22.05.2025
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Politics

«Se le tue idee valgono qualcosa, devi essere preparato a sostenerle. Morirò qui, non ci sarà nessuno a cui dire addio»


Una forza immensa, lucidità di analisi e un incrollabile sense of humour. Emerge questo dal libro di memorie scritto e in parte dettato alla moglie da Aleksei Navalny, il principale oppositore di Putin che fu prima avvelenato con un agente nervino, il novichok, poi arrestato, processato, condannato e sbattuto in una remota prigione siberiana prima di essere ucciso lo scorso 16 febbraio a 47 anni, mentre si trattava lo scambio con spie e trafficanti d’armi russi.

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IL RACCONTO

Ma lui sapeva benissimo che non sarebbe mai uscito vivo dai penitenziari di Putin. «Passerò il resto della mia vita in prigione e morirò qui», scriveva il 22 marzo 2022. «Non ci sarà nessuno a cui dire addio. Tutti gli anniversari saranno celebrati senza di me. Non vedrò mai i miei nipoti». Parole realistiche, più che scettiche. Constatazioni di un destino affrontato con piena consapevolezza. Estratti dei suoi diari sono apparsi ieri sul New Yorker e sul Times di Londra. L’opera, dal titolo “Patriot”, uscirà il 22 ottobre grazie all’editore Alfred A. Knopf, per il quale vi si può ritrovare «la convinzione assoluta di Navalny che il cambiamento non si può fermare e arriverà». Il testo è già stato tradotto in 11 lingue, compreso il russo. Ma è facile immaginare che non uscirà in Russia regnerà Putin, se anche solo per un “like” al dissidente su Instagram c’è gente che è finita sotto processo, come lo stesso Navalny lamenta.

GLI ANEDDOTI

Il 20 agosto 2020, in volo da Tomsk, Siberia, a Mosca, Aleksei si sentì male e credette di morire. Due giorni dopo il ricovero a Omsk, dove l’aereo era atterrato in emergenza, su insistenza della moglie Yulia fu trasferito in Germania, dove il 7 settembre uscì dal coma. Subito tornò in Russia, pur accusando i servizi segreti, l’Fsb ex Kgb, di averlo avvelenato. «Io ho il mio Paese e le mie convinzioni, non voglio rinunciarvi o tradirlo. Se le tue idee valgono qualcosa, devi essere preparato a sostenerle e fare i sacrifici necessari». Anche consegnarsi ai propri aguzzini. «Esattamente un anno fa – si legge nel libro – sono tornato a casa in Russia. Non sono riuscito a fare un solo passo da uomo libero nel mio Paese. Mi hanno arrestato addirittura prima del controllo di frontiera. L’eroe di uno dei miei libri preferiti, “Resurrezione” di Tolstoy, dice che “sì, l’unico luogo accessibile per una persona onesta in Russia, oggi, è la prigione”. Bella frase, ma era sbagliato allora come lo è oggi». Ci sono moltissime persone perbene in Russia, aggiunge. «Decine di milioni, molte più di quante comunemente si pensi. Le autorità, però, ripugnanti allora e ancora di più adesso, non temono le persone oneste ma quelle che non hanno paura di loro. Lasciatemi essere più preciso: di quelli che possono anche avere paura, ma la vincono». Navalny parlava di sé stesso, conscio del proprio destino. Vinceva la paura. «Il pendolo oscilla continuamente. O il tiro alla fune. Oggi sei coraggioso. Domani sembrano averti messo un po’ di timore. E il giorno dopo ti hanno spaventato così tanto, che la tua disperazione ti porta ad avere di nuovo coraggio».

LE DEBOLEZZE

Poi ci sono i momenti di scoramento e fatica. «Oggi mi sento distrutto. Non riuscivo quasi a stare in piedi sotto la doccia calda. Le mie gambe hanno ceduto. Ora è sera, non ho più forze. Voglio solo sdraiarmi, per la prima volta mi sento emotivamente e moralmente giù». E ancora. «Al lavoro, si sta seduti per sette ore alla macchina da cucire su uno sgabello, dopo si continua a stare seduti per qualche ora su una panca di legno sotto un ritratto di Putin e la chiamano “attività disciplinare”». Poi c’è l’ironia. La scommessa con la moglie e gli avvocati sugli anni a cui l’avrebbero condannato. «Ho vinto io, 7-8 anni». E sui diritti d’autore delle sue memorie, nel caso lo uccidano. «La mia famiglia otterrà l’anticipo e le royalties… Se un tentativo di assassinio poco chiaro con un’arma chimica, seguito da una tragica fine in prigione, non riesce a promuovere un libro, è difficile immaginare cosa potrebbe farlo. Cosa potrebbe chiedere di meglio il reparto marketing?».

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