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realizzato in una miniera attiva


Una galleria immensa, semibuia, che incrocia altri tunnel della stessa dimensione.

Un silenzio irreale, rotto soltanto dal rumore di una macchina che lavora lentamente, ma incessantemente, come fosse il mostro sonnacchioso che protegge questo antro nel ventre di una montagna. Non è l’ambientazione di un poema epico, semmai l’esatto contrario: il luogo che racchiuderà l’essenza stessa della società del futuro. Ci troviamo nella miniera San Romedio, a Predaia, nel cuore della Val di Non. Qui, a una quarantina di chilometri da Trento, al di sotto dei meleti più famosi d’Italia, con una serie di micro-esplosioni controllate, l’azienda Tassullo estrae la dolomia, una roccia utilizzata nell’industria edile. E sempre qui, in questa rete di tunnel che si estende per 15 chilometri, sorgerà Intacture, il primo data center in Europa realizzato all’interno di una miniera attiva.

IL PROGETTO

I dati, lo sentiamo spesso ripetere, sono il petrolio della società digitale. Non si estraggono dal sottosuolo, ma il sottosuolo può essere il luogo ideale dove conservarli. Qui infatti 90 mila metri cubi di argilla e dolomia proteggono uno spazio perfettamente asciutto, con una temperatura costante che va dai 6 ai 12 gradi, al riparo da terremoti, agenti atmosferici, e incidenti aerei. Lo hanno spiegato bene i membri del cda di Trentino DataMine, che lo scorso primo ottobre hanno svelato ufficialmente il progetto, nato e cresciuto grazie ai fondi del Pnrr . Un lavoro colossale, che costerà 50,2 milioni di euro (di cui 18,4 milioni dai fondi statali e 31,8 milioni derivanti da risorse private) e che trasformerà una parte della miniera di Tassullo, circa 25 mila metri quadrati che arrivano fino a 100 metri di profondità, in un centro all’avanguardia in grado di ospitare diverse centinaia di rack, ovvero gli “armadi” che contengono i server. E la corsa contro il tempo è già iniziata: la conclusione della prima fase dei lavori dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2025, quindi nel 2026 il datacenter dovrebbe entrare in funzione. «È un esempio virtuoso di partenariato pubblico-privato che vuole diventare un punto di riferimento europeo in ricerca e sviluppo», ha osservato il rettore dell’Università di Trento, Flavio Deflorian. Proprio sotto la guida scientifica dell’ateneo si sono unite una serie di aziende private locali che hanno dato vita alla Trentino DataMine srl: l’impresa edile Covi Costruzioni, l’acceleratore di tecnologia e business Dedagroup (Deda), il Gruppo Gpi specializzato in digitalizzazione in ambito sanitario e Isa-Istituto Atesino di Sviluppo. «Un data center è un luogo in cui si ospitano sistemi, computer e dati. Il nostro si baserà su tre elementi: sicurezza, consumi ridotti e innovazione sostenibile», ha spiegato Roberto Loro di Dedagroup, consigliere di amministrazione di Tdm, «Quasi la totalità dei data center nel mondo sono realizzati in capannoni, e spesso non si pensa alla sicurezza. Qui siamo protetti dalla montagna, per raffreddare i sistemi risparmieremo il 30-40% di energia grazie all’utilizzo dell’aria fresca, con un consumo quasi nullo di acqua».

Un altro aspetto importante è l’occupazione di suolo: realizzare in superficie un data center vuol dire estendersi su uno spazio enorme, tanto che in alcuni casi, come in Scandinavia, addirittura si sceglie di disboscare. «Qui all’esterno occuperemo meno di due mila metri quadrati, rispettando l’ambiente circostante», specifica Loro. Una parte importante di Intacture si svilupperà infatti anche in superficie: l’idea è di realizzare una sorta di campus sovrastante la miniera, un vero e proprio polo di innovazione.

