10.06.2025
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Referendum senza quorum: affluenza al 30,6%. Schlein: «14 milioni al voto, ne riparliamo alle politiche». La Russa: «Elettori schifati»


Arianna Meloni: per sinistra sonora bocciatura, parlano i dati

«Questo referendum, che è stato tanto sponsorizzato, doveva essere un referendum per bocciare le politiche del governo Meloni, è diventato il referendum che ha bocciato la sinistra e tutta l’opposizione. Quindi è arrivata una sonora bocciatura, parlano i dati». Lo ha detto Arianna Meloni, responsabile della segreteria di Fdi, ai microfoni di ‘4 di sera’ su Rete 4.

La Russa: molti elettori schifati

«E’ troppo facile infierire su chi ha fatto una campagna puntando non sui quesiti, spiegandoli, ma sul dagli alla Meloni e dagli a La Russa. Sono tantissimi che sono rimasti schifati da una campagna divisiva e di odio». Lo ha detto Ignazio La Russa su La7. «E’ inutile infierire sulla Schlen, hanno tentato di trasformare il referendum in una vicenda interna del Pd. Anzichè fare un congresso hanno fatto spendere milioni allo Stato per vedere se aveva ragione Schlein o i suoi oppositori e gli altri lo hanno fatto contro il governo. Hanno perso gli uni e gli altri», ha aggiunto il presidente del Senato.

Schlein: 14 milioni al voto, ne riparliamo alle politiche

«La differenza tra noi e la destra di Meloni è che oggi noi siamo contenti che oltre 14 milioni di persone siano andate a votare, mentre loro esultano perché gli altri non ci sono andati. Ne riparliamo alle prossime politiche. Hanno fatto una vera e propria campagna di boicottaggio politico e mediatico di questo voto ma hanno ben poco da festeggiare: per questi referendum hanno votato più elettori di quelli che hanno votato la destra mandando Meloni al governo nel 2022. Quando più gente di quella che ti ha votato ti chiede di cambiare una legge dovresti riflettere invece che deriderla». Lo dice la segretaria Pd Elly Schlein sul referendum.

Conte: chi esulta porti rispetto a 15 milioni di elettori

«Leggo dichiarazioni ed esultanze sguaiate dei ‘tifosi’ della politica. Portate rispetto a circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare. Portate rispetto agli oltre 12 milioni che hanno votato sì a maggiori tutele nel mondo del lavoro. Parliamo di oltre 12 milioni di cittadini che, al di là dei colori politici, chiedono più tutele contro licenziamenti, precariato e incidenti sul lavoro. Noi saremo sempre dalla loro parte, dalla parte giusta. E porteremo avanti la battaglia per loro in Parlamento». Lo scrive sui social il leader dei 5 stelle, Giuseppe Conte aggiungendo che «se vi sembrano numeri insignificanti, considerate che è lo stesso numero di votanti (anzi alla fine potrebbero essere anche di più) con cui la maggioranza Meloni è arrivata al Governo».

In Molise affluenza al 27,7%

In Molise quorum non raggiunto per i referendum in nessuno dei 136 Comuni della regione: il dato complessivo della regione è al 27,7%, più basso rispetto alla media italiana che è del 30,5%. Il centro con l’affluenza più alta è stato Pescopennataro (Isernia) con il 40,4 per cento, quello con l’affluenza più bassa Sepino (Campobasso) con il 14,5%. Per quanto riguarda le città più grandi a Campobasso affluenza al 31,2%, a Isernia del 25,8% e a Termoli del 31,3%.

