La protesta per i referendum, atto secondo. Dopo quella della Camera (quando il leader di +Europa Riccardo Magi, pannellianamente si è presentato «vestito» da fantasma), il secondo round è andato in onda al Senato, organizzato dai senatori di M5S che hanno mostrato una serie di cartelli: «Vigilanza Rai imbavagliata», «Referendum oscurato», democrazia silenziata». Protagonisti, appunto i parlamentari M5S a inizio seduta mentre il capogruppo Stefano Patuanelli avvertiva che per la maggioranza «la ricreazione è finita». Il senatore ha puntato il dito contro il ministro degli Esteri Tajani «che ci ha messo 22 giorni per decidersi a venire a rispondere su Gaza» e sul centrodestra che ha «silenziato la Commissione di Vigilanza», «porta in Aula la riforma costituzionale della Giustizia senza che si sia concluso l’esame in Commissione» e «cerca di far fuori dall’Antimafia un magistrato Antimafia» perché «hanno paura».
Una protesta a 360 gradi, che non prende come argomento solo quello sui Refendum, anche se è soprattutto sui cinque quesiti (tra cui quello sul Jobs Act) che si gioca la partita politica.
Il centrodestra — anche con il presidente del Senato Ignazio La Russa — fa campagna per l’astensione, in modo da non far saltare il quorum necessario, il centrosinistra si presenta con diverse posizioni a seconda della forza politica e del quesito posto. L’8 e 9 giugno, all’apertura delle urne, la verità.
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