La Rai sta diventando il maggior rompicapo del centrodestra. O Meloni, Salvini e Tajani trovano nelle prossime ore un accordo sulla nuova governance della tivvù e lo siglano nell’incontro che avranno venerdì o lunedì («Parleremo di Rai e di tutto il resto», conferma il leader forzista) oppure il dossier Rai resterà aperto chissà fino a quando — ottobre? — e renderà ancora più incandescente un’estate già caldissima. Riusciranno i nostri eroi a disegnare un patto di governo intorno al cavallo di Viale Mazzini, in modo da consentire alle Camere di votare subito i 4 componenti del Cda (altri due spettano di nomina al Mef) e poi far passare con i due terzi dei voti in Vigilanza il presidente prima che chiuda il Parlamento il 10 agosto? Vuole andare spedita Meloni — accordo, capigruppo per calendarizzare la prossima settimana il voto in aula e poi in Vigilanza — se non fosse che la linea leghista è «non firmiamo cambiali in bianco», Salvini frena e Forza Italia teme che venga fatto un lavoro a metà. Ossia subito il Cda e dopo l’estate il presidente il che significherebbe lasciare per mesi sulla graticola Simona Agnes che è la predestinata, nome di prestigio che piace a tutti e non solo agli azzurri ma che necessita anche di voti esterni alla maggioranza.
E dunque, nel giorno in cui s’è riunito il Cda di Viale Mazzini, in proroga da fine maggio, per formalizzare le dimissioni della presidente dell’azienda, Meloni dalla Cina avverte: «Sulle nomine bisognerà procedere anche perché si è dimessa anche Marinella Soldi, e quindi è sicuramente una cosa di cui dobbiamo occuparci nelle prossime settimane. Sulla governance sono assolutamente laica. Non è una riforma che ho fatto io (ndr: l’ha fatta Renzi), non l’ho neanche particolarmente difesa, quindi se quelli che l’hanno scritta oggi dicono che è pessima, possiamo parlarne». E anche Salvini sembra disposto ad aprire la discussione: «Quello della Rai non è il primo dossier che ho sul tavolo, tra siccità, treni, porti, aeroporti e ponti. Sono però “laico” anch’io, come la Meloni». Intanto però le nomine vanno fatte e Meloni è la prima a sapere che questo stallo prolungato, e il continuo rinvio della naturale promozione di Giampaolo Rossi da dg a ad, produce un danno aziendale evidente. Però Salvini non vuole lasciare campo libero a Meloni e al suo ad e vuole un dg di compensazione vicino alla Lega.
Rai, il Cda prende atto delle dimissioni della presidente Soldi. Ora resta il rebus delle nomine
Insomma il dossier è caldissimo. Meloni si è anche espressa sulle ipotesi giornalistiche di privatizzazione della Rai: «Non so da dove siano uscite queste indiscrezioni, non ho su questo niente da dire». Quanto alla cosiddetta TeleMeloni: «Non ne ho bisogno, non m’interessa e non la voglio». Ma riecco il nocciolo della questione: si fa subito o no il cambio di governance? C’è chi la fa facile, secondo questo ragionamento: basta dare a Salvini un dg di suo gradimento (i nomi sono due: Cunsolo e Fattaccio, attualmente alti e stimati dirigenti) e spostare l’ad Roberto Sergio alla guida di RaiPubblicità, e il problema politico è risolto. Se non fosse che il probabile ad Rossi preferirebbe non avere un dg. E se non fosse che si deve incassare l’elezione di Agnes ma al momento i tre voti aggiuntivi da parte dell’opposizione non ci sono.
Il Pd aspetta di entrare in partita. E dice Stefano Graziano, uomo forte dei dem in Vigilanza: «Lo scontro nel centrodestra sulle poltrone sta molto danneggiando la Rai. Non si rendono conto che c’è il Freedom Act della Ue in cui si bacchetta l’Italia sulla libertà d’informazione e la risposta della Meloni è andare contromano in autostrada. L’azienda è allo sbando, sommersa da debiti e calo di share e di pubblicità. Il conto di questi giochi di potere il centrodestra lo fa pagare ai dipendenti e ai cittadini che versano il canone». La strategia dell’opposizione segue due linee: fate subito il nuovo vertice seguendo lo spirito del Freedom Acrt, ossia con una commissione pluripartisan che seleziona i nomi, oppure proponeteci una rosa di possibili presidenti di garanzia di alto profilo e insieme scegliamo il migliore.
IL DIALOGO
La cosa gustosa è che la Lega — ecco spiegate le parole di Salvini che non ha fretta — si sta convincendo a praticare la seconda di queste due strade. Quella del dialogo con Pd e M5S. Ieri era evidente a Montecitorio, osservando i vari conciliaboli, la tessitura in corso tra dem, stellati e leghisti. Ricercatissimo dai colleghi dell’opposizione — con queste parole: «TeleMeloni non conviene neppure a voi» — Alessandro Morelli, plenipotenziario salviniano sulle questioni Rai. In queste trame e contro-trame, nel tempo che si vuole dilatare il più possibile per non far vincere FdI, rischia intanto di indebolirsi l’ad in pectore Rossi. Ciò non dovrebbe convenire a nessuno, ma la Rai è la Rai.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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