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«Roma eccellenza mondiale torna a essere locomotiva per il Paese»


Sindaco Gualtieri, che cosa significa per Roma il milione di giovani che in questi giorni hanno vissuto la città?

«Per i ragazzi penso siano state giornate memorabili di fede, di partecipazione e di scoperta di Roma, una città meravigliosa e accogliente e, come ci hanno detto in tanti, anche sorprendentemente efficiente».

L’efficienza è l’eredita che questo Giubileo lascia alla politica italiana e agli occhi del mondo?

«L’abbraccio con questi straordinari ragazzi resterà nel cuore dei romani, ma anche la consapevolezza e l’orgoglio di essere stati capaci di gestire nel modo migliore un evento unico — peraltro l’ultimo di una serie davvero impressionante di cui molti in contemporanea — e di essere diventati sotto questo aspetto una vera eccellenza nel mondo».

Lei nella spianata di Tor Vergata ha fatto il pienone di selfie. Come se lo spiega?

«Naturalmente mi hanno fatto piacere i complimenti dei ragazzi, ma soprattutto il fatto che il racconto della trasformazione di Roma coinvolga e appassioni tanti giovani non solo romani ma anche del resto d’Italia e degli altri Paesi».

Magari grazie ai video del sindaco sui social che — dicono i dati — solo nell’ultimo hanno avuto 20 milioni di visualizzazioni, di cui 10 milioni da parte di romani, 8 da parte di italiani di altre città e 2 da parte di stranieri?

«Questo è un altro segno che la trasformazione di Roma è un motivo d’interesse generale. Stiamo parlando del resto di un patrimonio dell’umanità, questa è Roma».

Organizzazione cioè concretezza: questo di Roma piace ai ragazzi?

«Io penso che ai giovani di oggi interessi l’unione di concretezza e ideali. E nel messaggio che Roma, anche grazie a queste giornate, lancia al mondo, c’è questa miscela».

Come si fa a non farsi travolgere dai grandi eventi?

«La buona riuscita del Giubileo dei giovani, e anche quella degli appuntamenti precedenti, si deve a tre fattori decisivi. Anzitutto la programmazione, che è cominciata 2 anni e mezzo fa. A Tor Vergata abbiamo avuto l’ambizione di voler fare un allestimento che consentisse non solo di accogliere in sicurezza un milione di persone ma anche che facesse vivere a tutti pienamente l’evento. Pensi che questo è stato l’allestimento audio e video più grande mai realizzato al mondo».

Il messaggio urbi et orbi è che Roma, la città della storia, è anche la città dell’innovazione.

«Le do qualche cifra di queste giornate. 179 torri audio-video, 2000 casse acustiche, 2400 metri quadrati di schermi, 20 chilometri quadrati di fibra che con 14 carrati telefonici hanno consentito a tutti di avere campo. E ancora: 15 chilometri di cavi elettrici e 15 chilometri di tubature Acea che hanno portato l’acqua a tutti. In più c’è stata una strategia comunicativa molto capillare, che ha usato tutti i tipi di canale. Perciò nessuno ha detto in questo Giubileo dei giovani: io non sapevo».

Il primo fattore decisivo è quindi la pianificazione. Il secondo?

«E’ il Metodo Giubileo. Che non è soltanto la collaborazione istituzionale a prescindere dai colori politici ma anche la scelta di affrontare insieme, in tempo reale, i vari problemi e le complessità dei procedimenti amministrativi».

Sta dicendo che, tecnicamente oltre che istituzionalmente, lei ha lavorato bene con Meloni e con Mantovano?

«C’è stato pieno supporto al lavoro del commissario per il Giubileo. E la cabina di regia coordinata dal sottosegretario Mantovano è stata fondamentale per accorciare i tempi e per facilitare al massimo i processi decisionali».

Terzo fattore?

«La dedizione e l’impegno di migliaia di donne e uomini che hanno lavorato con passione: forze di Polizia, operatori sanitari, Protezione civile, volontari, Vigili del fuoco, e potrei continuare. Da sindaco, mi faccia esprimere la soddisfazione per la buona prova della macchina capitolina. Ama, Atac, Acea, Polizia locale, i vari uffici e dipartimenti, Risorse per Roma, Zetema: tutti hanno dato una prova di efficienza che dimostra che questa città ha voltato pagina e cambiato passo».

Così la Capitale da ora in poi sarà meglio riconosciuta da tutti e non più sottostimata, o malamata, come spesso si è fatto?

«Queste giornate dimostrano che non solo sono stati fatti tanti investimenti e tante opere, ma che è in corso un reale miglioramento della capacità di Roma di erogare servizi. Anche a partire dalla nostre aziende, che si sono modernizzate sia dal punto di vista tecnologico sia da quello organizzativo. In generale, Roma sta mostrando un dinamismo che non aveva da tanto tempo. Un dinamismo che, finalmente, può consentirle di tornare a fare la locomotiva del Paese. Bisogna abituarsi al fatto che questa sia la normalità: Roma come guida e come traino. L’anomalia sono stati i troppi anni in cui la Capitale è stata snobbata e non sempre ha avuto una classe dirigente all’altezza del suo ruolo».

La legge su Roma, appena varata dal consiglio dei ministri, aiuterà questa svolta della Capitale?

«Bisogna ricordare che nella scorsa legislatura, su iniziativa del centrosinistra, stava per essere approvata in Parlamento una riforma condivisa per Roma. Poi la caduta del governo Draghi ha interrotto l’approvazione. In questa legislatura il percorso stentava ad ripartire e per questo, da molte parti, si è auspicato un testo del governo. Naturalmente il Parlamento su questi temi è sovrano, ma quello presentato è un buon testo, anche perché è frutto di un vero confronto con il Campidoglio».

Prevede che entro la fine della legislatura la legge ci sarà?

«Auspico che ci sia un largo consenso parlamentare sulla legge costituzionale e sulla legge ordinaria, prevista dal ddl, che dovrà definire l’ordinamento di Roma Capitale e prevedere le risorse adeguate alle nuove funzioni. Quindi è decisivo che la commissione paritetica Governo, Parlamento, Regione e Roma Capitale, a cui si fa riferimento nella relazione illustrativa del ddl, si insedi al più presto, per lavorare in modo condiviso sulla legge che costituirà il vero cuore della riforma».

Che cosa serve, secondo lei, perché il processo vada a compimento?

«Anzitutto, è fondamentale che si prosegua con il metodo della condivisione più ampia. Mettendosi subito a lavorare sulla legge ordinaria e delineando un ordinamento per la Capitale che definisca un livello adeguato di autonomia amministrativa e finanziaria, che preveda un livello di risorse adeguato alle vecchie e nuove funzioni che Roma deve svolgere e che affronti il tema del decentramento in modo equilibrato. Una cosa è rafforzare il ruolo dei municipi come enti di prossimità più vicini ai cittadini e ai loro bisogni, un’altra cosa sarebbe frammentare l’unità amministrativa e finanziaria di Roma Capitale, che porterebbe a una minore qualità dei servizi e a più diseguaglianze tra centro e periferie. Per questo, è stato giusto non trasformare Roma in una Regione. Roma è una città e con la riforma dovrà essere un Comune speciale con maggiore autonomia e più poteri».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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