11.11.2025
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Economy

«Pronti al veto». Cosa è e come funziona la direttiva europea


Sono giorni che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti lo va ripetendo in una sorta di crescendo. Sulla direttiva per la tassazione dei prodotti energetici che sarà discussa da giovedì prossimo all’Ecofin «l’Italia farà la guerra». E sarebbe pronta anche a porre il veto. Chi ha parlato con Giorgetti nelle ultime ore riporta che per il ministro firmare questa direttiva equivarrebbe per l’Italia a «un suicidio assistito». La Dte, questo è l’acronimo della proposta legislativa della Commissione, è una di quelle radici piantate in un’altra epoca e che oggi rischiano di far maturare frutti tossici. Il principio di fondo è quello alla base di tutto l’impianto green disegnato dall’Europa della prima presidenza di Ursula von der Leyen, quella dell’intransigenza verde dell’allora commissario al clima Frans Timmermans. Vale a dire «chi inquina paga». E a pagare, secondo la proposta di direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, devono essere tutti coloro che utilizzano fonti fossili. Vale a dire più tasse su gas, carbone e petrolio. Il punto, per nulla secondario, è che quest’idea era nata nel 2021 (è da allora che la proposta di direttiva è sul tavolo), prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, prima della chiusura dei gasdotti di Mosca (uno, il North Stream, fatto persino saltare in aria) e prima che l’italiana Eni si facesse in quattro per reperire la molecola ovunque fosse possibile in giro per il globo per contenere i prezzi non solo per l’Italia ma per tutto il Vecchio continente. E nonostante questo, oggi il gas è scambiato sul mercato olandese del Ttf, ancora sopra i 30 euro, il doppio di prima dell’invasione.

I PASSAGGI

Lo sanno bene i consumatori, che pagano bollette più salate, lo sanno bene i governi, come quello italiano, che hanno dovuto stanziare miliardi per aiutare le famiglie a fronteggiare il caro bollette, e lo sanno bene le imprese, soprattutto quelle energivore che rischiano di restare spiazzate. Ed è proprio a loro che Giorgetti probabilmente pensava qualche giorno fa, quando rispondendo alla Camera alle domande sulla manovra di Bilancio, ha detto che all’Ecofin ci sarà «una discussione grossa sulla direttiva sulla tassazione dell’energia», una direttiva «che è nata nel 2021, in un mondo molto diverso da oggi», e l impostazione del provvedimento «ucciderebbe radicalmente l’industria italiana perché aumenta la tassazione sul gas naturale, che è la principale fonte con cui lavoriamo». Che l’Italia cammini soprattutto a metano non è un mistero. Ma gli impatti della direttiva, almeno nella sua forma originaria, in attesa di conoscere nei dettagli i “compromessi” proposti dalla presidenza di turno danese, si farebbero sentire anche sulle famiglie. In Italia, a differenza di alcuni Paesi del Nord Europa, il riscaldamento e l’acqua calda nelle abitazioni sono prodotti soprattutto con il gas. Aumentare le accise comporterebbe un aumento dei costi in bolletta.

Sarà forse anche per questo che a Bruxelles il vento che inizia a spirare sulla direttiva appare sempre più contrario. «La riforma della direttiva europea sulla tassazione dell’energia è ancora lontana da un’intesa tra i Paesi e la strada è in salita», hanno fatto sapere fonti della Commissione all’Ansa.Tra i Ventisette, viene sottolineato, restano «linee rosse contrastanti» su diversi punti, nonostante alcuni progressi nei colloqui bilaterali. «Il lavoro procede, ma il percorso è in salita, come per molti temi legati alla transizione verde», hanno spiegato le stesse fonti. La presidenza danese punta a chiudere il dossier entro fine anno. L’obiettivo è aggiornare un quadro normativo ormai datato, allineando le accise energetiche agli obiettivi climatici europei.

LE CONSEGUENZE

Si torna insomma, al punto di partenza: più tasse per chi danneggia l’ambiente. Ma aumentare i costi del sistema produttivo ha delle conseguenze. Le ha ricordate ieri il presidente dei Confindustria Emanuele orsini durante l’assemblea di Federacciai.«Il vero pericolo per l’industria europea oggi», ha detto il numero uno degli industriali, «arriva dalla Cina, che sta spingendo su gas e fonti fossili per mantenere la competitività». E questo mentre invece «l’Europa continua a introdurre vincoli sempre più rigidi, perdendo competitività e spingendo verso la deindustrializzazione», ha spiegato Orsini. I numeri sono abbastanza chiari. «Da gennaio a settembre», ha sottolineato il presidente di Confindustria, «le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono diminuite del 14 per cento, ma verso l’Europa sono aumentate del 9 per cento. È chiaro che l’Europa sta diventando il loro principale sbocco commerciale». In un quadro del genere insomma, tassare di più le fonti fossili consumate in Europa appare un altro passo verso il burrone. Ma trattandosi di una questione fiscale, sarà necessario il voto unanime di tutti i Paesi. I margini per fermare la nuova euro-stangata insomma ci sono.


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