23.06.2025
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Politics

sanzioni alla Russia, ma con gli ayatollah si deve negoziare


Sanzioni alla Russia per forzare Vladimir Putin a sedersi al tavolo. Aiuti all’Ucraina. E poi la spinta per costringere gli ayatollah a negoziare e «impedire che l’Iran diventi una potenza nucleare». Giorgia Meloni si prepara a una settimana sull’ottovolante.

Domani il ritorno in aula, alla Camera, per affrontare le opposizioni e spiegare la rotta italiana al Consiglio europeo giovedì. Poi il summit della Nato all’Aia e il tentativo di far quadrare i conti delle spese militari in casa. In mezzo la crisi iraniana che fagocita tutto e il contatto continuo con ministri e intelligence per monitorare le condizioni dei militari e dei civili italiani in Medio Oriente.

Nato, minaccia dalla Russia: +150% di armi in 6 anni. E continuerà a crescere anche dopo una tregua in Ucraina

IL DOCUMENTO

Sono ore di apprensione a Roma. E di incognite. L’Italia nel vortice delle crisi internazionali. Urge fare chiarezza. Un dossier interno di Fratelli d’Italia dà la linea della premier ai suoi parlamentari e pianta due paletti. Da un lato la strada tutta in salita per la de-escalation tra Israele e Iran. Il regime di Teheran, si legge nel documento dell’ufficio studi di FdI visionato dal Messaggero, «è la principale fonte di instabilità nella regione e per questo non sarà mai accettabile che si doti di armi nucleari». «Israele ha il diritto di difendersi — prosegue il dispaccio — ma l’obiettivo per cui occorre continuare a lavorare è arrivare a negoziazioni».

Ed ecco un passaggio eloquente: «Se esse prima erano in una situazione di stallo, i recenti avvenimenti potrebbero aprire ad uno scenario diverso». Tradotto: la presidente del Consiglio è convinta che i blitz israeliani sulle infrastrutture militari iraniane abbiano riaperto la via negoziale sul nucleare invece che serrarla del tutto. Fra le righe, come del resto gli altri leader europei, fa capire di non ritenere l’opzione militare americana — soppesata da Trump in queste ore — una soluzione per stoppare la corsa all’atomica. Da qui partirà la presidente del Consiglio nelle comunicazioni in aula. Dove darà conto alle minoranze — buona parte delle quali in trincea contro la “corsa al riarmo” del governo e la timidezza sulle stragi di civili a Gaza — degli impegni per la Nato che l’Italia sottoscriverà al vertice olandese.

Uno sforzo titanico per le casse dello Stato, entro il 2035, in dieci anni, andrà centrato il target del 3,5 per cento del Pil speso nella Difesa, reso possibile da un faticoso riconteggio delle spese militari. Rientrano nel nuovo computo presentato agli alleati a Bruxelles, e Meloni lo chiarirà alla Camera, ad esempio, le risorse stanziate per le infrastrutture di trasporto di mezzi militari (sulla carta, anche il Ponte sullo Stretto caro a Salvini) così come per l’intelligence italiana. Ci sarà spazio, ovviamente, per parlare del caos in Medio Oriente. Il vero cruccio del governo appeso agli ultimatum di Trump a Khamenei, come il resto d’Europa. Per evitare di finire sotto i missili iraniani il ministero della Difesa ha disposto nei giorni scorsi un riassetto dei soldati in Iraq.

Una cinquantina di Carabinieri è stata spostata nella base in Kuwait mentre una parte dei 1100 militari presenti nel Paese è stata ricollocata nella base di Erbil, nel Kurdistan iracheno, considerata più sicura e protetta dalle batterie americane che nei giorni scorsi hanno intercettato tre droni iraniani in volo sopra l’avamposto.

LA MISSIONE IN LIBANO

A Roma tuttavia l’allerta resta altissima. Martedì il Capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano sarà in Libano per fare visita al contingente italiano di Unifil. Una tappa per assistere al passaggio di consegne dell’esercito di caschi blu al confine la cui guida tornerà nelle mani italiane del generale Diodato Abagnara. Sarà l’occasione, per Portolano, di un check delle condizioni di sicurezza dei militari connazionali e non è escluso un passaggio del generale in Iraq, in chiusura della missione lampo. Qui la situazione è ancora sotto controllo ma la minaccia è considerata più seria. Perché le milizie filoiraniane presenti nel Paese — alcune sono veri e propri eserciti affiliati alla rete dei pasdaràn come Kata’ib Hezbollah — sono armate e in forze.

Tutto si tiene in queste ore. Anche gli sforzi per far uscire i civili italiani dall’Iran in guerra. Segue il dossier il ministro degli Esteri Antonio Tajani. È pronto un terzo convoglio di persone, circa trenta, che attraverserà il confine con l’Azerbaijan.

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