CITTÀ DEL VATICANO Il contesto austero deve avere colpito parecchio Matteo Salvini quando ieri mattina, scortato dai due figli, dopo anni di paziente attesa, è stato finalmente ricevuto nel Palazzo Apostolico in qualità di vicepremier. La piccola Mirta per l’occasione ha voluto sfoggiare un insolito abito bianco benché a nessuno degli addetti al protocollo sia venuto in mente di fare obiezioni, così come non ci ha fatto caso nemmeno il pontefice, anche se quel colore in sua presenza resta un privilegio riservato alle regine.
«Con grande emozione e commozione ho incontrato Leone XIV: le sue parole di pace sono una esortazione che tutti i leader mondiali devono ascoltare e perseguire. Per quanto mi compete, farò di tutto per offrire il mio contributo affinché prevalga il dialogo sulle armi» è stata la promessa fatta del leader del Carroccio su X mentre usciva dai confini vaticani una volta terminata la visita. Ha pure affermato che è «necessario costruire ponti per avvicinare i popoli». Ponti simbolici, ovviamente, nulla riferito al Ponte sullo Stretto.
IL BENVENUTO
Leone XIV ieri mattina lo aspettava sulla soglia dello studio per dargli un caloroso benvenuto facendolo subito accomodare sullo scranno davanti a lui, lo stesso sul quale quattro giorni prima si era seduto l’altro vicepremier, il leader di Forza Italia e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Secondo la scansione dei tempi contingentati le porte sono state chiuse dai monsignori d’anticamera poco dopo, mentre il seguito ha atteso in una saletta attigua. Del colloquio privato, una ventina di minuti circa, è affiorato ben poco, ma da alcune indiscrezioni sembra che gli argomenti toccati siano stati diversi a cominciare dall’andamento del Giubileo e delle opere ad esso collegate. Tuttavia il tema predominante è stato quello della pace considerando l’attenzione di Prevost agli sviluppi della guerra russo-ucraina.
L’udienza di Salvini era inserita tra i programmi pubblici ufficiali e annunciata nel bollettino quotidiano della Santa Sede che viene diffuso in tutte le nunziature. Si trattava del secondo appuntamento papale della giornata, dopo il primo previsto, con il presidente della Papal Foundation, un munifico ente benefico americano. Una volta terminata la conversazione, sono stati fatti entrare anche i figli, il tesoriere della Lega, Alberto Di Rubba, Daniele Bertana, capo segreteria del ministro delle Infrastrutture e l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto. C’è stata la tradizionale foto opportunity e uno scambio di doni.
Matteo Salvini ha dovuto aspettare diversi anni per un momento tanto ufficiale, visto che con Francesco i rapporti non sono stati dei più facili. In Vaticano non era un mistero per nessuno che il precedente pontefice non gradisse incontri troppo ravvicinati con l’allora ex ministro dell’Interno, notoriamente promotore di una politica migratoria rigida, e a suo dire ben poco accogliente verso chi dall’Africa approdava sulle coste siciliane per cercare un avvenire migliore in Europa. Una questione di sensibilità e punti di vista, evidenziata in diverse circostanze, che in termini di rapporti ha dato parecchio filo da torcere al leader leghista.
GLI ATTACCHI
Basta vedere gli strali che a più riprese sono stati indirizzati all’ex ministro dell’Interno da diversi cardinali, vescovi, gesuiti di spicco e persino giornali cattolici al punto da essere definito portatore di un “sovranismo feticista” (fu Famiglia Cristiana per il rosario brandito sul palco di un comizio). Salvini, però, ha tirato sempre dritto consapevole di avere dalla sua parte una fetta di cattolici leghisti poco inclini a comprendere appieno l’approccio migratorio predicato da Papa Bergoglio. Tanto che il leader della Lega un giorno disse: «Mando un enorme augurio e un saluto a tutte le donne e gli uomini della Chiesa che mi scrivono e che mi dicono di tenere duro. Perché le parole di qualche vescovone o di “Famiglia Cristiana” o del quotidiano dei vescovi non rappresentano l’animo dei cristiani e dei cattolici».
TENSIONE CONTINUA
Gli davano però ragione i sondaggi: il 33 per cento dei cattolici praticanti condividevano la linea del Capitano. In quel periodo era poi affiorata un’altra polemica, stavolta per una t-shirt con su scritto, «Il mio papa è Benedetto». Infine ci fu l’inedito scontro con padre Antonio Spadaro, all’epoca direttore della Civiltà Cattolica. Una tensione continua che con Leone XIV, e con l’udienza di ieri mattina, ha archiviato per sempre.
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