Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Politics «Sono tornata». Trattativa con Bruxelles per Fitto vicepresidente
Politics

«Sono tornata». Trattativa con Bruxelles per Fitto vicepresidente


Chi fa da sé fa per tre. Deve averlo pensato ieri Giorgia Meloni quando, dal suo ufficio a palazzo Chigi, si è auto-prodotta finanche il video postato sui social con cui ha annunciato il suo rientro dalle ferie. «Eccomi qua, sono ricomparsa, richiamate tutte le unità», scandisce a braccia larghe e in camicia giallo canarino la premier, a mo di sfottò nei confronti di chi ha cercato di raccontare il suo soggiorno estivo a Ceglie Messapica e poi ha provato a ricostruire i suoi spostamenti negli ultimi giorni, quando ha lasciato masseria Beneficio per restare fuori dai radar.

LA TRATTATIVA

Un piglio («Sono pronta a proseguire il mio lavoro con ancora maggiore determinazione») con cui Meloni ha ripreso in mano anche i dossier rimasti in sospeso sulla scrivania alla sua uscita di scena dell’8 agosto scorso. In primo luogo la trattativa per il nuovo Commissario italiano da mandare a Bruxelles. Il nome è e resta quello del ministro Raffaele Fitto, per quanto la sua successione sia ancora piuttosto nebulosa tra interim fino al 2025 e varie sfumature di spacchettamento. Dopo alcuni giorni di riflessione la premier, che ieri ha ricevuto Fitto per un lungo faccia a faccia di quasi tre ore , sentirà a breve Ursula von der Leyen ribadendo alla presidente della Commissione di non potersi accontentare di una poltrona ordinaria, ma di aspettarsi almeno una vicepresidenza. Il pacchetto di deleghe prospettato già nei mesi scorsi — Pnrr e Coesione — sarà reputato sufficiente da Palazzo Chigi solo nel caso in cui sia affiancato da un’altra stelletta da appuntare sul bavero del quasi ex ministro. «Se ottenessimo la vicepresidenza esecutiva sarebbe un capolavoro» confida uno dei fedelissimi della presidente del Consiglio. «Se non fosse esecutiva sarebbe comunque un buon risultato» aggiunge. «Se Fitto divenisse commissario “semplice” invece, sarebbe un dito nell’occhio» conclude. Al di là del corposo portafogli da quasi mille miliardi di euro che l’italiano avrebbe in dote a rue de Berlaymont, se avesse un vicepresidente a cui rispondere ne uscirebbe pesantemente depotenziato. Così come qualora non strappasse la vicepresidenza Meloni non potrebbe rivendicare un suo personale successo politico nella trattativa europea perché la delega sarebbe tutto sommato paragonabile a quella ottenuta per Paolo Gentiloni nel 2019. Un gioco di incastri e nervi saldi che la premier ha tutta l’intenzione di replicare anche sul fronte interno. Non appena arrivata a Roma ha infatti convocato per mercoledì prossimo (il 4 settembre) l’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia, a due anni di distanza dall’ultima volta. Nella sala Tatarella di Montecitorio Meloni ha in mente di serrare i ranghi in quello che reputa «un momento importante» alla vigilia di una finanziaria e di un autunno difficile. «È un modo per dire “io ci sono”» spiegano da via della Scrofa, ma pure per disinnescare certe acredini nate con gli alleati dopo un’estate di fughe in avanti. Non solo, a testimonianza della volontà di mostrarsi leader di partito oltre che premier, Meloni metterà la faccia sulla cacciata del deputato Andrea De Bertoldi (già espulso dal collegio dei probiviri di FdI) e richiamerà all’ordine coloro che non hanno ancora pagato la propria quota di iscrizione a Fratelli d’Italia.

LE CONCESSIONI
Un modo per mostrarsi saldamente al timone insomma. Un po’ come la premier ha deciso di fare anche sul tema balneari. Dopo anni passati ad ascoltare le sirene strenuamente No Bolkestein, Meloni si è infatti convinta della necessità di una mediazione con Bruxelles. E cioè di mettere a bando le concessioni prima che, ricorrendo alla Corte di Giustizia europea, l’Italia si trovi costretta ad applicare la normativa senza poterne mediare i contenuti. Il compito è nelle mani di Fitto. In qualità di ministro degli Affari Ue, il politico pugliese vorrebbe chiudere la partita prima del suo incarico formale che arriverà venerdì, dopo il vertice a tre tra Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini e al termine del cdm. Per farlo però sta aspettando di capire quali sono realmente i margini entro cui muoversi nel nuovo Dl Salva-infrazioni. In particolare per quanto riguarda il capitolo indennizzi e mini-proroghe (solo in casi specifici). Novità potrebbero arrivare nelle prossime ore anche perché, spiega una fonte vicina al dossier, per chiudere la questione serve che tutti i leader della maggioranza chiariscano una volta per tutte la propria posizione. Del resto un testo concordante con le indizioni comunitarie diventa de facto inemendabile (anche per non ricadere sotto la scure del Quirinale) e, quindi, Meloni chiederà anche a Salvini e Tajani di metterci la faccia. Magari già nel cdm di venerdì o al più tardi nei primissimi giorni di settembre. «Con ancora maggiore determinazione», appunto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Exit mobile version