13.12.2025
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Politics

«Serve unità tra Usa e Ue». Pressing sulla Russia


C’è una posizione pubblica che Giorgia Meloni può sostenere sulla guerra in Ucraina ed è quella difesa dal governo italiano dall’inizio della guerra. Decide di ribadirla dopo il terzo incontro in un anno con Volodymyr Zelensky, a Roma, nel suo ufficio a Palazzo Chigi. L’Italia «farà la sua parte» mette a verbale la premier dopo un’ora di colloquio con il presidente ucraino, utile a studiare insieme «i prossimi passi da compiere per il raggiungimento di una pace giusta e duratura per l’Ucraina».

Poi ci sono i timori che montano anche qui, dietro le quinte, e non tutti sono confessabili. Vale per il nodo più spinoso delle trattative diplomatiche e cioè la questione territoriale, su cui si concentra buona parte del colloquio nelle stanze che affacciano su Piazza Colonna. La premier sa che la pazienza di Donald Trump è a un passo dalla fine. E sa anche che se Zelensky vorrà salvare il salvabile dovrà alla fine fare qualche concessione. Ma «non spetta a noi chiederle», spiegano fonti di primo piano del governo. Non lo fa lei durante il vis-a-vis.

Il nodo territori

L’ucraino anticipa all’alleata italiana una controproposta che invierà nelle prossime ore alla Casa Bianca. È il frutto dei negoziati fra sherpa a Miami a cui ha preso parte il suo consigliere Umerov, presente durante il bilaterale romano andato in scena ieri. La via maestra per gli ucraini passa dal congelamento del fronte e da un cessate il fuoco temporaneo. Zelensky ne ha bisogno ora più che mai. Anche per dare un segnale di forza all’opinione pubblica interna — scossa dagli scandali della corruzione che hanno travolto il governo — e dimostrare di essere in grado di “forzare” la mano con i russi. Meloni assicura che anche l’Italia sosterrà questa linea. Ma al contempo spiega all’ospite che senza gli americani a bordo non c’è tregua che tenga. Lo hanno capito anche gli altri leader europei. A cominciare da Macron, Merz e Starmer: ricevendo Zelensky lunedì a Londra hanno spiegato che senza un “backstop” americano, una copertura militare e strategica degli Stati Uniti, qualunque garanzia di sicurezza per l’Ucraina, anche il ventilato invio di truppe di pace, rischia di rivelarsi velleitaria. Il tempismo dell’incontro a Palazzo Chigi è eloquente. Poche ore prima Trump, intervistato da Politico, è tornato a picchiare contro il presidente ucraino accusandolo di «usare la guerra» per evitare di andare al voto. «Sono sempre pronto alle elezioni» gli ha risposto piccato Zelensky parlando con questo giornale.

Il clima è questo. Meloni si offre come pontiere e chiede di mantenere i nervi saldi. Vale per il leader di Kiev come anche per gli alleati europei che troppo spesso — ne è convinta la presidente del Consiglio — antepongono le photo-opportunity al pragmatismo che servirebbe in queste ore. In serata la spiega così, riavvolgendo il nastro del bilaterale con il presidente in mimetica: «Abbiamo ricordato l’importanza dell’unità di vedute tra partner europei e americani». E ancora: «Importante è anche il contributo europeo a soluzioni che avranno ripercussioni sulla sicurezza del continente». Qui il segnale è per l’alleato americano: l’Europa non può accettare diktat da Washington su questioni che riguardano da vicino la sua presente e futura architettura di sicurezza. Come le garanzie da fornire all’Ucraina. «Servono robuste garanzie di sicurezza che impediscano future aggressioni e il mantenimento della pressione sulla Russia affinché sieda al tavolo negoziale in buona fede» rincara la premier. Tradotto: l’Italia voterà a favore di nuove sanzioni contro Mosca.

Il pressing su Mosca

Durante il bilaterale viene sollevato il tema spinosissimo degli asset congelati russi. C’è un fronte europeo che vorrebbe usare gli asset “sequestrati” ai russi in Europa per finanziare le riparazioni di guerra all’Ucraina. L’Italia al momento non fa parte di questo fronte: troppi i rischi, è la linea concordata tra Palazzo Chigi e il Mef. Meloni allora prende tempo, almeno fino al prossimo Consiglio europeo: «È una questione di cui dobbiamo discutere con gli alleati Ue». Dietro le quinte il governo ucraino chiede all’Italia una sponda in Europa anche su un’altra partita, cioè l’adesione all’Ue, nella speranza che Meloni possa rimuovere il veto dell’ungherese Orban. Zelensky lascia Roma ringraziando per i generatori di energia inviati dall’Italia, «a volte sono più importanti delle armi». E aggiunge: «Conto sul sostegno dell’Italia». Aspettando Trump.


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