16.05.2025
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«Quella squadra meritava un racconto collettivo»


Un documentario sulla Generazione dei Fenomeni, la miglior squadra di pallavolo del XX secolo. Guidata dall’argentino Julio Velasco, la nazionale italiana maschile negli anni ’90 è stata la formazione più forte di sempre. “Generazione di fenomeni” è un documentario sportivo, un racconto corale ricco di repertori inediti, alcuni girati dagli stessi giocatori durante le trasferte.

Una storia collettiva sull’unione e l’amicizia – non sempre semplice – di un gruppo di straordinari sportivi uniti da un fuoriclasse seduto in panchina. L’opera, che andrà in onda martedì 23 luglio 2024 in prima serata su Rai2, racconta la storia della nazionale che ha vinto tre volte consecutivamente il Mondiale (1990, 1994, 1998), e che nel 2001 è stata nominata la “Squadra di Pallavolo più forte del XX secolo”. Il documentario, scritto da Paolo Borraccetti e Filippo Nicosia e prodotto da Dinamo in collaborazione con Rai Documentari con il Patrocinio di CONI e FIPAV, nasce da un’idea di Andrea Zorzi, uno dei fenomeni di quella squadra leggendaria.

L’intervista ad Andrea Zorzi 

“Zorro”, come mai la scelta di questo documentario?

«Molte volte ho avuto occasione di tornare indietro con lo sguardo da ex atleta, e questo è sempre stato un argomento che ho toccato volentieri.

Con i miei ex compagni ci siamo detti che sarebbe bello avere un racconto organico di quanto avvenuto in quei 10 anni. Sono già passati più di trent’anni».

Che racconto ne è scaturito?

«Per tutti noi c’era la voglia di raccontare una storia che fosse collettiva. Nel racconto degli sport di squadra, si finisce spesso nel raccontare solo alcuni partecipanti. E quindi al giorno d’oggi si parla di Mbappé, Bellingham, ecc. C’è una tendenza a individualizzare. Ma quella Generazione, che ha vinto così tanto e così a lungo, era composta da tanti partecipanti, per questo meritava un racconto collettivo».

Quanto è durato il lavoro di preparazione?

«L’obiettivo, poi raggiunto, era di finirlo in 3 mesi. Abbiamo dovuto correre… Sì, perché bisognava intervistare più atleti possibili, sentire più voci, senza fare affondi sulle singole personalità. Ne è uscito un bel racconto, con persone ancora nella pallavolo, persone risolte, che guardano con piacere, con un po’ di nostalgia, al passato. Ne emerge un racconto di una squadra coesa, fatta di posizioni diverse, carattere diversi, ma senza che questo sfociasse nel conflitto o andasse a minare il rapporto reciproco».

Non sarà stato semplice ritrovare certe immagini di tanti anni fa.

«Sono immagini preistoriche, le immagini degli anni 90 sono come in bianco e nero, essendo sgranate. Sembra veramente un mondo lontano. D’altronde trent’anni non sono pochi».

La Generazioni dei Fenomeni ha segnato un’epoca.

«Nel documentario raccontiamo cronologicamente una lunga storia, fatta di vittorie, sconfitte, partenze, cambi allenatori: è una storia onesta, che racconta quanto avvenuto a quei tempi».

C’è un ricordo particolare che le è rimasto impresso?

«In dieci anni sono accadute mille cose. Noi ormai siamo dei sessantenni che raccontano storie di ragazzi giovani, le nostre storie. Penso sia importante per noi atleti adulti ricordare che il tempo passa. È una cosa bella, abbiamo fatto cose di cui essere fieri».

Si è emozionato?

«Mi sono emozionato molto nel vedere certe immagini, siamo tutti parte in causa, anche vedere le interviste degli altri ragazzi. Da atleta cercavo sempre di essere lucido, provavo ad applicare un compressore emotivo, senza lasciarmi andare a esaltazione e depressione. Certo nel preparare il documentario c’è stata una grande partecipazione da parte mia. L’ho guardato come atleta ed ex atleta. Abbiamo trovato un bel mix con un linguaggio non troppo frammentato e adatto per raccontare una storia vecchia, con facce diverse, stili diversi, e che convergono».

Quindi nessuno di voi spicca sull’altro?

«C’è una tendenza negli sport di squadra a focalizzarsi sui singoli giocatori. È come se nella squadra ci fosse una deriva individualista, che è legata alla comunicazione che ha bisogno della singola faccia, ma non racconta tutte le sfaccettature e semplifica. Abbiamo fatto in modo che questo fosse un racconto di tutte le persone. Come dice Pasquale Gravina: “Siamo tutti necessari, nessuno indispensabile».

Molti dei campioni di quella squadra sono attualmente allenatori.

«Sì, molti di noi hanno un ruolo attivo, Bernardi, Giani, Fefè, lo stesso Velasco: questa cosa è sorprendente, bella. Tutti loro sono ancora alla ricerca dell’oro, ed è bello per me, da osservatore esterno, come giornalista, raccontarlo. E adesso in squadra ci sono anche dei figli, come Alessandro Bovolenta, il figlio di Vigor».

Com’è cambiata la pallavolo dagli anni ’90?

«E’ cambiata come cambiano tutti gli sport. È cambiata tecnicamente e fisicamente, fa parte del progresso dello sport. E’ una pallavolo bellissima, sia maschile che femminile. Entrambe le nostre squadre partono per i Giochi Olimpici di Parigi con la possibilità di vincere entrambe l’oro. L’Olimpiade è un torneo diverso da tutti gli altri, può provocare tanto nervosismo. Ho visto le amichevoli dell’Italia e sono due squadre forti, complete, sono giovani ma esperti. Sanno giocare una bella pallavolo, confermo che è giusto ambire a due medaglie».

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