14.05.2025
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Politics

Referendum, La Russa fa dietrofront: «Io voterò». Schlein attacca Meloni: «Cosa dice?»


I Cinquestelle lanciano la campagna social: «Non fate come La Russa», con tanto di hashtag #iovoto. Il Pd, invece, chiama in causa Giorgia Meloni: «Che ne pensa la premier dell’invito della seconda carica dello Stato a disertare le urne?». Non si placa la polemica sulle parole del presidente del Senato. Che a quattro settimane esatte dai cinque referendum abrogativi su lavoro, cittadinanza e appalti in calendario per l’8 e il 9 giugno, due giorni fa dal palco di un evento di Fratelli d’Italia a Firenze aveva lanciato un appello pro-astensione: «Farò propaganda affinché la gente se ne stia a casa», le parole del colonnello meloniano, subito finite nel mirino delle opposizioni.

CORREZIONE DI ROTTA

Tanto che ieri La Russa si è visto costretto a una parziale retromarcia, affidata al suo portavoce. «Premesso che ieri il presidente ha confermato di essere personalmente orientato a volersi recare a votare – suona la correzione di rotta – si sottolinea che lo stesso abbia altresì voluto ribadire, con una frase comiziale, il diritto degli elettori di poter lecitamente anche scegliere di astenersi dal voto: una possibilità che è ancora più evidente negli appuntamenti referendari dove è previsto un quorum per la validità». Insomma: il co-fondatore di FdI si trovava a un evento di partito, è la difesa di La Russa. E visto che sui referendum abrogativi il non voto può rappresentare l’espressione di una scelta tanto quanto il voto (se alle urne non va almeno il 50% +1 degli aventi diritto, la consultazione è nulla), e la linea dei meloniani è proprio quella di non andare a votare, l’appello di La Russa era «non solo lecito, ma quasi doveroso», visto che i vertici dei due rami del Parlamento possono continuare a partecipare alle attività di partito. Anche se poi, viene sottolineato, «in concreto, nell’agenda del presidente non è previsto alcun appuntamento o attività di propaganda referendaria».

Una precisazione che però non basta a placare gli animi. Schlein parla di parole «indegne», che «tradiscono la Costituzione» per la quale il voto è un dovere civico. «Ma questa destra non ha a cuore né la partecipazione né il diritto al lavoro degli italiani», va giù duro la segretaria del Pd.

Che ha schierato i dem sulla linea della Cgil ossia di 5 sì, nonostante i dubbi della minoranza riformista divisa sul da farsi (ai quesiti sul Jobs act, legge promossa proprio dal Pd ai tempi di Renzi premier, alcuni diranno no, o non ritireranno le schede). Anche Giuseppe Conte parla di «esternazioni horror» di La Russa. E con una strizzata d’occhio a sinistra, annuncia: al quesito sulla cittadinanza – per dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza per diventare legalmente italiani dopo il compimento dei 18 anni – «voterò sì». Nonostante su questo punto il leader pentastellato abbia deciso di non schierare il Movimento, lasciando libertà di voto: questione troppo divisiva. Intanto da +Europa Riccardo Magi vede l’obiettivo a portata di mano: «Secondo i sondaggi, la propensione al voto oscilla già tra il 32 e il 38% senza che vi sia stato un solo minuto di dibattito sul tema nei principali canali televisivi». Motivo per cui chiama le opposizioni alla battaglia: «Serve una mobilitazione straordinaria».

LE POSIZIONI DEI PARTITI

Un fuoco di fila, quello contro La Russa, che non piace a FdI. Che accusa la sinistra di «doppiopesismo»: «Quando a professare il diritto all’astensione era l’ex presidente della Repubblica Napolitano, nel 2016, allora il Pd plaudeva tutto felice», sferza il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami. Per i meloniani il referendum è una questione tutta interna alla sinistra. Motivo per cui FdI, al pari di Lega e Forza Italia, punta sull’astensione. Diversa la posizione di Italia viva. I renziani voteranno sì alla cittadinanza, no ai due quesiti per l’abrogazione di norme del Jobs act (il tetto all’indennità nei licenziamenti nelle imprese con meno di 16 dipendenti e l’addio alla casuale per i contratti a termine fino a 12 mesi). Mentre lasceranno libertà di voto sugli altri due punti: la responsabilità solidale delle aziende negli appalti (i promotori chiedono che venga abrogata la norma che in caso di infortunio sul lavoro limita la responsabilità all’azienda appaltatrice ed esclude quella appaltante) e sulla rimozione del tetto all’indennizzo nelle piccole imprese. Azione, infine, dice sì al solo quesito sulla cittadinanza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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