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«Certamente ad Auschwitz non si va in gita»». Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, commenta così le parole della ministra Eugenia Roccella, a margine di un evento a Palazzo Borromeo. «Ad Auschwitz si va per fare memoria di una tragedia immane che ha colpito il popolo di Israele e che deve rimanere un monito per tutti noi, anche di fronte alla crescita dell’antisemitismo alla quale purtroppo assistiamo». La risposta di Roccella è arrivata poco dopo: «Sono perfettamente d’accordo con il cardinale Parolin. Ad Auschwitz non si deve andare in gita: si va per ricordare l’antisemitismo di ieri e combattere quello di oggi, una piaga che dobbiamo tutti insieme sconfiggere. È esattamente quello che ho voluto dire».
Cosa aveva detto Roccella
«Le gite ad Auschwitz servivano a dirci che l’antisemitismo riguardava un tempo collocato in una precisa area: il fascismo». Per questo motivo «sono state incoraggiate e valorizzate». La tesi della ministra alla Famiglia, Eugenia Roccella, ha suscitato l’indignazione della senatrice Liliana Segre, che si era detta incredula, e delle opposizioni, che avevano parlato di «insulto alla memoria», condannando ciò che ritenevano una «lettura strumentale dell’Olocausto». La segretaria del Pd Elly Schlein aveva chiesto alla premier Giorgia Meloni una «una netta presa di distanza di nei confronti di questa inqualificabile dichiarazione».
Mentre la Roccella poco più tardi aveva detto: «Molto volentieri andrò in audizione sull’antisemitismo di ieri e sull’antisemitismo di oggi in Commissione Segre, dove ogni dubbio potrà essere chiarito».
Roccella: «Gite ad Auschwitz favorite per assimilare antisemitismo con fascismo». La risposta di Liliana Segre: «Stento a crederci»
La polemica
A dare il via alla polemica sono state le parole della ministra pronunciate ad un convegno dell’Unione delle comunità ebraiche italiane a Roma: «Non si è fatto i conti fino in fondo con l’antisemitismo nel nostro Paese — aveva detto Roccella di fronte alla platea — Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state gite? A che cosa sono servite? Sono servite, secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate, perché servivano effettivamente all’inverso. Ovvero servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz secondo me sono state un modo per ripetere che l’antisemitismo era una questione fascista e basta», aveva proseguito Roccella condannando — dirà in seguito — «chi ancora oggi scatena la caccia all’ebreo nelle città e negli atenei dell’Occidente». Ffrasi che in poco tempo avevano provocato reazioni infuocate.
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