11.05.2025
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Politics

rispetto il Capo dello Stato


Ai Fori imperiali tra coccarde e tricolori sfilano i siluri della marina militare. Ma il vero siluro della giornata, l’unico a esplodere, è quello che la Lega spedisce in direzione del Quirinale. E la detonazione è talmente deflagrante da oscurare tutto il resto: parata, festa, solennità del 2 giugno. Tanto che a sera dal quartier generale di via Bellerio provano a imbracciare l’estintore: «Nessuna polemica con Mattarella». A incendiare la miccia, poche ore prima, era stato uno dei fedelissimi del vicepremier leghista: «Il capo dello Stato si dimetta». A dirlo, anzi a chiederlo via Twitter, è Claudio Borghi, senatore toscano e punta di lancia del Carroccio duro e puro. Non nuovo a provocazioni e tesi che fanno saltare dalla sedia gli avversari e (talvolta) pure gli alleati, dal «basta euro» allo stop alle bandiere dell’Ue sui palazzi pubblici.

Ieri però, nel giorno della festa della Repubblica e – in teoria – dell’unità nazionale, Borghi ha messo nel mirino con la più alta carica dello Stato. Che nella lettera ai prefetti di ventiquattr’ore prima aveva esaltato la «sovranità europea» che «consacreremo tra pochi giorni con l’elezione del Parlamento Ue». Parole che al senatore del Carroccio non sono andate giù. «Il 2 giugno è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la sovranità della nostra nazione», tuona il leghista via Twitter. Poi l’affondo: «Se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso». Parole dal sen fuggite? Tutt’altro. Perché il concetto viene ribadito in parecchi tweet in fila: «Se qualcuno vuole cambiare l’articolo 1 della Costituzione e scrivere che la sovranità appartiene alla Ue invece che al Popolo non ha che da depositare una proposta di legge», è il rilancio.

LE DISTANZE

Ed ecco che di colpo una giornata cominciata celebrando il senso dell’unità nazionale s’infiamma. Con le opposizioni che fanno muro a difesa di Mattarella e il centrodestra che si spacca. Da una parte Forza Italia e i moderati, con Antonio Tajani che a sera prende nettamente le distanze dall’alleato leghista. «Solidarietà a Mattarella per gli attacchi che ha ricevuto», twitta il vicepremier forzista senza menzionare Borghi. «Siamo italiani ed europei, questa è la nostra identità. E ogni scelta anti-europea è deleteria per l’Italia: fa bene il capo dello Stato a sottolineare la nostra prospettiva europea». Una levata di scudi decisa, preceduta dalle parole altrettanto chiare di Maurizio Lupi. «L’attacco al presidente della Repubblica è inaccettabile ed inqualificabile. La Lega si scusi per queste parole inopportune e irriguardose». Mentre da Fratelli d’Italia non arrivano commenti: nulla al di là di quelle parole scandite di buon mattino dalla premier Giorgia Meloni (che dalle opposizioni in molti chiamano in causa), sulla «forza dell’Ue» che deve tornare a essere anche «la forza e la specificità degli stati nazionali».

Ma il caso, forse, sarebbe rientrato se anche Matteo Salvini, prima che la polemica deflagrasse del tutto, non avesse in qualche modo fatto sue le dichiarazioni di Borghi intervistato a In mezz’ora. «Oggi – le parole del vicepremier su Raitre – è la festa della Repubblica, non della sovranità europea». E «la sovranità nazionale è fondamentale, al di là dei tweet. Non mi arrenderò mai a un super Stato europeo dove comandano quelli che hanno i soldi». La frenata arriva solo diverse ore più tardi: «Noi non chiediamo le dimissioni di nessuno», corregge il tiro Salvini. «Borghi è un nostro ottimo senatore, e io penso che il capo dello Stato sia stato travisato». Infine la nota del Carroccio: «Nessuna polemica con Mattarella, ma per la Lega la sovranità nazionale Italiana viene prima di quella europea».

LE REAZIONI

Caso chiuso? Neanche per sogno. Insorge il Pd: «Attacco inaccettabile, Meloni prenda le distanze», affonda il capogruppo dem in Senato Francesco Boccia. Lo segue a ruota Giuseppe Conte, per cui la richiesta di dimissioni al presidente della Repubblica è «indegna e sconclusionata». Matteo Renzi rivendica «l’orgoglio» di aver indicato il nome di Mattarella per il Colle nel 2015, Calenda sferza il leader leghista: «Se non sa cosa dire taccia». È un profluvio di interventi a difesa dell’inquilino del Quirinale. Che – come sempre in queste situazioni – tace. Forse in attesa che i toni da campagna elettorale si plachino da soli, nel giro di qualche giorno, superato il giro di boa delle Europee.

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