In Sicilia affluenza al 23,11%

La percentuale dei votanti in Sicilia per il referendum dell’8 e 9 giugno è stata del 23,11%. La percentuale più alta si è registrata in provincia di Enna, la più bassa in quella di Agrigento. Il dato per provincia vede Agrigento al 19,6%, Caltanissetta 19,84%, Catania 24,02%, Enna 25,48%, Messina 23,26% Palermo 24,91%, Ragusa 23,16%, Siracusa 22,53%, Trapani 20,29%

Landini: nell’appello al non voto messa in gioco democrazia

«Una certa politicizzazione dei referendum non ha permesso di discutere di contenuti. Negli ultimi giorni alcuni esponenti di governo interrogati sui quesiti non sapevano i contenuti e contemporaneamente chiedevano di non andare a votare. Un elemento di responsabilità grave. Non stanno mettendo in discussione la Cgil, in gioco c’è la democrazia del Paese». Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in conferenza stampa sui referendum. «Sì, la democrazia costa. Mi dovrei preoccupare che per ridurre i costi non si debba andare a votare?», domanda ricordando che «avevamo chiesto si votasse insieme alle comunali, al primo turno».

In Campania l’affluenza sotto il 30%

Si ferma sotto il 30% l’affluenza per i referendum in Campania. Quando mancano poche decine di seggi al dato definitivo, è stabilizzata la cifra del 29,88 per i primi quattro quesiti, con un lievissimo scarto per quello sulla cittadinanza (29,87). Le due province dove si è votato di più sono Napoli (31,76) e Avellino (31,38). A Napoli città è andato alle urne oltre il 33 per cento degli aventi diritto, con una lievissima predominanza dell’affluenza per il quesito sulla cittadinanza (33,61) contro quelli sul lavoro (33,52). da segnalare il caso del comune di Volla (Napoli), quasi 26mila abitanti, unico centro campano a votare anche per il ballottaggio delle amministrative: qui il quorum è stato ampiamente superato, con il 51,93%, di poco inferiore al 53,24% che ha votato per il sindaco.

Landini: obiettivo era il quorum, chiaro che non è raggiunto

«Il nostro l’obiettivo era raggiungere il quorum, è chiaro che non lo abbiamo raggiunto. Oggi non è una giornata di vittoria. Contemporaneamente gli ultimi dati ci dicono che sono oltre 14 milioni le persone che hanno votato nel nostro paese cui si aggiungeranno gli italiani all’estero: un numero importante, un numero di partenza. I problemi che abbiamo posto con i referendum rimangono sul tavolo». Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in conferenza stampa dopo la chiusura dei seggi, nella sede del Comitato promotore per i referendum sul lavoro, dove ha atteso i risultati insieme al resto della segreteria confederale.

Affluenza al 30% con oltre 57mila sezioni su 61.591

Secondo i dati del Viminale, quando mancano tra 4000 e oltre 5000 sezioni da esaminare, l’affluenza media nazionale è del 30%, in aumento rispetto al 22,72% di ieri alle 23. E’ il valore che emerge quando le sezioni esaminate si avvicinano al totale di 61.591, passando dalle 57.311 sezioni esaminate sul primo quesito (Jobs act e reintegro dei licenziamenti illegittimi) e le 55.701sul quinto quesito (cittadinanza italiana). La percentuale dell’affluenza varia di pochissimo fra i 5 quesiti, stando sempre sul 30%.

Tajani: fallito assalto dell’opposizione, governo rafforzato

«Intanto grande rispetto per chi è andato a votare perché è sempre una forma di partecipazione al referendum. Detto questo, è stata una sconfitta della sinistra e dell’opposizione che voleva tentare l’assalto al governo utilizzando il grimaldello dei referendum. La cosa è andata male, il governo si è rafforzato, l’opposizione si è indebolita». Lo ha affermato il vicepremier e leader di FI Antonio Tajani, intervenendo al Tg1.

Referendum: quesito 5, in 25.879 sez. su 61.591 affluenza al 28,99%

Per il referendum numero 5, sulla cittadinanza italiana, secondo i dati del sito Eligendo del Viminale, quando sono state scrutinate 25.879 sezioni su 61.591, l’affluenza parziale al voto alle 15 si attesta al 28,99%.

Referendum, al quesito 4 in 21.189 sezioni su 61.591 affluenza al 28,79%

Dai primi dati relativi alle 21.189 sezioni su 61.591 al referendum numero 4 sulla ‘Responsabilità infortuni sul lavoro’, secondo i dati sul sito Eligendo del Viminale, il dato provvisorio dell’affluenza alle ore 15 è del 28,79% degli elettori.

