Paletti sulle responsabilità ambientali e sociali (compreso l’obbligo di coprire i costi di riciclo) estesi dal produttore alle piattaforme web come le cinesi Temu e Shein. Ma anche stop alla pubblicità ingannevole su app e social e una probabile tassa da alcuni euro sulle singole vendite online. Il governo, tramite il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, accelera sulla stretta contro il cosiddetto “ultra fast fashion”, mentre sale il pressing sull’Ue per istituire dei dazi o un contributo sulle spedizioni ad hoc.
Parliamo di quelle centinaia di migliaia di abiti di bassa qualità, spesso usa e getta, spediti ogni giorno nel nostro Paese a pochi euro da siti web per i più asiatici. Secondo Confindustria mettono in crisi il sistema italiano della moda. Al tavolo urgente di ieri al Mimit l’industria del settore, già in difficoltà tra produzione ridotta e balzelli americani, si è detta infatti minacciata a morte dalla concorrenza sleale.
Il ministero ha quindi confermato che sono in arrivo uno o più emendamenti al ddl concorrenza in Commissione Industria alla Camera, come anticipato da Il Messaggero lo scorso sabato. L’intervento si somma al pacchetto di misure approvato l’altro ieri con gli emendamenti al ddl pmi in Commissione Industria al Senato. Istituiscono una certificazione volontaria delle filiere della moda. L’obiettivo è garantire legalità e tracciabilità lungo la catena produttiva, come chiesto dal presidente di Tod’s, Diego Della Valle, dopo le polemiche per il presunto sfruttamento dei lavoratori da parte dei subfornitori cinesi dell’azienda (il quinto caso simile per i marchi del lusso da inizio 2024). Le imprese in regola e con modelli organizzativi di prevenzione dei reati potranno usare la dicitura “Filiera della moda certificata”, sotto il controllo del Mimit e dell’Antitrust. Critici, però, Pd e sindacati, esclusi dal tavolo. Le sigle, a partire dalla Cgil, denunciano un «grave colpo di spugna nella lotta al caporalato, visto che uno degli interventi nel ddl pmi deresponsabilizza le imprese impegnate in caso di lavoro nero in appalti, subappalti e forniture: è uno scudo penale per chi sfrutta».
IL QUADRO EUROPEO
Le nuove misure a cui lavora Urso rientrano nel quadro della nuova direttiva europea Erp, che sarà recepita in Italia nelle prossime settimane. La normativa sottopone al regime di responsabilità estesa del produttore chi, pur producendo fuori dall’Ue, vende i prodotti a compratori italiani. Per quanto riguarda la tassa, non colpirebbe le spedizioni, ma gli acquisti online, per evitare che Bruxelles possa fare rilievi come sta facendo con il balzello proposto dalla Francia. Sono comunque in corso interlocuzioni con la Commissione Ue. «Difendiamo il sistema della moda Made in Italy — ha detto Urso — che è sotto un grave attacco, sui mercati nazionali e mondiali».
Al tavolo di ieri, che si riaggiornerà il 17 novembre, erano presenti i vertici delle associazioni della filiera, tra cui Carlo Capasa (presidente della Camera nazionale della Moda italiana), Luca Sburlati (presidente di Confindustria Moda), Matteo Lunelli (presidente della Fondazione Altagamma), Doriana Marini (presidente nazionale di Federmoda Cna) e Moreno Vignolini (presidente della Federazione Moda Confartigianato Imprese). Tutti si sono detti soddisfatti per le misure in arrivo.
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