Tv, teatro e cinema. Per essere partito come modello e spogliarellista, il pisano Paolo Conticini, 56 anni, di strada ne ha fatta parecchia. Dopo tanti cinepanettoni – Natale sul Nilo, Natale in India, Natale a Rio e via dicendo — e serie tv – Provaci ancora prof! Lo zio d’America, Gloria etc – l’8 settembre torna sul Nove con Cash or Trash-Chi offre di più?, programma di compravendita più o meno bizzarra di oggetti di antiquariato e modernariato, che l’attore toscano guida con discreto successo dal 2021. Una conduzione apprezzata, la sua, che poche settimane fa gli ha fatto ricevere dai dirigenti di Viale Mazzini la proposta di condurre I fatti vostri su Rai2. Offerta che Conticini ha rifiutato.
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Perché non ha accettato?
«Ho un contratto con il Nove e non siamo riusciti ad incastrare le esigenze e gli impegni di tutti. Avrei lavorato volentieri con Michele Guardì (l’82enne autore e regista dello storico programma di Rai2, ndr) anche per riaprire un dialogo con la Rai e magari fare qualche ragionamento concreto per qualche prima serata, ma non è stato possibile. Fa niente, sono felice lo stesso. Non posso lamentarmi».
Da giovane ha fatto mille lavori, ma cosa sognava di fare?
«Una cosa precisa non ce l’avevo, volevo soltanto essere indipendente dalla mia famiglia. E poi avere una casa, un lavoro, una famiglia. I casi della vita mi hanno fortunatamente portato altrove e con il passare degli anni ho fatto il massimo che potevo per cercare di essere all’altezza di quello che la vita mi aveva generosamente proposto».
Chi deve ringraziare per primo?
«Tutti quelli che hanno creduto in qualche modo in me e mi hanno scelto per fare questo o quel ruolo al cinema, in televisione e in teatro».
E Christian De Sica?
«Certo. All’inizio la possibilità di fare questo lavoro me l’ha data lui. Lo ringrazierò sempre».
Del suo rapporto con Christian De Sica per anni si è detto di tutto: si è emancipato dal marchio “amico di” o no?
«Credo proprio di sì. Dai film di Natale in poi, i popolarissimi cinepanettoni, da solo ho fatto di tutto. Quelli erano i miei inizi, poi ho imboccato un percorso autonomo che mi ha portato, per esempio, anche a recitare nel tempio del musical italiano, il Teatro Sistina di Roma (il 26 gennaio tornerà in scena come protagonista di Tootsie, regia di Massimo Romeo Piparo, che poi sarà in tour fino a maggio, ndr)».
Siete ancora amici o no?
«Certo».
Fin qui la cosa che le è venuta meglio qual è?
«Coltivare la pazienza».
Che intende dire?
«Ce ne vuole tantissima nel mio ambiente di lavoro: con le persone che si incontrano, per certi lavori che vengono proposti, per certe critiche che arrivano in maniera più o meno gratuita. Oggi seleziono di più, mentre da giovane sono stato costretto ad accettare controvoglia qualche proposta. Non credo di essere stato una cima in tutto quello che ho fatto, però non sono neppure l’ultimo arrivato».
E dove è arrivato?
«A un buon punto di soddisfazione professionale e personale. Vivo del mio lavoro, ho una moglie con la quale sto da quasi trent’anni. Se mi guardo indietro mi è andata di lusso. Mi sono tolto lo sfizio di fare l’attore di cinema, teatro, serie tv. Canto pure… E dal 2021 faccio anche il conduttore».
Si aspettava di più dalla tv?
«Certo. Ma va bene così. Sono una persona che sa aspettare».
E come è arrivato a tutte queste cose?
«Con una grandissima dose di incoscienza, specialmente i primi anni. Solo con il tempo ho capito quanto può essere difficile e precario questo mio bellissimo lavoro. Che per certi aspetti — la verità ormai la conosco bene — può essere veramente spietato e fare tanto male».
Cioè?
«Quando sei qualcuno e conti, va tutto bene. In caso contrario, ti buttano via senza pensarci due volte. È terribile, io ormai ci rido perché è così che bisogna prenderla, ma il gioco è questo e funziona così».
Ha tanti amici in questo ambiente?
