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Rieti festeggia il suo fenomeno


«Quando penso a casa, penso a Rieti. Questa è la mia città». Lo raccontava così il suo rapporto con il capoluogo sabino. Mattia Furlani a Rieti c’era arrivato ai tempi della scuola elementare e, da quel momento in poi, non se ne è più andato. Della città ha preso tutti i vizi positivi, ovvero la passione per i due sport per eccellenza che si praticano alle pendici del Terminillo: per l’atletica, com’è ovvio e come in tutto il mondo ormai sanno. E per il basket, che a queste latitudini è religione prima ancora che passione. Sul parquet del mitico PalaSojourner è sbarcato diverse volte per incassare applausi e riconoscimenti dopo ogni successo internazionale, cogliendo sempre l’occasione per tirare qualche pallone a canestro. Ma la sua passione è nata sui campetti cittadini, quelli col fondo di cemento e canestri con le retine sempre strappate, dove la gioventù reatina s’è sempre data battaglia. Dopo il suo salto d’oro, quando lui festeggiava sulla pista di Tokyo, sulla pagina facebook “La giornata tipo”, punto di riferimento della palla a spicchi, è spuntata una foto di Mattia con la canotta di Portland mentre gioca nel “playground” nel quartiere di Regina Pacis a Rieti. Non un campetto qualunque, ma un posto che negli anni è stato riferimento persino delle glorie della mitica Sebastiani ai tempi della Coppa Korac e della Serie A, dove giocò gente come Roberto Brunamonti o l’idolo locale Gianfranco Sanesi. Non è un caso che Mattia, parlando di quella passione abbia anche detto: «Tutti i miei migliori amici li ho conosciuti giocando a basket, il mio sport preferito che ho praticato fino a 13 anni». È proprio sul campo da basket che ha stretto una delle amicizie più profonde, quella con Alessandro Brentegani e che, in passato, ha raccontato le giornate con il campione: «Usciamo spesso insieme, senza fare niente di particolare. Ci piace passeggiare per Rieti o giocare a biliardo». La semplicità nella vita di tutti i giorni, in una Rieti da vivere tra la sua casa e quello Stadio Raul Guidobaldi, per tutti i reatini il Camposcuola, dove ha scelto di continuare ad allenarsi anche una volta passato nelle Fiamme Oro. Del resto tutto era cominciato in quell’impianto che aveva visto, tra gli altri, un record del mondo sui 100 metri targato Asafa Powell e dove lo aveva portato il mitico Andrea Milardi, compianto talent scout unico del mondo dell’atletica a cui oggi è intitolata la squadra locale, la Studentesca Milardi. Mattia ha cominciato lì la sua scalata verso il successo in un team composto da tantissimi reatini, a partire dai fisioterapisti Luigi e Vincenzo Iachetti. Rieti ha seguito Mattia sempre, lo ha cullato con discrezione e con la semplicità che solo una città di provincia sa e può avere. Dove tutti si conoscono e dove, come ha raccontato mamma Kathy Seck dopo l’oro mondiale indoor «anche con il macellaio parliamo delle gare di Mattia». E con un oro mondiale al collo ad appena 20 anni ci sarà ancora tanto, tanto da parlare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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