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Sostegno a Kiev, atlantismo e dialettica in Ue: il successo del G7


I detrattori si aspettavano qui i primi scivoloni. Meloni l’atlantista, a capo di una destra però che ha nelle sue radici una certa diffidenza verso i cugini d’Oltreoceano. Giorgia l’europeista pragmatica, reduce però da anni in trincea contro l’Ue matrigna. Due anni dopo ai suoi consiglieri la premier confida invece di aver strappato qui, sul terreno della diplomazia, i più grandi successi. «L’Italia torna protagonista» ripete a ogni buona occasione. Di sicuro ha conquistato spazio nel dibattito internazionale.

Ha fatto notizia all’inizio, ora non più, la barra dritta tenuta da Meloni sul sostegno all’Ucraina, valsa alla leader un rapporto diretto, anche umano, con il presidente in mimetica Volodymyr Zelensky. Non era scontato, viste le distanze e a tratti le tensioni dentro la maggioranza, rimaste però sotto il livello di guardia: sono già nove i pacchetti di aiuti militari inviati a Kiev. Con il voto di tutto il centrodestra. L’atlantismo è rimasto la bussola, nonostante tutto, della “Meloni-diplomacy”. In ordine: i buoni rapporti con Biden, la tela con le big tech americane, la presidenza del G7 e il summit a Borgo Egnazia che la presidente del Consiglio considera il più grande “colpo” di questi due anni. Senza mai cedere alla tentazione, che pure c’è stata, di schierarsi apertamente con Donald Trump, tifare per il suo ritorno a Pennsylvania Avenue.

Con la Cina una scelta drastica: l’addio definitivo alla Via della Seta solcata dal primo governo Conte. E insieme però il rilancio degli accordi commerciali sancito con il viaggio di fine luglio. Capitolo Europa: forse il più complicato. Inizio burrascoso, con lo scontro duro con la Francia di Macron sull’emergenza migranti, ma anche con la Germania di Scholz, i rapporti altalenanti con il gruppo di testa a Bruxelles.

Poi una lenta inversione di marcia. L’asse con Ursula von der Leyen che si forgia sul fronte migratorio e la benedizione Ue al “Piano Mattei”per rilanciare la cooperazione con i Paesi africani e fermare i traffici di migranti su cui Meloni ha scommesso, fra mille incognite. Il rapporto regge alla prova della rielezione lo scorso luglio. La leader di FdI fa votare contro la presidente della Commissione, ma con una tacita e ferrea intesa che le vale la nomina di Raffaele Fitto a Commissario e vicepresidente con delega alla Coesione. Realpolitik allo stato puro.

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