15.07.2025
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Fashion

ricarico «di 1000-2000 euro per ogni capo» e «caporalato tra i fornitori»


Dopo i casi di Armani Operations, Dior e Valentino, e un protocollo d’intesa promosso da Tribunale e Prefettura per la legalità, la trasparenza e contro lo sfruttamento dei lavoratori nella filiera della moda, un altro brand del lusso finisce in amministrazione giudiziaria. Si tratta del marchio Loro Piana, noto per i capi di abbigliamento in cachemire e che è presieduta da Lvmh-Moet Hennessy Louis Vuitton, il gruppo che fa capo alla famiglia Arnault. È di stamane il provvedimento con cui i giudici milanesi della sezione misure di prevenzione hanno disposto la nomina, per un anno, di un amministratore con il compito di affiancare l’attuale management per «rimuovere quelle situazioni tossiche», per dirla con le parole scritte dal pm Paolo Storari, riscontrate dalle indagini del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano nell’azienda di filati di pregio vercellese, che sarebbe stata incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo, al contrario agevolati «colposamente».

Loro Piana in amministrazione giudiziaria, caporalato negli opifici

Cosa è successo

Come si legge nell’atto, non ha «effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali» ha stipulato «contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione» da queste «adottate, omettendo di assumere tempestive ed adeguate iniziative di reale verifica della filiera dei sub-appalti, sino alla rescissione dei legami commerciali».

Secondo gli accertamenti, Loro Piana, il cui cda è presieduto da Antoine Arnault, ha affidato la realizzazione di capi di abbigliamento (tra cui giacche in cachemire) alla Evergreen, una società esterna che, non essendo stata in grado di produrre quanto richiesto, avrebbe subappaltato il lavoro alla Sor-Man snc di Nova Milanese, pure essa senza una adeguata capacità produttiva. Quest’ultima, è la ricostruzione della Procura, si sarebbe rivolta anche per abbattere i costi ad opifici cinesi — chiusi dai militari e uno dei titolari arrestato a maggio in seguito a una denuncia — che si sarebbero serviti di «manodopera irregolare e clandestina, in ambienti di lavoro insalubri e pericolosi», alloggiata «in dormitori abusivi al fine di attingere mera manovalanza in qualsiasi orario del giorno/notte e sottoponendo a turni lavorativi (…) di gran lunga superiori a quelli contrattualmente previsti», senza pause e ferie. Un sistema questo che avrebbe consentito di realizzare una massimizzazione dei profitti.

La decisione

Tant’è, come scrivono i giudici, ogni capo spalla è stato messo in commercio negli store del brand di lusso per una cifra che va dai 1.000 ai 3.000 euro, «con un ricarico tra i 1.000 e i 2.000 euro». Mentre, come ha raccontato a inquirenti e investigatori la legale rappresentante di Sor-Man, con Loro Piana «il costo pattuito era 118 euro a giacca se la commessa era superiore a 100 capi, se inferiore, ma questo era raro, il prezzo era 128 euro a capo», mentre «io pagavo alle società cinesi 80 euro al pezzo se non facevano il taglio, 86 euro con il taglio. Poi in base alle altre lavorazioni il prezzo poteva oscillare di 5 o 10 euro» Ora l’azienda, nei cui confronti il pubblico ministero ha usato parole severe nella richiesta di amministrazione giudiziaria, ha un anno di tempo per mettersi in regola

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