Referendum, al quesito 3 in 20.597 sez. su 61.591 affluenza al 28,90%

Primi dati sull’affluenza al voto alle 15. Per il referendum numero 3, sulla tutela nei contratti a termine, secondo i dati del sito Eligendo del Viminale, quando sono state scrutinate 20.597 sezioni su 61.591, sono andati al voto il 28,90% degli aventi diritto.

Fazzolari: ora governo più rafforzato e sinistra indebolita

«Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni. Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita». Lo dichiara Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l’Attuazione del programma di governo, intercettato dai giornalisti fuori da palazzo Chigi.

Referendum: al quesito 2 in 14.061 sezioni su 61.591 affluenza al 28,58%

Dai primi dati relativi alle 14.061 sezioni su 61.591 al referendum numero 2, secondo i dati sul sito Eligendo del Viminale, il dato provvisorio dell’affluenza alle ore 15 è del 28,58% degli elettori.

Referendum: primi dati su affluenza, con 896 sez. su 61.591 è al 27,49%

Primi dati sull’affluenza al voto alle 15 per i referendum: secondo i dati del sito Eligendo del Viminale, quando sono state scrutinate 896 sezioni su 61.591, è al 27,49%

Elezioni: urne chiuse, al via lo spoglio per referendum e comunali

Urne chiuse in tutta Italia dove si è votato per i referendum, i ballottaggi delle elezioni amministrative in 13 Comuni e il primo turno in sette Comuni della Sardegna. Adesso prende il via lo spoglio. I referendum sono soggetti a quorum, per essere validi devono quindi registrare la partecipazione del 50% +1 degli aventi diritto, per questo sarà decisivo il dato sull’affluenza. Insieme alla consultazione referendaria, i cittadini sono andati a votare anche per i ballottaggi delle elezioni amministrative in 13 Comuni. Occhi puntati su Taranto e Matera, città al ballottaggio. Mentre in Sardegna i cittadini di sette Comuni, Nuoro il più grande, sono andati alle urne per il primo turno delle elezioni amministrative.

Salvini, referendum non passeranno, cittadinanza non è regalo

«Oggi in Italia si votano dei referendum che non passeranno: la cittadinanza non è un regalo, chiediamo regole più chiare e severe per essere cittadini italiani, non basta qualche anno in più di residenza». Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, intervenendo sul palco della «Festa della Vittoria» dei Patrioti Ue.

In Trentino affluenza al 21,84%, in Alto Adige 10,3%

Alle 23 di domenica 7 giugno, in Trentino, l’affluenza alle urne per i cinque referendum popolari abrogativi in materia di disciplina del lavoro e cittadinanza si è fermata al 21,84%, mentre in Alto Adige si è registrata l’affluenza più bassa tra tutte le regioni, pari al 10,3%. Entrambe le percentuali relative alle due Province autonome sono più basse della media nazionale, comunque ferma al 22%, in linea con l’ultima tornata referendaria — quella del 2009 sulla legge elettorale — in cui si votò su due giorni come quest’anno e in cui non fu raggiunto il quorum del cinquanta per cento.

L’astensione maggiore in Calabria

L’affluenza dei votanti nella giornata di ieri per i 5 quesiti referendari è stata del 22% circa. Quorum lontano. L’astensione maggiore in Calabria, quella minore in Toscana. I seggi hanno riaperto stamani alle 7 e chiudono alle 15. Meloni ha votato ieri sera. Per i ballottaggi delle amministrative in 13 comuni è andato finora alle urne il 35,9%, in calo. 

Oggi si vota fino alle 15

I seggi riaprono stamani alle 7 e chiudono alle 15.

Nel primo giorno di referendum affluenza ferma al 22.73%

Con 61.591 sezioni scrutinate su 61.591, l’affluenza alle 23 del primo giorno di votazioni è del 22.73%.

