16.05.2025
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Spazio, una X sopra la Nasa Ecco come l’ingresso di Musk nel governo Trump accelera la corsa sulla Luna e su Marte


Quando decise di fondare SpaceX, Elon Musk fece diversi viaggi in Russia con un’idea che fu subito definita «pazza» dai funzionari di Mosca con i quali entrò in contatto: acquistare vecchi razzi intercontinentali, rinnovarli e usarli di nuovo.

Erano i primi anni 2000 e Musk voleva rivoluzionare un settore all’avanguardia ma lento e fortemente condizionato dalla burocrazia. 
Alla fine Musk non riuscì a chiudere l’accordo e trovò una strada diversa per la nascita di SpaceX, fondata a El Segundo, in California, nel 2002. Sin dall’inizio della sua storia, l’obiettivo di SpaceX è stato abbastanza chiaro: da una parte il sogno che ossessiona Musk da quando è bambino, ovvero la possibilità di esplorare Marte e stabilire delle basi stabili sul pianeta. Dall’altra l’esigenza di diminuire i costi dei lanci, riusando parte dei missili e tagliando di un terzo le spese delle missioni: oggi infatti un singolo lancio di SpaceX costa 60 milioni di dollari, con un risparmio di 30 milioni.

LA SVOLTA

In questi 22 anni la sua startup aerospaziale è passata da essere una sconosciuta e osteggiata novità a gestire finanziamenti miliardari del governo federale: dal 2008 a oggi SpaceX ha ricevuto 20 miliardi di dollari dal governo americano, in particolare per il servizio di taxi verso la Stazione spaziale internazionale e per il lavoro che sta facendo nel programma Artemis, che prevede di riportare l’uomo sulla Luna nel 2026 e di avere una stazione permanente sul satellite entro il 2028.
Ora, con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e il ruolo di Elon Musk nella nuova amministrazione, per la quale si occuperà di tagliare gli sprechi, sembra che l’uomo più ricco al mondo possa finalmente mettere mano in modo diretto alle risorse statali e cercare di rivoluzionare dall’interno la Nasa. E qui nascono i primi problemi, visto che, nonostante la Nasa lavori con aziende private da decenni, Trump potrebbe consegnare a Musk le chiavi del programma aerospaziale degli Stati Uniti, lasciando al miliardario una serie di scelte strategiche per l’intero Paese. 
Ma oltre alle questioni economiche e geopolitiche strettamente connesse all’arrivo di Musk all’interno del governo, c’è un elemento simbolico importante: Trump infatti potrebbe essere il primo presidente in oltre 50 anni a riportare l’uomo sulla Luna. L’ultima missione con un allunaggio infatti è stata Apollo 17, avvenuta nel dicembre del 1972 quando il presidente era Richard Nixon. Oltre alla Luna, su consiglio di Musk, Trump potrebbe anche accelerare il programma della Nasa per portare il primo uomo su Marte tra il 2030 e il 2040. «Elon, fai partire quelle navi spaziali, perché vogliamo raggiungere Marte entro la fine della mia presidenza», ha detto Trump in un comizio. 

EQUILIBRI

E Musk, sempre durante la campagna elettorale, ha detto che Kamala Harris avrebbe condannato l’umanità a un’esistenza limitata alla Terra, mentre Trump avrebbe realizzato il sogno di SpaceX: portare l’uomo su Marte. 
La corsa allo spazio non è fatta solo di sogni ma anche di contratti miliardari, finanziamenti statali e geopolitica, visto che oltre agli Stati Uniti e agli alleati europei e giapponesi, Washington deve confrontarsi con tre potenze sempre più interessate a vincere la battaglia per conquistare lo spazio: la Cina per esempio con Chang’e 4 e 6 ha per la prima volta mandato una navicella sulla faccia oscura della Luna, riportando sulla Terra alcune rocce. E proprio al presidente Mattarella sono state donate rocce prelevate da Chang’è 5. 
Pechino prevede di costruire una base stabile di ricerca sul satellite entro il 2028 e poi portarci l’uomo entro il 2030. Per fare questo solo nel 2023 ha investito 14 miliardi di dollari, un numero in costante crescita ma molto più basso rispetto agli Stati Uniti che sono al primo posto nelle esplorazioni spaziali con 73,2 miliardi nello stesso anno. Seguono il Giappone con 4,65 miliardi, la Francia con 3,67 miliardi, la Russia con 3,4 miliardi, e l’India 150 milioni.
Grazie all’arrivo di Elon Musk, gli Stati Uniti potrebbero aumentare gli sforzi e gli investimenti nel settore, riducendo gli sprechi e spostando denaro recuperato attraverso i tagli promessi da Musk e da Vivek Ramaswamy, altro imprenditore miliardario, con il loro Department of Government Efficiency (Doge). 

LIMITI

Ovviamente questa euforia spaziale ha anche dei forti limiti, legati soprattutto al conflitto di interessi di Musk, nella doppia figura di membro del governo e fornitore di servizi alle agenzie federali. Inoltre gli analisti non trascurano i presunti rapporti del miliardario con il presidente russo Vladimir Putin, con il quale si sarebbe sentito al telefono diverse volte negli ultimi mesi. L’idea di Musk è quella di ridurre le regolamentazioni e portare alcuni dipendenti di SpaceX all’interno dell’amministrazione Trump, in particolare al Pentagono e in altre agenzie. Il New York Times sostiene che abbia discusso di questa possibilità con Trump e ci sarebbe già un accordo tra i due. In questo modo Musk si assicurerebbe due importanti vantaggi strategici: come prima cosa diminuire le regolamentazioni, di cui si è già lamentato più volte sostenendo che stiano rallentando lo sviluppo di Starship, un razzo riusabile di nuova generazione che SpaceX vuole usare per portare materiale e persone sulla Luna e su Marte. Un altro problema è legato al rispetto delle regole federali: una serie di inchieste di agenzie governative hanno sottolineato i limiti di SpaceX. 
La bramosia di Musk per raggiungere gli obiettivi in modo veloce porta con sé un numero di incidenti sul lavoro molto più alto rispetto alla media del settore e, in alcuni casi, la violazione delle linee guida ambientali: per esempio non avrebbe rispettato le leggi sulla protezione delle acque, rilasciando liquidi di scarto dopo i lanci, anche se SpaceX sostiene che non siano nocivi per l’ambiente. Inoltre avere un controllo diretto sulle decisioni del governo, in particolare nel dipartimento della Difesa, aprirebbe nuove possibilità anche a Starlink, la sua startup che ha almeno 6.370 satelliti in orbita e lavora con oltre 100 Paesi al mondo, inclusa l’Ucraina alla quale fornisce attraverso un finanziamento del governo americano i suoi servizi per mappare e controllare il territorio invaso dalla Russia. 

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