 2025 e dell’ottantesimo anniversario della Carta delle Nazioni Unite la necessità di «non voltarci dall’altra parte» in Ucraina, come in Israele, Palestina o in Libano («Mai più tragedie come quelle») chiede a tutti «di metterci in discussione». L’idea, conclude mantenendo la storica posizione italiana sul punto, è che «sarebbe un errore creare nuove gerarchie con nuovi seggi permanenti» ma che si possa discutere la riforma «senza pregiudizi». «Nella tempesta — la chiosa della premier — possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato». 

«Tempi difficili»

«E’ un tempo difficile quello nel quale siamo stati chiamati a governare le nostre Nazioni. Tutto intorno a noi sembra cambiare, tutto viene messo in discussione, e le poche certezze che pensavamo di avere non sono più tali. Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato», sottolinea Meloni nel suo intervento. «Possiamo dimostrarlo — ha aggiunto — ai cittadini che governiamo, dimostrarlo ai nostri figli. Dimostrarlo a noi stessi, forse soprattutto a noi stessi, perché come diceva un grande patriota italiano, Carlo Pisacane, protagonista di quel Risorgimento che fece dell’Italia una Nazione unita, «ogni ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza». Affrontare i problemi piuttosto che rinviarli, avanzare piuttosto che indietreggiare, preferire ciò che è giusto a ciò che è utile, questo è il nostro compito, difficile ma necessario. L’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte».

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