Referendum, in Calabria alle 23 al voto il 16,25%

Affluenza al 16,25% per i cinque referendum in Calabria alle ore 23, a chiusura della prima giornata di consultazioni. Anche alla terza rilevazione, è Catanzaro la provincia in cui si è votato di più con il 19,96% seguita da Cosenza con il 17,94%. Vibo Valentia e Reggio Calabria si attestano attorno al 13%, con Crotone che è quella in cui ci sono stati meno elettori con il 12,83%.

Toscana Regione dove si è votato di più con il 29,9%

La Regione dove si è votato di più per i referendum è la Toscana con il 29,9%. Seguita a ruota dall’Emilia Romagna con il 28,76%. Tra le più astensioniste, invece, il Trentino Alto Adige con il 16,13%, la Calabria con il 16,25% e la Sicilia con il 16,48%. Lo si apprende dai dati del ministero dell’Interno. Tra le più attive anche la Liguria con il 25,42%.

Minimo lo scarto di affluenza per i 5 quesiti

Minimo lo scarto dei votanti tra i 5 quesiti referendari. Alle 23, secondo i dati del ministero dell’Interno, hanno votato per il primo sul lavoro, quello per il reintegro dei licenziamenti illegittimi, il 22,4%. Al secondo, quello su licenziamenti e limite indennità, il 22,37%. Al terzo, quello per la tutela dei contratti a termine, il 22,40%. Al quarto, quello per la responsabilità degli infortuni sul lavoro, il 22,36%. Al quinto, quello sulla cittadinanza il 22,24%.

Referendum, alle 23 l’affluenza è intorno al 22%

L’affluenza dei votanti per i 5 quesiti referendari alle 23 è di circa il 22%. E’ quanto si legge sul sito del ministero dell’Interno. I seggi si sono chiusi alle 23 e riapriranno domani mattina alle 7 per restare aperti fino alle 15. 

Affluenza parziale ore 23: 22%

Alle 23, con 50.689 sezioni scrutinate su 61.591, l’affluenza parziale è del 22%.

Affluenza parziale ore 23

Alle 23, con 22.750 sezioni scrutinate su 61.591, l’affluenza parziale è del 21,1%.

Referendum: alle 19 affluenza al 16,16% per tutti i quesiti

Alle 19 l’affluenza a tutte e cinque i referendum per quali si vota oggi e domani si attesta al 16,16%. Lo si legge sul sito del ministero dell’Interno quando sono state scrutinate tutte le 61.591 sezioni.

L’affluenza alle 19 nelle varie regioni

Ecco l’affluenza alle 19 in tutte le Regioni:

ITALIA 16,16%

ABRUZZO 13,81

BASILICATA 12,98

CALABRIA 10,14

CAMPANIA 13,83

EMILIA-ROMAGNA 21,21

FRIULI-VENEZIA GIULIA 15,73

LAZIO 16,99

LIGURIA 20,59

LOMBARDIA 18,35

MARCHE 16,09

MOLISE 12,55

PIEMONTE 20,01

PUGLIA 12,20

SARDEGNA13,02

SICILIA 10,62

TOSCANA 22,18

TRENTINO-ALTO ADIGE 11,76

UMBRIA 15,38

VALLE D’AOSTA 16,11

VENETO 14,68

 

Affluenza alle ore 19 poco sopra il 16%

È del 16,16% l’affluenza alle urne registrata alle 19 per i cinque referendum. E’ quanto emerge dai dati, pubblicati sul sito Eligendo, relativi alla quasi totalità delle 61.591 sezioni. Il dato più alto è stato registrato in Emilia Romagna mentre quello più basso in Calabria.

Meloni al seggio, non ha ritirato schede

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è recata al seggio per i referendum, a quanto si apprende dal suo staff. Meloni aveva già spiegato la sua intenzione di andare al seggio ma senza ritirare le schede dei quesiti referendari.

Meloni è andata al seggio questa sera

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è recata al seggio questa sera. Lo si apprende dal suo staff. Nei giorni scorsi la premier ha spiegato la sua intenzione di recarsi al seggio senza ritirare le schede dei cinque referendum.