«No, ma è normale. Non ho mai frequentato solo gente dello spettacolo perché ho conservato le amicizie di quando ero bambino. Mi piacciono le persone che vivono al di fuori di questo mondo».
Qual è lo sfizio da togliersi prima di compiere sessant’anni?
«Mi piacerebbe tanto fare un ruolo da cattivo. Solo che in Italia l’etichetta te la mettono automaticamente, quindi se uno fa la commedia poi solo quella può continuare a fare».
Fra i tanti qual è il ruolo di cui va più fiero?
«A me il progetto che più mi è piaciuto fare, e che alla fine credo sia venuto meglio, è la serie televisiva Provaci ancora prof!, in onda su Rai1 per sette stagioni dal 2005 al 2017. Con me c’erano anche Veronica Pivetti ed Enzo Decaro e il mio personaggio del vicequestore Gaetano Berardi lo sentivo molto vicino a quello che sono io nella vita vera. Forse per questo è stato così facile interpretarlo».
Lei è il protagonista del musical “Tootsie”, tratto dal celebre film di Sidney Pollack del 1982 con Dustin Hoffman, che il 26 gennaio 2026 tornerà al Sistina di Roma: com’è recitare vestito da donna?
«Di solito calarsi in un personaggio completamente diverso da me lo trovo molto stimolante, ma interpretare una donna è davvero difficile. La sfida, però, era troppo allettante, non potevo tirarmi indietro. E dopo un po’ è stato anche bello far parte di una storia straordinaria come quella di Tootsie».
Ha scoperto il suo lato femminile?
«Sì. Quello secondo me ce l’abbiamo tutti. Il mio credo sia fatto soprattutto di sensibilità e determinazione. Dal punto di vista estetico, invece, mia moglie non ha avuto dubbi: mi ha detto che vestito da donna sono una bella figa».
E com’era fare lo spogliarellista?
«Divertente. Un lavoro, per il ragazzo che ero, molto ben pagato».
Come iniziò?
«Durante una Festa della donna, l’8 marzo di tantissimi anni fa. Io facevo parte del servizio d’ordine di una discoteca e una sera ho provato».
Da solo o con altri tipo California Dream Men?
«In gruppo, ma poi anche da solo. C’erano le agenzie che ci spedivano ovunque. Io facevo gli addii al celibato, serate private o nei night. Sempre una cosa leggera, però».
Che vuol dire? Non finiva mai con il nudo integrale?
«No. Però, dopo, se qualcuna ci cascava…».
È vero che, in quegli anni, aprì anche una palestra con suo fratello che però andò male e vi indebitaste pesantemente?
«Sì. Avevamo poco più di vent’anni e facemmo un debito abbastanza grosso — una trentina di milioni di lire — che faticavamo a pagare, ecco perché andai a lavorare in discoteca e tutto il resto. Alla fine, sgobbando come muli, pagammo tutto. Vengo da una famiglia che si è sempre data da fare».
Adesso un film lo farebbe con quale regista?
«Con uno di talento al quale nessuno ha mai dato la possibilità di esprimersi. E anche con quegli attori bravissimi che purtroppo restano a casa sul divano senza ingaggi».
Si riferisce ai soliti circoletti?
«Certo. In Italia lavorano sempre gli stessi. Il nostro cinema è in crisi anche per questo motivo. Sembra che da noi non esistano attori, sceneggiatori e registi diversi da quei quattro-cinque che fanno tutto loro. Comunque è inutile avvelenarsi, ognuno ha il proprio binario».
Il suo bilancio com’è: positivo o negativo?
«Avrei dovuto fare molte più cose, e forse le avrei fatte meglio di tanti altri, ma sono felicissimo. Recriminare è inutile».
Certo. Però la lista delle rivincite è lunga?
«Per carità, non sono vendicativo. Lì per lì posso arrabbiarmi, ma poi mi passa. Ognuno di noi ha il proprio percorso da fare. Chissenefrega delle chiacchiere, dei pregiudizi e delle cattiverie».
La delusione più cocente qual è stata?
«Il tradimento di un amico. Quello fa davvero male. Non lo metti mai in conto, pensi che quel tipo di rapporto sia per sempre e invece non è così. Purtroppo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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