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«Servono 25 folli scatenati disposti a morire in campo»


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La sfida più difficile di un inizio di stagione travagliato. Dopo avere indirizzato a maggio l’ultimo scudetto verso Napoli, la Lazio torna a far visita all’Inter a San Siro, ma in poco più di quattro mesi è cambiato tutto. Compresi gli allenatori non più Baroni contro Inzaghi ma Sarri contro Chivu. Alla guida dei biancocelesti il Comandante alla Scala del Calcio ha solo perso, ben 6 volte tra campionato e coppa Italia. A Milano si sfidano le due squadre più ciniche del campionato dopo la Cremonese, e le due formazioni di Serie A che partono in quinta, con 4 reti a testa nel primo quarto d’ora, oltre alle rose più anziane con il Napoli.

Sarri alla vigilia di Inter-Lazio: «Serve continuità per restare forti»

Zaccagni e compagni tenteranno l’impresa, dopo aver collezionato 12 punti in 6 partite, tenendo una media da Champions League. Da fine settembre ad oggi, soltanto i nerazzurri (con 15) hanno tenuto un ritmo superiore ai biancocelesti, che hanno il merito di essersi rimessi in carreggiata nonostante un’infermeria stracolma: da Genova in poi Sarri ha dovuto estromettere dai convocati sempre almeno sette calciatori di movimento a causa di infortuni.

Al Meazza la sfida sarà anche proibitiva, ma per Sarri sarà un appuntamento a suo modo storico: il tecnico toscano farà 148 panchine con la Lazio, eguagliando quelle di Napoli. Quella capitolina diventerà la squadra più allenata dal tecnico in un’intera carriera, per poi staccare i partenopei nel turno col Lecce immediatamente successivo alla sosta. San Siro è anche un test probante per una retroguardia che primeggia in Italia per porte inviolate (6 su 10): la solidità laziale proverà a reggere l’urto del miglior attacco dello Stivale: Lautaro e colleghi han segnato 35 reti in 14 uscite, esattamente due e mezzo a partita. Alla vigilia del big match, Sarri ha presentato l’appuntamento in sala stampa dal centro sportivo di Formello.

La conferenza stampa di Sarri

Buon pomeriggio, mister. Milano sembra un campo proibitivo, ma la gara di domani può rappresentare un’opportunità? L’Inter è la più forte in Italia?

«L’Inter è col Napoli la rosa più forte, ha fatto due volte la finale di Champions nell’ultimo triennio, è tra le più forti anche in Europa.

Il gap con queste squadre si è ampliato negli ultimi anni, ma al di là del rischio della gara, dobbiamo guardare all’opportunità che ci offre. Non so a che livello dovremo essere per rimanere in partita. Anche esprimendoci al 100% sarà difficile rimanere in gara, ma dobbiamo giocare col coltello tra i denti».

Come sta Romagnoli? Verrà risparmiato in via precauzionale a vantaggio di Provstgaard per consentirgli un recupero privo di rischi durante la sosta?

«Ha fatto un allenamento stamattina, vediamo come si sveglia domattina e decidiamo».

A che punto del lavoro è Sarri con la Lazio?

«I percorsi di costruzione non sono lineari, ci sono passi falsi, passi indietro. L’importante è che si tocchino livelli sempre più alti, ma sono tragitti intermittenti. Stiamo facendo passi avanti a livello di mentalità, spero ci siano ancora margini»

Quando rientrerà Cancellieri sarà una soluzione anche da centravanti?

«Vedremo, le caratteristiche del ragazzo si sono delineate molto. Può fare anche la punta centrale ma in una gara di ripartenza».

L’Inter ha difensori strutturati, come ha visto Dia? Noslin può avere una chance?

«Dia è molto criticato, io non posso saltare addosso al giocatore che mi fa un paio di gare senza qualità ma senza far mancare nulla alla squadra. Dal centravanti ci si aspettano conclusioni e gol, ma in un momento in cui non riesce, non ci fa mancare niente sotto altri punti di vista. Noslin è un giocatore non strutturato, nel senso che è difficile capire che ruolo abbia. Ha tante caratteristiche da esterno, qualcuna da seconda punta, altre da centrale, non è facile da inquadrare. Se continuano a mancare 7-8 calciatori a partita, giocherà anche lui».

