ROMA Lei ricuce, lui strappa. Più che a un campo largo, il centrosinistra somiglia alla tela di Penelope: ciò che Schlein fa, o prova a fare, Conte lo disfa a suon di bordate. E così, mentre la segretaria del Pd mai così ecumenica sigla la pace pure con l’arci-cacicco Vincenzo De Luca alla Festa dell’Unità di Procida (il leitmotiv è il no all’autonomia differenziata), il leader Cinquestelle assesta un uno-due agli alleati dem. Colpevoli di voler riportare Matteo Renzi nel centrosinistra e di non essere abbastanza netti in politica estera, tema su cui col Nazareno «serve un chiarimento».
L’avvocato ce l’ha con il suo predecessore a Palazzo Chigi, e vede come fumo negli occhi la virata dei renziani in direzione Schlein. Ma è con i «vertici del Pd» – leggi: la segretaria – che l’ex premier spara ad alzo zero. «Resuscitare Renzi è un harakiri», avverte. E il metodo con cui quell’operazione viene «assecondata» dai dem «sta aprendo una grave ferita con la comunità del Movimento».
IL VETO
Quello del presidente stellato è un commento a un dibattito nato sul Fatto quotidiano. In cui Conte ribadisce il muro dei 5S al progetto di Schlein di allargare al centro. Con quello che stavolta somiglia a un veto da cui indietro non si torna. «Resuscitare Renzi, premiandolo dopo la disfatta elettorale europea e i ripetuti fallimenti, avrebbe un costo pesantissimo per la serietà e credibilità del progetto di alternativa a Meloni», avverte l’avvocato. Una scelta «incomprensibile» e «inaccettabile», visto che Iv «ha votato quasi sistematicamente con il centrodestra e governa con le destre in molte amministrazioni». Dunque, bacchetta Conte, «lasciare questo spazio a Renzi è un grande harakiri». Un suicidio che, complice il Pd, sta creando una «ferita» tra i pentastellati. «Se poi qualcuno pensa che Renzi possa facilitare un dialogo diretto con il Partito democratico Usa e con il governo israeliano allora – prosegue – a maggior ragione occorre un forte chiarimento sulla politica estera: per noi del M5S i governi italiani non si decidono a Washington». Ma è tutto il capitolo esteri che per Conte è da rivedere, a cominciare dall’atteggiamento sulla guerra in Ucraina. «La ricerca incessante della pace» sarà uno dei «fattori discriminanti per un’intesa politica» coi dem, che invece sostengono l’invio di armi a Kiev. «La nostra alternativa – sferza Conte – non prevede nessuna subalternità rispetto anche a nostri consolidati alleati come gli Usa».
Parole che fanno scattare immediata la replica di Renzi. «Per la nostra idea di centrosinistra il rapporto con gli americani non è in discussione», mette in chiaro il senatore. «Non facciamo scegliere i governi a Washington» ma «non lasciamo che sia Mosca a decidere per noi». Poi la stoccata: «Tra Trump e Harris noi non abbiamo dubbi: stiamo dalla parte di Kamala. Ci auguriamo che tutto il campo largo lo sia».
LA MEDIAZIONE
Tra i due litiganti il terzo, cioè Schlein, prova a metterci una pezza. Fedele alla linea «testardamente unitaria» che la leader dem si è imposta, anche se i potenziali alleati non aiutano. Lo fa da Procida, dov’è sbarcata poche ore prima. E dove va in scena la sepoltura dell’ascia di guerra con l’arci-rivale interno De Luca. Il dibattito sulle alleanze, per la segretaria, suona «surreale»: le intese «non si fanno da nome a nome ma da tema a tema. Concentriamoci su quello che serve all’Italia», getta acqua sul fuoco, «le differenze si possono comporre». La strategia resta quella consolidata: compattare il campo largo sui temi. «Un appello a Conte e Renzi? Facciamo insieme una proposta per un congedo paritario di cinque mesi per madri e padri», lancia l’amo Schlein.
Poi però un paio di assist ai 5S la segretaria li concede. Sull’Ucraina, dice, «il Pd ha contestato a questo governo di non aver fatto abbastanza per uno sforzo diplomatico, ma non mi sento di criticare l’esecutivo per la prudenza sull’intervento di Kiev in Russia». E pure sulla Liguria. Dove, è l’aut aut di Schlein a Renzi, «non si può stare con il piede in due scarpe». Tradotto: se il leader di Iv vuole tornare nel centrosinistra deve togliere il suo sostegno al sindaco genovese Marco Bucci, di centrodestra, per cominciare. A convincere Conte si penserà dopo. Sempre che nel frattempo l’avvocato abbia esaurito i colpi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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