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«Sembravano falchi». Città blindata, carburante extra agli aerei in caso di emergenza


Il comandante Larsson attraversa a grandi falcate il braccio che collega l’aereo al terminal 3, in mano il berretto d’ordinanza. «I droni? Sì li ho visti. Una settimana fa, sopra la pista. Hanno chiuso tutto, fortuna che non eravamo decollati. Era delle dimensioni di un falco». Interno giorno, Copenhagen. Il volo da Roma è appena atterrato con una lunga e panoramica virata. Campi coltivati intervallati da foreste di conifere, poi il mare, anzi l’oceano, file di pale eoliche in movimento si perdono all’orizzonte.

Una coppia di danesi scruta dal finestrino, si guarda intorno con fare curioso. «Ci è andata bene, fiuu!» scherza August, trentatré anni, che è di Aahrus, la città vichinga, mentre imbocca la scaletta dell’aereo. Ne parlano tutti, da queste parti è ormai argomento pop, chiacchiere buone per il bar. Chi ha fatto alzare i droni sull’aeroporto di Copenhagen una settimana fa? E chi ha schiacciato il tasto che ha mandato in tilt tre basi aeree danesi — Esbjerg, Sönderborg e Skrydstrup — nel giro di una settimana? O mandato in tilt i sistemi dello scalo ad Aalborg, sulla costa Nord?

LE CONTROMISURE

Sono domande a cui cercheranno di dare risposte i leader europei riuniti oggi qui per il Consiglio europeo informale ospitato fra i canali della “città dei mercanti”, spazzata da un vento già gelido. Sul tavolo il piano per finanziare uno “scudo anti-droni” europei per fermare le incursioni a Est. Le stesse che hanno messo in stato d’allerta la Polonia — e l’intera Nato — a inizio settembre. C’è un sospettato. Si chiama Vladimir Putin.

Le autorità danesi non hanno perso tempo. E gli 007 hanno già un’ipotesi su chi ha azionato i droni che hanno seminato e seminano il panico sui cieli danesi, chiuso gli aeroporti, costretto le autorità a blindare da cima a fondo la città che ospiterà i grandi d’Europa. Tre navi russe. Appartengono alla famosa “flotta fantasma” delle petroliere che solcano il Mediterraneo e i mari del Nord, riempiono le tasche del Cremlino grazie a un mercato nero dell’energia che sfugge alle sanzioni europee e americane. Astrol-1, centodiciassette metri di vascello, è salpata dal porto russo di Arkhangelsk, sull’Artico, la settimana scorsa. E ha costeggiato Copenhagen attraverso lo stretto di Oresund, nelle stesse ore in cui il primo drone seminava il caos all’aeroporto. Sette, otto chilometri sono abbastanza per comandare un drone civile e bloccare il traffico aereo, «seminare il panico», questo l’obiettivo secondo la polizia danese. «Sono droni grandi come uccelli, impossibili da intercettare» stringe le spalle Oskar, agente di rampa allo scalo di Kastrup, giornate intere in pista, mentre sorseggia una birra Carlsberg avvolto in un giaccone giallo fluo. «Ai piloti hanno dato istruzioni nuove nei giorni scorsi». Cioè? «Devono fare un rifornimento extra di carburante, del 10 per cento. Così se dalle torri segnalano un problema possono restare in volo. Deviare su Malmö, in Svezia, o un’altra città nelle vicinanze». Una sensazione d’allerta percorre le strade di Copenhagen, mentre i leader europei si preparano al conclave di questa mattina. Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, Starmer e Merz, von der Leyen, passerella davvero insolita per la città di Andersen. Nel mentre, sono scattate le contromisure. Il governo ha bandito fino a venerdì, dunque per tutta la durata del Consiglio europeo, il volo di droni. Anche civili, o commerciali, perfino i più accessibili. Misure draconiane per evitare di confondere il passatempo di qualche adolescente con atti di una vera e propria «guerra ibrida». Chi sgarra rischia fino a due anni di prigione.

Se si vuole credere alla versione delle autorità danesi — che l’obiettivo russo, con il lancio di droni dal mare, era seminare il panico, «far saltare le certezze» — allora l’obiettivo è stato centrato. L’Europa si riscopre insicura in casa propria, a centinaia di chilometri dal confine est dove infuria la guerra russo-ucraina. Per la tre giorni di summit è stato predisposto un “mini” scudo anti-droni, casomai a Putin venisse la tentazione di rovinare la festa. Il governo danese potrà contare sui radar e i laser offerti dal primo ministro svedese Ulf Kristersson, come sulla task force di trentacinque esperti francesi mobilitata da Macron, insieme a un elicottero specializzato. La Danimarca è considerato obiettivo sensibile. Con le dovute proporzioni, ha speso più in aiuti all’Ucraina di quasi tutti gli altri Paesi Ue. E chissà se è un caso che una delle basi violate dai mini-droni, Skrydstrup, sulla penisola dello Jutland, ospita una flotta dei temibili F-16 della Royal Danish Air Force. Dodici di quei jet sono stati promessi a Volodymyr Zelensky. Il presidente con la mimetica che ha lanciato l’allarme droni anche per l’Italia. Da settimane tra Palazzo Chigi e ministero della Difesa si susseguono riunioni per studiare canali di finanziamento per lo “scudo europeo”. E l’allerta è salita per le unità della Marina militare nel Mediterraneo, incaricate di abbattere droni non autorizzati che dovessero violare lo spazio aereo.

IL NODO DELLE SANZIONI

Ma anche su questo, la risposta alla guerra ibrida russa, l’Europa marcia in ordine sparso. Von der Leyen ha inviato una serie di proposte ai leader alla vigilia del summit. Fra queste, la tedesca a capo della Commissione chiede di innalzare quattro barriere: «Il muro europeo anti-droni, l’Osservatorio per il confine est, lo Scudo aereo di difesa, lo Scudo di difesa spaziale». Servono stanziamenti monstre. Decine di miliardi di euro che non tutti sono pronti a sborsare. Specie i “frugali” del Nord per nulla disposti a sforare il debito senza precise garanzie. Rebus tutti da sciogliere nella due giorni di Copenhagen. Come la decisione di riversare nelle casse ucraine gli asset russi congelati — decine di miliardi di euro — per riparare subito i danni della guerra di aggressione. Idea su cui il governo italiano nutre molti dubbi, perché costituisce un precedente “pericoloso”.

Meloni atterra stamattina. La attende un vertice denso di incognite. La via stretta per la pace a Gaza, la risposta alle provocazioni russe, lo stop al massacro in Ucraina. Menù denso. Apparecchiato in una città blindata. Un vigile fissa un cartello rosso lungo la strada che taglia a metà Hallskov, distretto a ovest di Copenhagen, fra gli sguardi incuriositi dei passanti. «Droneflyving forbudt». «Vietato il sorvolo di droni».


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