IL “FORNELLO”

L’ingresso della struttura, il cosiddetto “fornello”, è già stato scavato: profondo 40 metri, permetterà di realizzare scale, ascensori e di far passare i cavi e le condutture necessarie ad alimentare e climatizzare il datacenter. Il calore prodotto dai server infatti rende necessaria comunque la costruzione di un impianto di condizionamento, che i membri del cda di Tdm assicurano sarà alimentato con energie rinnovabili (anche se ancora non è chiaro quali nello specifico). «Sarà un data center di medie dimensioni, un cosiddetto “edge data center”, che realizzerà e gestirà dati e servizi orientati alla prossimità come telemedicina, gestione del traffico, manifattura di nuova generazione», spiega Loro. Non bisogna pensare all’IA generativa come ChatGpt: in Italia e in Europa non esistono strutture che abbiano la capacità di gestire una mole di dati così importante, e soprattutto nel nostro continente non ci sono realtà come Google, Amazon o Meta in grado di raccogliere così tante informazioni. Intacture servirà soprattutto aziende di medie e grandi dimensioni italiane, tedesche e austriache, ma anche enti e infrastrutture pubbliche, che potranno avere un luogo sicuro in cui tenere i propri dati. «L’idea», sottolinea Dennis Bonn di Isa, consigliere di amministrazione di Tdm, «è di offrire ai clienti, con alcuni dei quali già abbiamo contatti, prezzi in linea con quelli dei grandi player».

Camminando in questi spazi giganteschi, dove le volte delle gallerie vanno dagli 8 ai 12 metri di altezza e sono puntellate da chiodi lunghi 5 metri che tengono ferme le placche di dolomia e argilla sovrastanti, si perde facilmente il senso del tempo e dello spazio (la rete cellulare, naturalmente, qui non arriva), oltre a quello dell’orientamento. Non è semplice immaginare, in questo cantiere in cui la polvere argillosa e bianchissima macchia le suole delle scarpe e in cui si può entrare solo armati di caschetto, di poter vedere delle stanze asettiche e ultra tecnologiche come quelle che una 70ina di persone in tutto (tra operai e tecnici) dovranno costruire nel prossimi mesi.

Ma Roberto Covi di Covi Costruzioni (consigliere di amministrazione di Tdm), che della miniera di Tassullo conosce ogni anfratto, è pronto a dimostrare il contrario. Arrivato davanti a un’enorme porta isolante, digita un codice su un tastierino numerico. La porta si spalanca, rivelando un tesoro incredibile: una fila interminabile di cassette, alte fino al soffitto, che contengono 2,5 milioni di bottiglie di vino Trento Doc. «Quando scaviamo per estrarre la dolomia, lo facciamo già con l’idea di riutilizzare gli spazi che andiamo a creare. È qualcosa reso possibile dall’autonomia della provincia di Trento», racconta, «e i clienti del nostro territorio che scelgono di affittare questi spazi hanno un grande risparmio in termini energetici». È come trovarsi in un’enorme cantina, asciutta e fresca tutto l’anno. La polvere non c’è, visto che sulle pareti è stato spruzzato lo spritz beton, del calcestruzzo che evita il deterioramento della roccia pur mantenendone l’aspetto originario. Tanto che, oltre a 1.500 forme di Trentingrana, queste celle ipogee ospitano il prodotto locale per eccellenza della Val di Non, le mele Melinda. «Qui sotto ne vengono conservate già 40 mila tonnellate, ma si arriverà presto a 65 mila. Si mantengono anche per un anno», dice Covi, mentre i fari di tre tir Melinda illuminano le lunghe gallerie della miniera a poca distanza da noi. C’è chi azzarda che, in futuro, queste caverne artificiali potranno ospitare anche concerti ed eventi culturali. Quando, seguendo i cartelli stradali che permettono di orientarsi nel dedalo dei tunnel, riemergiamo dal mondo sotterraneo, le splendide montagne del Trentino sono lì ad attenderci. E dopo esserci entrati dentro, ora incutono più rispetto di prima.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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