Cosa pensa di Chivu?

«Sta venendo fuori in questo momento, è difficile valutarlo sulla base di tre mesi. Ha grande personalità e caratteristiche per diventare allenatore di alto livello. A me piacciono più i percorsi di chi allena squadre inferiori per 100 partite per poi fare il grande salto».

Domani la Lazio diventa la più allenata in carriera assieme al Napoli…

«Non penso nulla, perché non lo sapevo. Sono numeri importanti, fa piacere metterli insieme in una squadra a cui vuoi bene, con cui hai un rapporto affettivo forte. Sono più importanti a livello emotivo che professionale».

La Lazio viene da 17 reti sugli sviluppi di corner e punizioni con Baroni, quest’anno fa fatica. Ne avete parlato con la squadra?

«Certo che sì, ma i numeri sulla pericolosità non erano alti, tutt’altro. Può essere stata una particolarità eccezionale. Facciamo ancora fatica ad attaccare la sfera e anche a posizionarci bene. La zona di caduta della palla non è perfetta, stiamo anche crossando male. Speriamo di fare meglio».

La Lazio è in serie positiva, forse la rosa è più forte di quanto si è detto fin qui?

«Essere tosti per un mese riesce a tutti, per sei mesi a pochi, per tutto l’anno ad una sola squadra. Per ora siamo stati tosti per un solo mese. Sono considerazioni premature. Sei gare in un campionato rappresentano poco per trarre una linea e valutare la rosa. Sappiamo di essere fuori dall’Europa, ma molte squadre che erano arrivate sotto alla Lazio si sono rinforzate. Il rischio era di cadere in una classifica molto bassa. Stiamo lavorando».

Quale è stato il percorso di Provstgaard? Le è dispiaciuto non metterlo in campo in queste gare?

«Ha delle qualità e ha un’applicazione feroce. Ha del potenziale inespresso, con quella testa e con quel carattere tirerà fuori ottime cose. Diventerà un giocatore importante in Serie A».

Sarà un banco di prova difficile, lo sarà anche per lei, che non ha vinto a San Siro?

«Questa Lazio non può arrivare da nessuna parte, se pensiamo di giocare alla pari con l’Inter, ci sbagliamo. Non dobbiamo caricare i calciatori di responsabilità eccessive. Non significa che andremo lì per non giocare, ma che se facciamo risultato andremo oltre la logica. Noi andremo lì per andare oltre la logica. Siamo una squadra minore, andiamo in uno stadio importante, l’umiltà dovrebbe essere automatica. Ma dobbiamo avere una convinzione feroce, non quella di cui si parla ai giornalisti: dobbiamo essere 25 folli scatenati che sono disposti a morire in campo per il risultato. Se tiriamo fuori queste qualità, potremo entrare effettivamente in partita e rimanerci».

Lei parla spesso di 7-8 calciatori su cui fondare la squadra, ma tra questi ci sono anche i centrali, che sono in scadenza nel 2027. Pensa che si debbano rinnovare?

«Se la società mi dice che il mercato è aperto, parleremo dei rinnovi. Chiama il presidente e sentilo tu. Ci sono tanti giocatori vicini alla scadenza che a mio avviso sarebbero da rinnovare, a meno che la società non abbia 100 milioni da spendere per altri».

L’incontro con Fabiani per parlare di mercato avverrà durante la sosta?

«Non parlo di mercato, non faccio il direttore sportivo. Può chiamare Angelo Fabiani. Non faccio neanche il medico, quindi non chiedetemi degli infortunati».

Che Isaksen abbiamo visto fin qui?

«Con Juventus e Cagliari lo abbiamo visto su alti livelli, con un mezzo passo indietro a Pisa che fa parte dell’evoluzione normale del ragazzo, dopo tre mesi di malattia. Sta lavorando per migliorare».


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