18.06.2025
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Politics

presidenza a maggioranza semplice. Il ddl dei meloniani


ROMA Un membro del Consiglio di amministrazione Rai designato dal Cnel. C’è anche questa tra le novità inserite nel disegno di legge per la riforma della Rai, targato Fratelli d’Italia, a prima firma del capogruppo meloniano Lucio Malan. Una proposta composta da sei articoli – che Il Messaggero ha potuto visionare – e che riscrive molte parti del decreto 208 del 2021, meglio noto come Testo unico dei servizi di media audiovisivi. Inclusa quella che ha a che vedere con la composizione del Cda di Viale Mazzini.

LA NORMA

I membri, in totale, resteranno sette, in continuità con la normativa vigente, ma differiranno le modalità per la loro individuazione. Per i quattro componenti scelti da Camera e Senato ci sarà lo scrutinio segreto, al posto di quello palese. Quanto al rappresentante designato dai lavoratori, si specifica che dovrà essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo determinato. Resta la previsione di un solo membro di nomina governativa che il Mef proporrà, d’intesa, però, con il ministero delle Imprese e made in Italy. E il settimo posto? Spetterà, al presidente del Cnel avanzarlo, in autonomia, pescando tra gli esperti del Consiglio, nominati dal presidente della Repubblica — su proposta del presidente del Consiglio — in qualità di esponenti della cultura economica, sociale e giuridica.

PUNTI DI CONTATTO

Un assetto più composito che, in un certo senso, differisce dall’ultimo disegno di legge sul tema depositato da Forza Italia (a firma di Maurizio Gasparri e Roberto Rosso), che demandava completamente al Parlamento il compito di individuare tutti i membri del Cda Rai. I punti di contatto, però, a ben guardare non mancano. Anche Fratelli d’Italia, come gli azzurri, punta su un consiglio di amministrazione che duri due anni in più (cinque e non tre) e su un presidente che venga eletto a maggioranza semplice — e non più dei due terzi — dei componenti della commissione Vigilanza Rai. Un ritocco per evitare in futuro, un’impasse simile a quello di oggi, con le opposizioni indisponibili a convergere sul nome di Simona Agnes e la maggioranza che, in risposta, diserta tutte le sedute. Nessuna proposta di modifica nel ddl dei meloniani, alla parte relativa al canone su cui il partito di Antonio Tajani chiede che la riduzione dell’ammontare non possa superare quota 5% (di contro alla Lega che, in varie occasioni, ha proposto di tagliarlo). Quanto all’amministratore delegato — il cui meccanismo di indicazione sembrerebbe restare inalterato — viene specificato che i poteri attribuiti gli competeranno «per tutta la durata in carica da consigliere e non sono revocabili se non per giusta causa».

I REQUISITI

Nel testo vergato da via della Scrofa entrano anche nuovi requisiti “di partenza” per la nomina dei membri del Cda. Si elimina la previsione del possesso dei requisiti per la «nomina a giudice costituzionale», aprendo la strada a magistrati anche a riposo, professori ordinari in materie giuridiche e avvocati dopo venti anni di esercizio. Il metro di selezione dei papabili sarà, invece, lo stesso in uso per i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom): comprovata esperienza e competenza nel settore delle comunicazioni, oltre a requisiti di onorabilità e indipendenza. E poi la stretta sull’incandidabilità per chi, nei dodici mesi precedenti, sia stato membro di assemblee elettive, dall’Unione europea fino ai Comuni. Il testo introduce anche la definizione di «servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale» con «finalità informative» da effettuare su tutte le piattaforme «distributive». Specificando pure il connotato dell’«esclusività» della concessione del servizio pubblico, e prevedendo che questo debba garantire alla collettività «il diritto all’accesso di un’ampia e diversificata offerta di contenuti» favorendo «differenti sensibilità» e «orientamenti politici, culturali e sociali».

I PROSSIMI PASSI

Con il deposito del ddl di Malan arrivano a quota nove i testi per la riforma del sistema radiotelevisivo in esame nella commissione Lavori pubblici del Senato. Proposte che costituiranno il “punto di partenza” per il comitato ristretto, il gruppo di lavoro che sarà chiamato a trovare una quadra che soddisfi tutti (o quasi). Intanto si avvicina il termine per dare attuazione alle norme europee sul Media freedom Act. La scadenza — l’8 agosto — è un incentivo a fare presto, o almeno a iniziare a fare qualcosa.

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