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Sciopero balneari, le proteste dei bagnanti davanti alla serrata dei lidi: «I ragazzini si scottano»


Lo scioperetto. Quello che va fa fatto così, come se fosse una mossa teatrale. Ma qui non siamo in un cabaret. Siamo a Fregene. Ombrelloni chiusi in quasi tutti gli stabilimenti, solo di mattina presto però. Due orette dalle 7,30 alle 9,30. Qualche scoramento delle mamme che di solito portano i figli in spiaggia quando il sole ancora non brucia troppo, ma ieri già all’alba bruciava tantissimo e quindi bagnini assediati: «Aprite ‘sti ombrelloni che mi si brucia il pupo!». La disperazione dei padri-nonni (gli anziani che fanno figli tardi) che supplicano gli addetti agli stabilimenti: «Almeno fate fare al mio piccolo i giochi che ci sono in spiaggia, mica mi posso trasformare io in altalena o in scivolo, con tutti i reumatismi che tengo». E la domanda continua di diverse famigliole con salvagente sotto il braccio e maschere e pinne: «Quando aprite? Ma perché non possiamo andare in spiaggia?». «Spiaggia, spiaggia, spiaggia, ‘mbrellone e pallone», implora un Tommaso, tre anni appena compiuti, e i genitori cercano di consolarlo: «Tommy, c’è lo sciopero». E lui vorrebbe prendere a pallonate tutti, a cominciare dai balneari. Che sono un po’ offesi con il governo, hanno votato quasi tutti a destra sperando di non essere abbandonati al mercato cinico e baro della concorrenza liberale, e ora sono in modalità stand by: «Perché l’Europa vuole farci questo, e l’Italia non ci difende?», si chiedono i titolari dei lidi.

E di lidi in protesta ce ne sono tanti, da Levante al Sogno del mare, da Il Pellicano del patron Emiliano («Se mi tolgono la concessione, che cosa ci faccio del trattore pulisci-spiaggia, delle centinaia di lettini e di tutto il resto? Li brucio?») al Blu e al Baia, da Coh fino a Mastino al Villaggio dei pescatori. E proprio Maurizio Mastino, 79 anni, è il più duro di tutti: «Altro che scioperetto, servirebbero i blocchi stradali sull’Aurelia!». Poi comincia a raccontare di quando, in questo stabilimento, nascevano i governi amici: «Lo vede quel tavolo? Lì il grande Alberto Ronchey, che stava a Fregene quasi in pianta stabile, è stato il tessitore, con ministri e politici, del governo Spadolini». Anche Craxi, De Michelis e Martelli prepararono da Mastino il governo di Bettino. Ma allora non c’era la Bolkestein e altre seccature.

Intanto, sei o sette stabilimenti prima, c’è un pensionato poco conciliante: «Mi dovete aprire l’ombrellone, ho l’abbonamento per tutto il mese e l’ho pagato fino all’ultimo centesimo». «Guardi commendatore, c’è Bruxelles che…», gli viene risposto. E lui: «Ma qui ‘ndò stiamo, in Belgio? No, stiamo a Fregeneeeee…». Appunto.

IL POSTER
Negli stabilimenti in lotta spicca all’ingresso questo manifesto che critica tutti gli esecutivi dell’ultimo ventennio accusati di non aver mai voluto fermare «l’esproprio» (preferiscono regalare le spiagge alle grandi multinazionali, questo il refrain) e vi si legge: «Se il governo e il Parlamento vanno in ferie, senza una legge che tuteli la balneazione italiana, noi chiudiamo gli ombrelloni!». La clientela non sembra parteggiare per i padroni-scioperanti. Fioccano gli sfottò: «Lo sciopero dei balneari all’alba? È come se i barbieri scioperassero di lunedì e le discoteche all’ora di pranzo». Però ci sono anche gli obiettori di coscienza. Eccoci all’Oasi. Il gestore, un giovane, dice: «Lavoriamo soltanto due mesi all’anno, e dobbiamo pure scioperare? Sono le 8,30 e già si brucia. Non posso negare agli accaldati un parasole. E mi chiamino pure crumiro». E’ una giornata come le altre anche all’Albos into the blu, elegante stabilimento super-lounge di cui tutti dicono: «È di proprietà di un grande gruppo cinese». Scusate, voi scioperate? «In cinese, credo che la parola sciopero neppure esista», risponde di getto uno che sta scaricando delle bevande. E al Singita, dove si balla, si canta e si inneggia a re sole e a sorella luna, ma prima si fa il bagno? Ombrelloni e lettini fin da subito operativissimi: «Ah, c’è uno sciopero dei balneari? Noi neanche lo sapevamo», dicono i bagnini.

IL FASTIDIO
Esiste un malcelato fastidio popolare. «Scioperano? Tanto riaprono subito perché i soldi sono soldi e certo non rinunciano all’incasso giornaliero», sbotta una mamma, Sara, che al contrario del solito ha dovuto tenere i figli — due maschi scatenati, di tre e cinque anni — chiusi in casa e gliel’hanno quasi distrutta: «Si svegliano all’alba e normalmente siamo in spiaggia già alle 8. Stavolta ce lo hanno impedito e sento che potrebbero esserci altri due scioperi: mezza giornata il 19 e giornata intera il 29 agosto. Se sarà davvero così, io mi affogo!».

Hanno rischiato l’affogamento, ieri, una decina di ragazzi un po’ nerd, guidati dal segretario dei Radicali italiani, Matteo Hallissey. Si presentano all’improvviso hanno allo stabilimento La Nave — lo stesso in cui Salvini amava andare con Elisa Isoardi quando erano fidanzati — dicendo: «In questo assurdo e ridicolo sciopero, gli ombrelloni li abbiamo portati noi, gratis».

I radicali piazzano una decina di parasole davanti alla prima fila. Gli addetti della Nave non la prendono bene («Non paghiamo la concessione? Non paghiamo l’Imu? Ecco i nostri conti», e mostrano la carte fiscali mentre non sanno se chiamare la polizia), i clienti appena arrivati dopo le nove e mezza gradiscono poco la presenza di questi contestatori dei contestatori («Fateci fare il bagno in pace e andate a lavorare»), scoppia il parapiglia. Poi finisce a tarallucci e vino («Volete stendervi su un lettino nostro? Poi però andate via, eh?») ma intanto diversi passanti si fermano sulla sabbia e fraternizzano con i radicali: «Questi balneari vogliono il monopolio e al demanio danno pochi spiccioli». «Ma non è vero affatto», hanno spiegato poco prima e poco più in là papà Alberto e i fratelli Franchellucci, la cui famiglia dal ‘71 è proprietaria del Miraggio: «Non pretendiamo il rinnovo automatico. Vogliamo leggi eque che risarciscano i concessionari, se la concessione cambia». Così la pensa anche Toni Meneghini, 59enne titolare del famoso lido Toni, dove ha preso il sole tutta la Dolce vita, andava in pattino Kirk Douglas, per non dire di Renato Rascel, di Rossano Brazzi e la moglie Lidia, che arrivava con il suo stuolo di cagnolini, o di Alberto Sordi. «E ora vogliono cancellare noi e la nostra storia», non si dà pace Toni.

Ieri, comunque, la battigia non è diventata un campo di battaglia. Semmai è andato in scena un nuovo gioco da spiaggia, oltre ai racchettoni e al beach volley: quello dell’ombrellone chiuso, indignato e vittimista, che prova a suscitare la solidarietà di tutti e, tra Fregene e il resto d’Italia, non ci riesce granché.

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