CEGLIE MESSAPICA L’ipotesi, nel centrosinistra pugliese, viene maneggiata come si fa con gli estintori. Rompere il vetro in caso di emergenza. Ma se lo stallo sulle regionali dovesse trasformarsi in un incendio potenzialmente in grado di incenerire il campo largo, ecco che allora il piano potrebbe prendere quota. Antonio Decaro non ha cambiato idea: se in campo ci sono Emiliano e Vendola, l’ex sindaco di Bari non ha intenzione di candidarsi a guidare la regione. Questione di autonomia e «agibilità» politica, ripete agli interlocutori l’eurodeputato dem. Che ieri era atteso tra i trulli e i muretti a secco di Ceglie Messapica, ospite — così come il suo ex padrino politico Emiliano — della prima giornata della Piazza di Affari italiani. Entrambi, invece, hanno dato forfait (Decaro ufficialmente per gli impegni a Bruxelles). Segno che il lavoro degli sherpa continua, anche se le tessere del mosaico sono ancora lontane dall’incastrarsi. E quindi meglio evitare dichiarazioni che potrebbero avvelenare ulteriormente il clima. Ma la sabbia nella clessidra si è quasi esaurita: il 5 settembre Elly Schlein sarà alla Festa dell’unità a Bisceglie. E vuole arrivarci con un candidato. Così, se lo stallo non si sbloccherà entro una settimana, ecco l’idea: il gran ritorno in campo di “Nichi”, un decennio dopo la fine del suo ultimo mandato. Due volte ex governatore, dopo aver sconfitto Raffaele Fitto nel 2005, poi rieletto nel 2010, oggi presidente di Sinistra Italiana e ufficialmente (finora) in campo come candidato al consiglio regionale dopo dieci anni lontano dalla politica.
PRO E CONTRO
La mossa avrebbe del clamoroso. Ma chi in queste ore ha sentito Schlein non la esclude. «Andiamo per gradi. Ma se Antonio non corre, può essere un’opzione», la linea che la segretaria ha dato ai suoi. Per chi sostiene questa ipotesi, la mossa avrebbe più di un vantaggio. Da un lato accontenterebbe i rosso-verdi, che non nascondono l’irritazione per il fatto di non avere ottenuto nemmeno un candidato governatore su sette regioni al voto. Dall’altro, sarebbe una delle poche strade percorribili in caso di no di Decaro, perché qualunque altro esponente dem al suo posto a questo punto potrebbe dare l’impressione di una candidatura figlia dei veti di Emiliano.
Intanto, mentre si rincorrono le voci su una cena chiarificatrice tra Vendola e l’ex sindaco (che però non c’è ancora stata e neanche si sa se ci sarà), continuano i tentativi per sbloccare l’impasse. Senza ricorrere a un cambio di strategia di fronte al quale comunque buona parte del Pd pugliese strabuzzerebbe gli occhi: «Ma come — suona la contestazione — Avs impedisce di fatto la corsa del candidato del Pd, e noi gli regaliamo la presidenza?». Il frontman della coalizione, è la tesi sul territorio, dev’essere un dem. Del resto da queste parti la frustrazione degli eletti si taglia col coltello. E c’è chi mette nel mirino il Nazareno, e la scelta di Schlein di demandare la soluzione dell’affaire Decaro al suo uomo-macchina Igor Taruffi quando «sarebbe bastato chiudere lui ed Emiliano in una stanza, a Roma, e dire “non uscite da qua finché non la risolviamo”», suona lo sfogo.
Qualche passo avanti per la verità si è registrato: al Nazareno sono convinti che il problema non sia più Emiliano, per il quale «una soluzione alternativa alla corsa al consiglio regionale si può trovare» (ad esempio un assessorato esterno a tempo e poi la candidatura alle politiche), ma Vendola. «Non si può imporre a Fratoianni di non schierare il suo presidente nazionale: sarebbe come dire ai 5Stelle di non candidare Conte».
IL CONFRONTO
Nel frattempo, 450 chilometri più a nord, ieri è entrata nel vivo la sfida nelle Marche, la prima delle sette regioni alle urne, il 28 settembre. L’occasione è il primo faccia a faccia tra l’uscente di FdI Francesco Acquaroli e lo sfidante dem Ricci, andato in scena nella sede regionale della Uil. Un match senza fuochi d’artificio, tranne quando si è affrontato il capitolo della Zes.: una scelta, quella di includere le Marche nella Zona economica speciale pensata per il Mezzogiorno, rivendicata da Acquaroli perché «darà opportunità agli imprenditori e porterà nuovi insediamenti industriali». Mentre per Ricci si tratta di «uno spot elettorale» perché la misura, affonda il dem, non è un decreto legge, non c’è un euro e con ogni probabilità bisognerà aspettare la legge di bilancio 2026».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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