Referendum: alle 19 affluenza oltre il 15%

L’affluenza alle 19 sui cinque referendum si attesta tra il 15,81 del primo quesito sul lavoro al 15,65% per il quinto quesito, riguardante la cittadinanza. E’ quanto emerge dai dati diffusi dal Viminale quando sono giunti i dati di 55.743 sezioni su 61.591

Referendum, affluenza parziale alle 19: 15.8%

Affluenza parziale alle 19: 15.8%

In Basilicata alle ore 19 affluenza al 12,9%

In Basilicata, per il referendum, alle ore 19 è stata registrata un’affluenza del 12,98% degli aventi diritto al voto. Per la provincia di Potenza, il dato è del 12,52%, nel capoluogo lucano del 16,41%. Per la provincia di Matera, l’affluenza è del 13,84%, mentre nella città dei Sassi — dove si vota anche per il ballottaggio per eleggere il nuovo sindaco — il dato sale al 23,26%.

Schlein: «Buon voto a tutti, grazie a chi è ai seggi»

«Buon voto a tutte e tutti e grazie a chi sta lavorando ai seggi in tutta Italia». Lo scrive sui social la segretaria del Pd Elly Schlein postando la sua foto mentre infila una scheda nell’urna.

Le differenze tra i vari quesiti

Ci sono piccole variazioni nell’affluenza al voto alle 12 dei cinque referendum sui quali oggi e domani sono chiamati ad esprimersi i cittadini italiani. La normativa prevede infatti la possibilità di ritirare anche una parte delle cinque schede. I dati emergono dal sito del ministero dell’Interno quando sono giunti i dati di 61.467 sezioni su 61.591. L’affluenza per il primo quesito, quello sul reintegro in caso di licenziamento illegittimo è stata del 7,41%. Identico il dato per il secondo quesito, riguardante il limite delle indennità per i licenziamenti nelle aziende sotto i 15 dipendenti. Per il terzo quesito, che concerne la causale per i contratti a tempo determinato, l’affluenza sale al 7,43%. Scende di un punto, al 7,42% il dato del quarto quesito, quello sulla responsabilità in solido delle ditte appaltanti in caso di incidente sul lavoro. Anche per il quinto quesito, riguardante la cittadinanza, l’affluenza si attesta al 7,42%

Il confronto con il 2011

Il Referendum abrogativo sull’acqua del 2011 fu l’ultimo in cui si raggiunse il quorum (57% circa). Anche in quel caso si votò su due giorni (domenica 12 e lunedì 13 giugno) con 4 quesiti sottoposti ai cittadini. Alle 12 l’affluenza era stata dell’11,6%

Referendum, affluenza al 7,4%

Alle 12 ha votato per i cinque quesiti referendari il 7,4% degli elettori. Lo si apprende dal sito del Viminale. Questo è il dato raccolto nelle 61.591 sezioni.

Amministrative, affluenza dell’11,88% alle 12

L’affluenza al ballottaggio delle amministrative è alle ore 12 dell’11,88%, in calo rispetto al 14,05% del primo turno. E’ quanto risulta dal sito del Ministero dell’Interno.

L’Emilia-Romagna regione con affluenza più alta

L’Emilia-Romagna è la Regione con l’affluenza più alta ai referendum. Alle 12 ha votato una percentuale di circa il 10,9% degli aventi diritto, di oltre tre punti e mezzo più alta rispetto alla media nazionale.

Le province di Bologna (13,3%) e di Reggio Emilia (12,2%) sono quelle dove si è votato di più, con picchi nelle città principali (Bologna al 14,3%, Modena 13,3%, Reggio Emilia 13%), anche se la palma degli elettori più disciplinati va a due Comuni del Reggiano Fabbrico (18,4%) e Cariago (15,2%) che sono, tradizionalmente, i luoghi dove si vota di più.

Referendum, affluenza al 7,3% alle 12

Urne aperte dalle sette di stamani per i cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza. Alle 12 ha votato, in media, per i vari quesiti il 7,3% degli aventi diritto, secondo il sito Eligendo, portale del ministero dell’Interno.

Il dato riguarda poco meno di 60mila seggi sui 61.591 complessivi. L’affluenza più alta si registra per il primo quesito che riguarda il reintegro dei licenziamenti illegittimi. I seggi sono aperti oggi fino alle ventitre. Domani dalle sette alle quindici.

