«Non abbiamo mica l’anello al naso…». Gli alleati della Lega per ora stoppano la richiesta del Carroccio di far sì che Edoardo Rixi, uomo forte del partito di via Bellerio in Liguria, sia candidato nella regione a nome di tutta la coalizione del centrodestra e non in quota leghista. «Nel centrodestra siamo una squadra. Io sono da sempre un militante, se me lo chiedono la premier e gli altri partiti sono pronto a scendere in campo», aveva detto il viceministro al Mit alcuni giorni fa alla festa di FdI vicino La Spezia. «Se Salvini insiste su Rixi — il ragionamento delle altre forze politiche del centrodestra — deve intestarselo personalmente». Da qui l’impasse. Perché la partita in Liguria è legata a quella che si giocherà in Veneto.
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Se la Lega dovesse decidere di giocarsi a nome del partito la carta del fedelissimo del Capitano si ritroverebbe un enorme problema in casa, considerato che il governatore del Veneto Luca Zaia ancora insiste sulla volontà di proseguire il proprio lavoro nella sua regione. «La Lega — spiega un esponente del Carroccio — non potrà dare alcun via libera alle richieste degli alleati, la verità è che vogliono mettere in difficoltà lo stesso Salvini». Ma c’è anche da sottolineare che Fratelli d’Italia da tempo ha prenotato la poltrona del Doge per il senatore Luca De Carlo e non intende — con l’appoggio di Forza Italia — modificare la posizione riguardo al no sul superamento del doppio mandato per i presidenti di Regione.
LA FUMATA NERA
Dunque il vertice del centrodestra, alla presenza della premier Giorgia Meloni, dei vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e del leader di Noi moderati, è terminato con un nulla di fatto. Al momento il candidato in Liguria da contrapporre all’ex ministro dem Andrea Orlando ancora non c’è. Sul tavolo i nomi restano sempre gli stessi. Oltre a quello di Rixi, c’è l’ipotesi Ilaria Cavo e Pietro Piciocchi, il vice sindaco di Genova.
All’incontro a palazzo Chigi quando si è cominciato a parlare di Liguria sono stati valutati tutti i pro e i contro delle personalità in campo. La decisione però è stata quella di prendersi perlomeno altre 48 ore. Il segretario della Lega ha chiesto di fare presto, sottolineando che è sbagliato sottovalutare le elezioni per il post-Toti. Il ragionamento è quello ripetuto in altre circostanze: se non si mette in campo il candidato migliore – e quello, secondo la sua tesi, è proprio Rixi – si rischia l’effetto valanga, considerato che in Umbria e in Emilia Romagna la coalizione potrebbe andare incontro ad una sonora sconfitta. «Dobbiamo vincere questa partita, altrimenti partirà un tam tam mediatico contro la maggioranza e un affondo giudiziario contro il governo», il refrain dei leghisti.
Ma Fdi, FI e Noi moderati non cedono. Anche la premier Giorgia Meloni avrebbe avallato l’idea che non si può ragionare fuori dagli schemi: giusto trovare la soluzione migliore ma non è possibile alcuna deroga. Tradotto, non si può prescindere dalla questione delle quote. «Se un partito ritiene di poter portare la coalizione alla vittoria allora deve crederci fino in fondo e non trincerarsi dietro formule di convenienza», sottolinea un big della maggioranza.
I SONDAGGI
Il tempo stringe e sotto traccia si sta giocando anche una sorta di guerra sui sondaggi. Tra chi dice che Rixi porterebbe maggiori consensi e chi, invece, ritiene che i dati sarebbero a favore della Cavo, l’esponente totiana, ex assessore regionale e ora deputata di Noi Moderati che si è messa a disposizione fin dai primi giorni. Mentre la pista Piciocchi non sembra decollare perché il vice sindaco di Genova viene considerato poco conosciuto nel resto della regione. Insomma Fdi, FI e Noi moderati non avrebbero alcun problema a dire sì a Rixi ma solo a certe condizioni. Condizioni che alla Lega non vanno bene. «E allora – sottolinea un esponente centrista della coalizione – sul tavolo resta il nome di Ilaria Cavo, non vediamo altri». Il fatto è che l’ex giornalista di Mediaset incontrerebbe resistenze pure tra coloro che sono vicini all’ex presidente della Regione dimessosi dopo le inchieste giudiziarie a suo carico. «Si vince solo con Rixi», la tesi, invece dei leghisti, «basta con lo schema Truzzu» (il riferimento è alle elezioni perse in Sardegna con il candidato imposto da Fdi). Ed il braccio di ferro continua.
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