13.05.2025
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Economy

«Su Unicredit-Bpm decide l’Italia». Giorgetti chiude a interventi Ue


Giancarlo Giorgetti non è intenzionato a cedere terreno sulle partite bancarie italiane all’Unione Europea. Parlando da Tirano in provincia di Sondrio, a un evento sulle prossime Olimpiadi invernali, a chi gli chiedeva se temesse un intervento di Bruxelles in merito all’esercizio del golden power su Unicredit-Bpm, il ministro non ha usato mezzi termini. «Bruxelles», ha detto, «ha delle competenze in materia bancaria di concorrenza» ma «sulla sicurezza nazionale decide lo Stato italiano e non l’Europa».

La decisione sull’uso dei poteri speciali da parte dell’esecutivo, insomma, è avvenuta nel rispetto delle regole comunitarie. All’Ue non resta che pronucniarsi in materia Antitrust, cosa che avverrà entro metà giugno. «Penso», ha detto Giorgetti, «che il golden power è stato valutato. È una decisione che è stata assunta dal consiglio dei ministri, adesso come dice il golden power c’è il monitoraggio. Gli interessati devono fare delle cose e dimostrare delle cose e noi valuteremo quelle».

I paletti imposti dal governo per il via libera all’Ops di Unicredit su Bpm, prevedono che il gruppo guidato da Andrea Orcel cessi tutte le attività in Russia, che mantenga per cinque anni il rapporto tra impieghi e depositi, che non riduca il portafoglio di project financing, oltre a prescrizioni sugli investimenti di Anima in titoli di Stato italiani. Su tutti questi punti, insomma, il governo non sembra intenzionato a fare marcia indietro. Nelle settimane scorse, prima della decisione su Unicredit, l’Ue aveva già avviato con il governo un cosiddetto “Eu Pilot”, un confronto informale sull’uso dei poteri speciali. Ma i tempi dell’Ops sono più stringenti di quelli necessari a questo tipo di procedure. Oggi intanto, Unicredit ha in agenda un consiglio di amministrazione per l’approvazione dei conti trimestrali della banca. Un board nel quale è probabile che possa essere fatto un punto anche sulle operazioni in essere.

IL PASSAGGIO

Parlando in Valtellina, il ministro ha avuto modo di commentare anche l’operazione che vede la Banca popolare di Sondrio oggetto dell’offerta lanciata dalla Bper. «Il mio auspicio è che questa operazione, non so se si concluderà e come si concluderà, tenga conto delle specificità del territorio», si è limitato a sottolineare il titolare del dicastero di Via XX Settembre, separando il dossier tra la Popolare di Sondrio e la Bper dalla vicenda Unicredit-Bpm. «Il governo interviene quando la legge lo chiama a intervenire, con le valutazioni e poi sono situazioni di mercato», ha aggiunto.

Il commento sulle banche non è stato l’unico passaggio su Bruxelles. Anche le politiche industriali seguite negli ultimi anni hanno fatto sollevare il sopracciglio al ministro. «Chiaramente l’industria ha problemi», ha spiegato. A monte ci sono tuttavia «grandi scelte». Alcune di queste «l’Europa le ha sbagliate», ha detto Giorgetti, portando come esempio il Green deal, ossia il pacchetto di iniziative lanciate nella passata legislatura Ue per favorire la transizione verde e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Misure che hanno riguardato i settori più disparati, dall’energia all’industria dell’automobile, dall’agricoltura alla finanza sostenibile.

Da questa strategia, ha aggiunto il ministro «stiamo precipitosamente tornando indietro, speriamo di non arrivare troppo tardi». La posizione del Mef è quella di tutto il governo. A inizio aprile la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha proposto di sospendere le norme sul Green Deal per il settore dell’auto, così da difendere il comparto, già in difficoltà, dalla guerra commerciale. Una prima risposta c’è già stata. Giovedì 8 maggio, infatti, il Parlamento europeo ha approvato un emendamento che, sostenendo la proposta formulata a marzo dalla Commissione, ha introdotto maggiore flessibilità nel rispetto dei limiti sulle emissioni. In pratica è stata data la possibilità di adempiere agli obblighi su base triennale e non annuale. Questo approccio consentirebbe alle case automobilistiche di compensare eventuali superamenti del livello di emissioni annuali consentite con prestazioni migliori nel triennio, evitando così le multe nel 2025.

Di rilancio della competitività europea Meloni ha parlato venerdì 9 con il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Quello tedesco, già da qualche mese, è stato tra i governi che  hanno chiesto di rinviare l’attuazione della direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità per le piccole e medie imprese.

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