18.05.2025
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Politics

stretta sui flussi e i centri in Albania


Avanti tutta a realizzare l’«agenda» del centrodestra. È il grande mantra questi giorni a Palazzo Chigi dove la premier è intenta a dettare le priorità (lo Ius Scholae, per dire, non è fra queste). E in agenda, ora più che mai, c’è il contrasto all’immigrazione illegale.

Altro che frenate, dubbi e ritrosie. Il caso Open Arms spinge il governo a schiacciare sull’acceleratore. La stretta sui flussi legali e le truffe di chi entra senza permesso. I centri di riconoscimento e i Cpr in Albania. Lo scontro con i giudici che disapplicano le norme e un pezzo alla volta smontano l’architettura normativa messa insieme dagli alleati in due anni di coabitazione. Lo ha detto a più riprese la premier, al ritorno dalla pausa estiva. Priorità «alla sicurezza» in quest’autunno politicamente caldissimo e tormentato da una manovra angusta. Il primo passo è annunciato da tempo. Una stretta sulle regole che oggi permettono a centinaia di migliaia di migranti di entrare in Italia con un permesso di lavoro, trovare un’occupazione (temporanea) in un’azienda dello Stivale. In due parole: decreto flussi.

Un sistema su cui anche la destra tutta legge e ordine ha deciso di scommettere una volta al governo, addirittura ampliando e di molto la platea dei beneficiari del permesso. L’ultimo decreto flussi, trasformato da annuale in triennale, prevedeva l’ingresso in Italia di quasi mezzo milione di persone. Un sistema che tuttavia ha mostrato molte falle negli anni. Alcune gravissime, denunciate da Meloni lo scorso giugno sia pubblicamente sia con un esposto alla Direzione nazionale antimafia. Perché, lanciò l’allerta Palazzo Chigi, una serie di evidenti anomalie nella gestione degli ingressi ha rivelato un business della criminalità organizzata per lucrare sugli stagionali. Regioni e perfino piccole città con picchi di richieste delle imprese al momento del “click day”. Aziende apri-chiudi che svaniscono nel nulla, una volta “assunti” i migranti lavoratori.

I RITOCCHI

Da mesi i tecnici del governo e del Viminale studiano un ritocco normativo per arginare i danni e i tempi sono maturi, se non domani la prossima settimana, per l’approdo in Cdm di una modifica della Bossi-Fini, la legge “totem” sugli ingressi di stranieri nel nostro Paese. Due le direzioni in cui ci si muoverà. Da un lato la “regionalizzazione” delle quote: ogni Regione avrà una quota massima di ingressi disponibile calcolata sulla popolazione residente. Dall’altro controlli a tappeto sulle imprese che accedono al click-day e una fase di pre-screening per evitare che presentino candidature “imprese-fantasma”, senza fatturato e dipendenti. Un po’ il sistema seguito per scovare le aziende apri-chiudi nate a macchia di leopardo per fare cassa sul Superbonus. L’altro grande appuntamento — in questa agenda anti-immigrazione targata centrodestra — è atteso oltreconfine. Quando saranno inaugurati i famosi centri per migranti in Albania? I lavori sono andati a rilento, tra imprevisti, intoppi legali, ritardi degli apparati militari italiani preposti alla realizzazione delle strutture.

Il taglio del nastro, inizialmente previsto per fine maggio, potrebbe arrivare entro la fine del mese. Con annessa visita, a ottobre, di Piantedosi e perfino della premier. I due centri nasceranno a Shengjin a Gjader e tra il 22 e il 23 settembre dovrebbero essere operativi i primi 400 posti. Il condizionale è d’obbligo: le piogge torrenziali di queste settimane stanno rallentando la posa del cemento a Gjadere rischiano di far slittare l’inaugurazione. Questa comunque è la traiettoria. E non è detto che finisca qui. Ieri Salvini ha chiamato la Lega alla mobilitazione contro i pm ed è probabile che si passi ai fatti in Parlamento. Il Carroccio vorrebbe cancellare le sezioni immigrazione dei tribunali da dove i giudici smontano un po’ alla volta la normativa ferrea del governo (come successe con il caso Apostolico). Ma anche questa volta FdI e Fi nutrono dubbi sul blitz contro i magistrati.

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