I quesiti

Urne aperte in tutta Italia per il referendum: cinque i quesiti tra lavoro e cittadinanza. Si vota oggi fino alle 23.00 e domani dalle 7.00 fino alle 15.00. Subito dopo prenderà il via lo spoglio. I referendum sono soggetti a quorum, per essere validi devono quindi registrare la partecipazione del 50% +1 degli aventi diritto, per questo sarà decisivo il dato sull’affluenza. Quattro dei quesiti, promossi dalla Cgil, riguardano la disciplina del lavoro. Il quinto quesito è sulla cittadinanza ed è promosso da un Comitato formato da centinaia di associazioni e presieduto da Riccardo Magi, Sonny Olumati e Deepika Salhan. Per quel che riguarda i referendum sul lavoro, nel dettaglio gli italiani dovranno scegliere tra le seguenti opzioni. 1) ‘Contratto di lavoro a tutele crescenti — Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione’. Si tratta di una disciplina introdotta dal Jobs Act: nelle imprese con più di 15 dipendenti il lavoratore licenziato illegittimamente non ha diritto al reintegro. Con l’abrogazione di questa disposizione sarebbe possibile il reintegro. 2) ‘Piccole imprese — Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale’. Attualmente in caso di licenziamento illegittimo il risarcimento non può superare le sei mensilità. Con l’abrogazione parziale di queste disposizioni sarà possibile superare le sei mensilità di indennità. 3) ‘Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi’. Il referendum mira a reintrodurre l’obbligo di causale specifica per i contratti di lavoro inferiore a 12 mesi, di fatto con una maggiore tutela per i precari. 4) ‘Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Abrogazione’. Si tratta di una questione legata alla sicurezza sul lavoro, con un ampliamento delle responsabilità dell’azienda per incidenti sul lavoro.

Per quel che riguarda la cittadinanza, il quesito è il seguente: ‘Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana’. Il dimezzamento dei tempi renderebbe più veloce la concessione della cittadinanza a chi ne ha già diritto, una questione che riguarda almeno 2,3 milioni di persone in Italia. Per la prima volta è ammesso il voto per i fuori sede. Può votare in un comune diverso da quello di residenza chi per motivi di studio, lavoro o cure mediche è domiciliato da almeno tre mesi in un’altra provincia e ne ha fatto richiesta entro il 5 maggio. Dall’estero possono invece votare gli elettori iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) e gli italiani temporaneamente all’estero per almeno tre mesi per lavoro, studio o cure mediche, e i familiari con essi conviventi all’estero, che ne hanno fatto richiesta entro il 7 maggio.

Gualtieri: buon voto a tutti

«Votare è un importante diritto ma anche un dovere civico. Io l’ho fatto con convinzione. Buon voto a tutte e a tutti!». Così il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, in un post su X che riporta anche la sua immagine mentre infila nell’urna una delle schede referendarie.

Fino a che ora si vota

Chi andrà a votare riceverà le cinque schede di colore diverso, ognuna con la descrizione della norma che potrebbe essere cancellata in tutto o in parte. Per abrogarla bisogna votare sì, per mantenerla bisogna votare no. Si potrà votare domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Gli italiani residenti all’estero possono partecipare ai referendum attraverso il voto per corrispondenza.

