Miti come colombe ma astuti come serpenti. Deve aver fatto sua la massima biblica, Antonio Tajani. Perché pur non perdendo mai l’aplomb istitituzionale e governista, il leader di Forza Italia – quando necessario – sembra aver deciso di cantarle senza sconti agli alleati. Dopo il fronte aperto sulla giustizia (e quello in Regione Lazio) l’ultimo altolà, ieri in Consiglio dei ministri, è andato in scena sull’Autonomia differenziata. Con il vicepremier azzurro che si è fatto portavoce del malumore diffuso nel suo partito, soprattutto tra gli amministratori del Sud, di fronte al ddl Calderoli, e al timore che la legge sull’Autonomia venga attuata in fretta e furia, senza che prima siano chiare tutte possibili ricadute per il Mezzogiorno. Una preoccupazione venuta a galla solo ventiquattr’ore prima nelle parole del governatore della Calabria Roberto Occhiuto, che aveva chiesto all’esecutivo una «moratoria» sull’attuazione della legge bandiera della Lega.
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L’INTERVENTO
E così, quando ieri in Cdm il ministro degli Affari regionali Calderoli ha letto la sua informativa sul cammino della riforma, informando i colleghi del fatto che già quattro regioni hanno chiesto di avviare i negoziati per ottenere più margini di manovra su una serie di competenze (Veneto, Piemonte, Liguria e Lombardia, tutte al Nord), il segretario di FI ha chiesto di prendere la parola. Chi era presente alla scena nega che ci siano state tensioni. Il punto però andava marcato, i dubbi chiariti. Tanto che Calderoli avrebbe promesso di consegnare a tutti i ministri una relazione sull’attuazione della legge, che il vicepremier forzista – è facile prevedere – vuole studiarsi a fondo. «L’autonomia era nel programma del centrodestra ed è l’attuazione di una riforma costituzionale ndel 2001», il senso del ragionamento di Tajani. «Ma bisogna stare attenti a non procedere troppo in fretta, per non creare problemi alle altre regioni». Un punto espresso con parole ancora più nette con i suoi subito dopo il Cdm: «Questa riforma si tiene in piedi solo se tiene conto del Sud». Il timore, insomma, è che Calderoli voglia correre troppo per accontentare i governatori del Nord. Ma vanno anche chiariti bene i confini delle materie che si possono delegare. «Bisogna essere chiari sulle competenze che non voglio siano sottratte al ministero degli Esteri», dice Tajani ai cronisti prima di entrare in Cdm. «L’autonomia non è un dogma di fede, è una riforma voluta dalla sinistra nel 2001. Ora vigiliamo affinché venga ben applicata». Un esempio concreto? Il commercio con l’estero. «È una competenza nazionale e serve una politica unitaria nazionale – ragiona il vicepremier – non si può pensare che le regioni sostituiscano lo Stato. L’export vale il 40% del Pil: su questo non possiamo scherzare».
LE TENSIONI
Dunque vigilare, come si è già fatto durante l’iter del ddl. «FI è riuscita a trasformarlo con la garanzia dei Lep – sussurrano gli azzurri – Ma se qualcuno vuol fare il furbo, si crea un problema». Rivendicazioni con cui, assicurano da San Lorenzo in Lucina, il presunto attivismo di Marina e Pier Silvio Berlusconi non ha nulla a che fare: «Sono le battaglie che abbiamo sempre portato avanti in maggioranza, ottenendo risultati».
Quel che è certo è che sull’autonomia si apre così un nuovo fronte di tensione con gli alleati, in particolare con la Lega, dopo i botta e risposta dei giorni scorsi su von der Leyen e l’Ue. E dopo l’avvertimento di FI in Regione Lazio, con la richiesta di un terzo assessore al governatore Francesco Rocca (per pesare più del Carroccio). Inevitabile, insomma, la risposta di Matteo Salvini. Che è arrivata proprio sulle fibrillazioni alla Pisana. «Mi spiace — la stoccata dell’altro vicepremier – che in maggioranza ci sia chi cerca di rallentare l’attività amministrativa». E ancora: «Se ci si mette pure qualcuno della maggioranza, più che aiutare i cittadini del Lazio aiuta Pd eCinque Stelle a fare confusione».
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