12.06.2025
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«Sono stato cacciato». L’esonero prima del match di Reggio Emilia


Un lampo in piena notte e a pagare è il solo Spalletti, costretto ad annunciare il suo esonero in prima persona. Vittima e colpevole, nello stesso giorno. Davanti a tutti: «Luciano, non sarai più l’allenatore della Nazionale». Così il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina al suo Spalletti. Che da sabato sera non è (più) formalmente l’allenatore della Nazionale, per volontà della Figc e non per scelta sua. Da martedì non lo sarà più anche in via ufficiale, dal giorno dopo il match con la Moldova (stasera a Reggio Emilia): Spalletti è libero.

Esonero Spalletti, cosa è successo? L’ultima giornata del ct azzurro da Gravina alle lacrime in conferenza stampa

Il giorno dopo quella notte è un bagno di lacrime (non di tutti), occhi lucidi da parte dell’ormai ex ct che, nell’Aula Magna di Coverciano si presenta rigorosamente da solo (nessun dirigente presente, al suo fianco solo il responsabile della comunicazione, Paolo Corbi), per scelta sua («non ho bisogno di tutor», avrebbe riferito agli uomini del presidente) e racconta l’anomala scelta della Figc. Gravina era presente mentre Lucio parlava, da spettatore: seduto in terza fila, ma silente. E quando Spalletti ha lasciato la poltrona del salone delle conferenze, il presidente lo ha (in)seguito.

Esonerare un ct prima di una partita è quantomeno irrituale, Spalletti ha chiesto di poter raccontare tutto e subito, per alleggerire le pressioni sulla squadra — criticatissima dopo il match in Norvegia — e magari per poter intraprendere da subito un’altra strada, si prospetta il ritorno a un club (e la Juve è — da un po’ — l’innamorata alla finestra). Lucio non si sarebbe dimesso, si sentiva responsabile, ma non l’unico. La Figc — dopo la figuraccia di Oslo — ha avuto paura di steccare l’ennesimo Mondiale e ora corre ai ripari, rinunciando a chi, dopo l’addio di Mancini, era andato in soccorso del clan azzurro, mollato nel mezzo di agosto 2023. Quasi due anni di Spalletti, all’insegna delle contraddizioni: bene, poi male, poi bene e quindi malissimo. Un su e giù che ora nessuno si può permettere.

Spalletti: «Gravina mi ha sollevato dall’incarico di ct della Nazionale»

«Il presidente Gravina mi ha sollevato dall’incarico di ct. Mi è dispiaciuto, io non avevo nessuna intenzione di mollare. Sono abituato a fare sempre il mio lavoro, però poi di esonero si tratta, per cui devo prenderne atto. Ho un buonissimo rapporto con Gravina, tutti sono stati disponibili nei miei confronti. Qualche brutto risultato è arrivato e io ho provato a servire la patria, senza invidie e gelosie. Cercando di trovare il meglio. Spero di lasciare qualcosa di buono a chi verrà dopo di me». Stasera, Lucio siederà sulla panchina dell’Italia per l’ultima volta. Poi, addio. Con la squadra aveva parlato poco prima della conferenza e a un’ora dall’ultimo allenamento, la commozione del ct arriva sul finale, quando gli viene chiesto se si fosse sentito «tradito». La risposta è stata singhiozzante: nomi di dirigenti pronunciati qua e là, «tradito, e perché? Io… Gravina, Mauro (Vladovich, il segretario del Club Italia, ndi), Emiliano (Cozzi, segretario della Nazionale, ndi) e Giancarlo (Viglione, l’avvocato azzurro, ndi)…» per poi non riuscire a proseguire il discorso. Dovevano essere ringraziamenti, ma non ce l’ha fatta. Ed è uscito accompagnato da un applauso dei presenti. Lucio sarebbe andato avanti, voleva quel mondiale, che in due predecessori hanno fallito.

IL PASSATO

Ormai è andata, non si guarda indietro. «Sul passato non si possono mettere le mani. Cosa mi ha fatto più male? Non aver raggiunto il livello di gioco che volevo raggiungere. Sono dispiaciuto di me stesso. Sapevo che ci sarebbero stati momenti difficili da vivere. Poi c’è stata la partita in Norvegia e siete stati anche gentili nel commentarla, e forse meritavo anche di peggio. Sono deluso dei risultati, con cui ho creato problemi al movimento. Siamo arrivati un po’ stanchi a questo appuntamento».

I CLUB

Ogni ct, negli anni, è stato fagocitato dalle esigenze dei club. Le lotte per avere i giocatori, gli stage, i problemi fisici da valutare prima o durante il raduno. Lui, tra gli ultimi, è quello che ne ha subiti meno. E questo è un grande rimpianto. «Non ricordo di aver avuto problemi particolari con loro. Venendo dai club, ho pensato di non fargli troppo male. Nessuno si è mai messo nelle condizione di disturbare le convocazioni e la rosa di una squadra. Poi se qualcuno l’ha usata come escamotage, sarebbe stato meglio se non fosse venuto e che non venisse più. Per il resto ci si fida e si creano rapporti sulla fiducia che sono fondamentali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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