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Schillaci azzera il gruppo vaccini. Meloni irritata: «Noi pluralisti»


«Irritazione». Per quello che a Palazzo Chigi è apparso come un colpo di mano, una scelta «non concordata» coi vertici dell’esecutivo. Non è piaciuto affatto, a Giorgia Meloni, il modo con cui il suo ministro della Salute Orazio Schillaci ha chiuso il caso dei due medici no-vax nominati nel Nitag, il comitato del ministero sui vaccini. Perché dopo giorni di cancan mediatico e polemiche, ieri mattina Schillaci ha firmato il decreto per revocare le nomine dell’intero gruppo consultivo, insediatosi appena dieci giorni fa. Scelta dettata dal putiferio che si era alzato sui nomi del pediatra toscano Eugenio Serravalle e dell’ematologo bolognese Paolo Bellavita, che avevano espresso in passato posizioni scettiche sull’uso dei vaccini. Con tanto di appello della comunità scientifica affinché lasciassero.

«LONTANO DAL CLAMORE»
Tutto inutile: i due medici, fino a due giorni fa, erano ancora al loro posto. Così, dopo aver messo sul tavolo pure l’ipotesi delle proprie dimissioni, Schillaci ha fatto ciò che da giorni meditava di fare: azzerare l’intero comitato tecnico. Per procedere, nelle prossime settimane e «dopo una consultazione con le rappresentanze del settore», alla nomina di nuovi esperti. Una decisione presa «in totale autonomia», assicurano i collaboratori, senza ordini calati dall’alto. «La tutela della salute pubblica richiede la massima attenzione e un lavoro serio, rigoroso e lontano dal clamore», le parole con cui il ministro ha spiegato la decisione. «Con questo spirito abbiamo sempre lavorato e continueremo ad agire nell’esclusivo interesse dei cittadini». Una vicenda che sembrava essersi chiusa così, con il plauso degli scienziati, della Federazione degli ordini dei medici, delle opposizioni e pure di un pezzo di maggioranza, Forza Italia e Noi moderati in testa. Con l’azzurra Licia Ronzulli che saluta lo stop come «un atto di responsabilità e di tutela verso i cittadini: è fondamentale che chi siede in organismi così delicati sia coerente con l’evidenza scientifica».

Ma la retromarcia non viene presa bene, a Palazzo Chigi. Dove già nei giorni scorsi non era stato gradito, per usare un eufemismo, il polverone sul caso. Ieri la distanza è apparsa ancora maggiore. Quando ha saputo della revoca delle nomine, la premier si è infuriata, e lo ha fatto sapere anche al diretto interessato. «Irritata», Meloni, per quella che ritiene una decisione «non concordata». E che contraddirebbe la linea dell’esecutivo, perché «noi da sempre crediamo nel pluralismo e nel confronto». Una posizione che la presidente del Consiglio del resto aveva già espresso quando era all’opposizione del governo Draghi, nel 2022. «Il vaccino non è una religione, ma una medicina, quindi valuto il rapporto rischi-beneficio», rispose la leader di FdI a chi nel 2022 le chiedeva se avrebbe vaccinato la figlia Ginevra, che allora aveva 5 anni, con il siero anti Covid.

CHIARIMENTO
Dunque in nome del «pluralismo», sarebbe stato meglio, per Meloni, lasciare il comitato consultivo sui vaccini così com’era. La stessa posizione di un pezzo della Lega e, va da sé, di più d’uno dentro Fratelli d’Italia. Ed è ciò che, secondo le ricostruzioni, giorni fa avrebbe suggerito a Schillaci pure il sottosegretario di Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari. Ma l’ex rettore di Tor Vergata ha deciso di puntare i piedi. Troppo forte l’opposizione della comunità scientifica, con un appello lanciato da medici in prima linea nella difesa dei vaccini come Roberto Burioni e Matteo Bassetti che ha raccolto in pochi giorni oltre ventimila firme, tra cui quella del premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi. E poi l’eco internazionale del caso, approdato pure sulle riviste scientifiche di settore. Così è maturata la scelta di azzerare tutto, dopo la smentita alle voci che descrivevano il ministro come pronto al passo indietro. Anche se non è escluso che a questo punto, nel centrodestra e nell’esecutivo, non possa emergere di nuovo la necessità di un chiarimento.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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