Quinto quesito

L’8 e 9 giugno si voterà anche sulla legge del 1992 che regola la concessione della cittadinanza italiana agli stranieri. I cittadini riceveranno una scheda gialla per dare il loro parere. Secondo la legge in vigore, un adulto straniero, cittadino di un Paese che non fa parte dell’Unione Europea, deve risiedere legalmente 10 anni in Italia per poter chiedere la cittadinanza italiana. L’obiettivo del referendum abrogativo è ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Il termine dei dieci anni rappresenta la regola generale ed è tra i più lunghi in Europa. La riduzione a cinque anni del requisito di residenza potrebbe indirettamente semplificare anche il percorso per molti minori stranieri: ad oggi un minore straniero nato in Italia da genitori non italiani non acquisisce automaticamente la cittadinanza ma può richiederla al compimento dei diciotto anni se ha risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia fino a quel momento. Se si è d’accordo con il dimezzamento del requisito di residenza per concedere la cittadinanza italiana agli adulti extracomunitari, bisogna votare ‘Sì’. Se si è contrari, bisogna votare ‘No’. Con il ‘Sì’, infatti, si cancellano due punti dell’articolo 9 della legge n. 91 del 1992, portando così al requisito dei cinque anni di residenza per chiedere la cittadinanza. Chi sostiene il ‘Sì’ ritiene che l’attuale legge sia sproporzionata e discriminatoria, perché richiede agli adulti extracomunitari il doppio degli anni di residenza rispetto alle regole in vigore prima del 1992. Il requisito dei 10 anni, secondo i promotori del referendum, non rispecchia la realtà di molti stranieri che vivono stabilmente in Italia e rischia di escludere anche i loro figli minori. Abbreviare i tempi a 5 anni, senza toccare gli altri criteri, come il reddito e la conoscenza della lingua, semplificherebbe un percorso oggi ostacolato dalla burocrazia avvicinando l’Italia agli standard di altri Paesi europei. Chi sostiene le ragioni del ‘No’ ritiene invece che la legge attuale sia già adeguata e che l’Italia rilasci un numero troppo alto di cittadinanze rispetto ad altri Paesi. I risultati del referendum abrogativo, come in questo caso, sono validi solo se partecipa almeno la metà degli aventi diritto di voto, cosa che permette il raggiungimento del quorum.

Quarto quesito

Il quarto quesito referendario interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro e riguarda il cosiddetto testo unico del 2008: si chiede di modificare le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Il tema della sicurezza sul lavoro, in particolare negli appalti, è tra quelli al centro dell’attenzione non solo del referendum, visto che il meccanismo dello sconto per ottenere la commessa può talvolta trasformarsi in minori tutele. Proprio recentemente, in uno dei tavoli a Palazzo Chigi con la parti sociali per affrontare il tema delle morti sul lavoro, il governo ha ipotizzato modifiche alle norme previste per gli appalti. La Cgil, che ha proposto il referendum, pone l’attenzione sui dati che indicano in circa 500mila le denunce di infortunio sul lavoro in un anno, con un totale di mille lavoratori morti: «Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro». Coloro che non sono a favore del quesito, invece, pongono l’accento sull’inadeguatezza dello strumento referendario per incidere su questa materia. IL QUESITO: «Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonchè dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici’?». 

Terzo quesito

Il terzo dei quattro quesiti referendari mira a cancellare la possibilità di fare contratti a termine senza indicare causali per i primi 12 mesi. Di fatto incide sulle norme del Jobs Act ma anche su alcuni interventi introdotti dal governo Meloni. Sui contratti a termine si sono succedute norme nel tempo. L’obbligo di causali per le assunzioni fino a 12 mesi era stato eliminato nel 2015 con il Jobs act del governo Renzi e poi reintrodotto nel 2018 con il decreto Dignità del governo Conte. L’ultima modifica è arrivata nel 2023 con il decreto Lavoro del governo Meloni, che ha escluso, per i rinnovi e per le proroghe, l’esigenza delle causali per i contratti fino a 12 mesi e introdotto nuove causali per i contratti con durata compresa tra i 12 e i 24 mesi (tra cui quella per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti in assenza della previsione contrattuale, che è possibile stipulare fino a fine anno). Chi voterà ‘SI’ farà ritornare l’obbligo di inserire una motivazione per i contratti a termine di durata inferiore a 12 mesi che, secondo la Cgil che ha promosso il quesito, interessa circa 2 milioni e 300mila lavoratori. Per la Cgil, questo referendum punta a «rendere il lavoro più stabile e certo» mentre i contratti a termine senza causali si prestano ad un utilizzo disinvolto del lavoro in un contesto nel quale le percentuali di disoccupazione consentono la creazione di precarietà. Per i contrari, invece, la norma fa tornare indietro nel tempo, ingessando un meccanismo che da una parte consente flessibilità per alcune tipologie di lavori (come quelli stagionali) e dall’altro rappresenta una delle forme di ingresso per una stabilizzazione lavorativa. IL QUESITO: «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183», comma 1, limitatamente alle parole «non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque», alle parole «in presenza di almeno una delle seguenti condizioni», alle parole «in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;» e alle parole «b bis)»; comma 1 -bis , limitatamente alle parole «di durata superiore a dodici mesi» e alle parole «dalla data di superamento del termine di dodici mesi»; comma 4, limitatamente alle parole «,in caso di rinnovo,» e alle parole «solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi»; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole «liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente»?».

