Non è ancora finita. Assolto in prima istanza, ma non prosciolto, Jannik Sinner non può ancora considerare chiusa la vicenda doping nella quale è stato coinvolto dopo due test positivi al torneo di Indian Wells del 10 e 18 marzo.
Malgrado il Clostebol che gli è stato riscontrato si trovasse in quantità infinitesimali nel suo corpo, malgrado l’autoaccusa di contaminazione da parte del preparatore atletico Umberto Ferrara (che ha fornito lo spray vietato, il Trofodermin) e del fisioterapista Giacomo Naldi (che l’ha trasmesso al primo italiano numero 1 del mondo del tennis, massaggiandolo, attraverso una piccola ferita che si era procurato), malgrado la validazione della tesi da parte di tre super-esperti e malgrado la massima cooperazione del 23enne altoatesino e del suo staff, la WADA, l’agenzia anti-doping mondiale, «considera la valutazione ancora in corso».
Doping Sinner, cosa sta accadendo? La Wada acquisisce i documenti e ha 21 giorni per fare ricorso: perché il rischio squalifica non è tramontato
E potrebbe chiedere una sanzione da 4 a 6 mesi, che per Jannik significherebbe la perdita dei risultati, dei punti in classifica e dei premi nei tornei disputatati dal 10 marzo, data della prima positività. Gli verrebbero cancellati i tornei vinti a Miami, Halle, Cincinnati e il secondo titolo Slam di domenica a New York (dopo quello del 28 gennaio a Melbourne). E verrebbe clamorosamente declassato dal primo posto del ranking che domina con 11.180 punti, 4.105 più del secondo, Zverev (7075), con Alcaraz a 6.690, Djokovic a 5.560 e Medvedev a 5.475.
SUPPLEMENTO
In base a un comma dell’articolo 13.2 del Codice Antidoping per la presentazione dell’appello al TAS (il Tribunale arbitrale internazionale dello sport) contro la decisione di primo grado di ITIA (l’agenzia indipendente che giudica i casi di doping nel tennis), la WADA si tiene ancora aperta la finestra dei 21 giorni dal momento della ricezione del materiale aggiuntivo che sarebbe avvenuta solo la settimana scorsa. A dispetto delle quasi 50 pagine dettagliate della sentenza del tribunale indipendente, Sport Resolutions, la massima autorità in materia doping ha chiesto approfondimenti specifici. Evidentemente vuole verificare ulteriormente le analisi che hanno dato tracce di Clostebol, dopo che la sostanza proibita è stata metabolizzata nell’organismo ma non è stata ancora completamente espulsa. E la piccola quantità registrata non è considerata un’attenuante decisiva. Anche se i legali di Sinner sono riusciti ad appellarsi con successo contro la sospensione provvisoria che scatta in queste situazioni. Scatenando reazioni perplesse sulla prassi a big come Djokovic e Federer.
DIRITTI
Sia la WADA (mondiale) che la NADO (italiana) potevano, come agenzie antidoping, non ritenersi soddisfatti delle risultanze di primo grado e presentare ricorso entro 21 giorni non dal giorno della sentenza ma da quando l’ente nazionale non ha chiesto altre indagini mentre l’organismo massimo in materia s’è preso altro tempo, dopo aver acquisito nuovo elementi. Anche se i tre esperti che hanno firmato le analisi presenti nel dispositivo di assoluzione del Tribunale indipendente, Jean-François Naud, direttore del laboratorio di Montreal, Xavier de la Torre, responsabile di quello di Roma e David Cowan, già direttore di quello di Londra, che hanno validato la tesi della contaminazione all’insaputa dell’atleta, sono esperti riconosciuti da WADA. Come chiarisce ITIA: «In occasione di ogni udienza ci sono documenti aggiuntivi, come osservazioni, relazioni scientifiche e altre informazioni che vengono prese in considerazione dal panel. Questo è ciò che la Wada richiede per considerare la propria posizione. Non è che non siano soddisfatti della decisione, è che richiedono tutte le informazioni». Di certo Jannik non può ancora dormire sonni tranquilli.
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