«Avere un’editoria in salute significa avere cura del pluralismo e dunque della nostra democrazia». Paolo Barelli presidente dei deputati di Forza Italia torna a spingere per il sostegno a un settore cruciale per il Paese che deve affrontare la sfida della modernizzazione, a partire da quella dell’Intelligenza artificiale, la minaccia delle big tech e delle fake news e fare anche i conti con un mercato in affanno. Senza contare il sostegno importante venuto meno della pubblicità legale.
Dunque un volano necessario va inserito subito nella manovra per Barelli. «Forza Italia, coerentemente con il lavoro svolto negli anni, ha presentato emendamenti alla legge di Bilancio allo scopo di sostenere il settore», ha spiegato ieri sottolineando i nodi da cui partire.
«La concorrenza sul mercato pubblicitario che comprende i sistemi digitali internazionali», ha dunque precisato, «ha fortemente penalizzato le testate: vogliamo cambiare pagina». E anche per questo «l’editoria italiana ha bisogno di sostegno per poter continuare a rappresentare un baluardo di democrazia e pluralismo». E allora proprio per questo, ha continuato lo stesso Barelli, «ci siamo impegnati anche a consolidare il fondo per il pluralismo con un intervento strutturale».
I CORRETTIVI
Sono infatti due gli emendamenti cruciali proposti da Forza Italia. Il primo, come spiega lo stesso Barelli, integra il Fondo per l’editoria di 100 milioni. Un risarcimento dovuto dopo i tagli subiti negli anni e un sostegno a chi resiste, per il presidente dei deputati di FI, e deve difendere il diritto d’autore dal saccheggio delle notizie online e arginare l’abuso di strumenti di Intelligenza artificiale, che oltre creare un danno economico, possono produrre e rilanciare fake news. Con lo stop alla pubblicità legale sui giornali, il settore deve già rinunciare a un importante risorsa per gli investimenti nella digitalizzazione. E dunque non è un caso se Forza Italia è da tempo in prima linea per integrare il Codice degli Appalti con la reintroduzione della pubblicità dei bandi dei lavori pubblici proprio sui giornali.
Il secondo correttivo cruciale da inserire in manovra ha a che fare con il capitolo web tax. «L’editoria va senz’altro esclusa dai destinatari della tassa», dice a chiare lettere Barelli. La web tax deve concentrarsi sui colossi. è la tesi: non può essere estesa a piccole e medie imprese o start-up ed editoria. L’obiettivo deve essere quello «di far pagare Bezos, Amazon, Zuckerberg e tutti i colossi che non pagano nulla, non quello di penalizzare l’editoria, le televisioni e le piccole imprese italiane», come ricordato nei giorni scorsi anche da Maurizio Gasparri, capogruppo azzurro al Senato, nell’annunciare la proposta di riforma dell’intero sistema delle comunicazioni. Lo spirito del nuovo testo è quello di «ribadire la centralità del Parlamento come dicono le sentenze della Consulta dal ’74 ad oggi, ma anche di guardare all’evoluzione del settore, cioè ai prossimi vent’anni, e tagliare le unghie ai potentati della rete che entrano nella tv, nei giornali e nella pubblicità e pagano poche tasse».
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