Secondo quesito

Il secondo quesito dei quattro referendum sul lavoro promossi dalla Cgil incide sui licenziamenti illegittimi delle piccole imprese. In particolare, riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle imprese con meno di 16 dipendenti: qui in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto di lavoro. Secondo i proponenti, il bacino di lavoratori sottoposti alla norma è di circa 3 milioni e 700mila dipendenti. L’obiettivo del referendum abrogativo — sostiene la Cgil che lo ha proposto — è quello di ‘innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite’. Tra gli argomenti dei proponenti anche la cancellazione di una differenziazione tra lavoratore di piccole imprese e lavoratore di aziende più grandi. Per chi contrasta il quesito la cancellazione del tetto dei sei mesi agli indennizzi delle piccole imprese rischierebbe per loro di rendere imbrigliato il mercato del lavoro: non ci sarebbe infatti una soglia di rischio per l’indennizzo da pagare in caso di licenziamento. Come nel primo quesito il dilemma è nel punto di equilibrio che va ricercato tra flessibilità delle imprese e tutela dei diritti di chi lavora. IL QUESITO: «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante «Norme sui licenziamenti individuali», come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: «compreso tra un», alle parole «ed un massimo di 6» e alle parole «La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro»?». 

Primo quesito

Il primo dei quattro referendum sul lavoro, promossi dalla Cgil, chiede la cancellazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti introdotto nel 2015 con il Jobs act del governo Renzi, applicata a chi è stato assunto dal 7 marzo 2015 in poi in imprese con oltre 15 dipendenti. Si tratta della nuova tipologia di contratto che fissa diverse soglie di indennizzo economico, con l’aumentare dell’anzianità di servizio — le tutele crescenti — passando da un minimo di 6 mesi fino ad un massimo di 36 mesi. La norma attuale, invece, ha tolto, per la genericità dei casi e anche per alcuni licenziamenti illegittimi, il reintegro. La possibilità che il giudice preveda il rientro al lavoro è comunque rimasta anche oggi nei casi di licenziamento discriminatorio (ad esempio per ragioni legate a opinioni politiche, religiose o disposto durante la maternità o intimato in forma orale) e in specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato. Lo snodo su chi gli italiani sono chiamati a decidere è tra la necessaria flessibilità che un’azienda deve avere per promuovere sviluppo e lavoro e la tutela che invece va garantita al lavoratore per dargli certezze sul proprio futuro, un modo anche questo di sostenere famiglie ed economia. L’equilibrio tra queste due esigenze economiche è quello al centro di questo primo quesito. La Cgil, che è tra i promotori, calcola che gli occupati assunti dopo il 7 marzo 2015 — che quindi sono automaticamente inseriti nel contratto a tutele crescenti — sono oltre 3 milioni e 500mila e aumenteranno nei prossimi anni. E sostiene che sono «penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto». I contrari invece ritengono che cancellando le norme previste dal Jobs Act si torni al passato, irrigidendo il mercato del lavoro. Anche sugli effetti concreti c’è un dibattito. Se è vero che rientra la possibilità di reintegro,sugli indennizzi è aperto un confronto: per la Cgil la soglia minima dovrebbe essere di un anno rispetto ai sei mesi attuali, mentre la Cisl ritiene che il tetto degli indennizzi dovrebbe essere di 24 mesi contro i 36 attuali. IL QUESITO: «Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante «Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183» nella sua interezza?».

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