11.05.2025
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Politics

Premierato, limite dei due mandati e stop ai senatori a vita: come funziona


IL FOCUS

ROMA La rivoluzione promessa dal premierato è già nel nome. La riforma che ieri ha incassato un primo via libera al Senato prevede anzitutto l’elezione diretta del premier.

L’ELEZIONE DIRETTA

A Palazzo Chigi non siederà più un presidente del Consiglio nominato dal Capo dello Stato alla luce delle elezioni, ma un premier scelto dai cittadini direttamente alle urne. Parte da qui il Ddl costituzionale che Giorgia Meloni ha ribattezzato «la madre di tutte le riforme. Il premier «è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni», recita l’articolo 5, il cuore del provvedimento, che a sua volta modifica l’articolo 92 della Costituzione. Nel giorno delle elezioni, se la riforma sarà approvata, gli italiani troveranno due schede nell’urna: una per scegliere il partito da votare in Parlamento, l’altra per votare il premier. Un altro punto dirimente riguarda il premio di maggioranza. Per la prima volta previsto all’interno della Costituzione come prerequisito per definire la nuova coalizione di governo. Il testo non specifica l’ammontare del premio, che sarà definito in una successiva riforma elettorale a cui spetta anche segnare il quorum minimo di voti per farlo attivare.

IL TETTO AI MANDATI

Una vita a Palazzo Chigi? Impossibile, d’ora in poi. Tra le novità della riforma c’è il limite ai mandati del premier eletto. Che non potrà restare in carica per più di due legislature consecutive. Il tetto ai mandati, assente nelle prime bozze del premierato, è stato infine inserito nel testo finale per bilanciare i poteri del capo del governo rispetto a quelli del Quirinale. Solo in un caso sarà previsto il terzo mandato e cioè se il periodo complessivo in cui il premier ha ricoperto l’incarico è inferiore a sette anni e sei mesi.

ADDIO SENATORI A VITA

Tra i poteri del Quirinale rivisti dalla riforma c’è la nomina dei senatori a vita. Una figura che non sarà più prevista con il nuovo assetto delineato nel premierato. Il testo abolisce i senatori a vita, oggi nominati direttamente dal Presidente della Repubblica nel numero massimo di cinque per ogni legislatura. Resterà in carica chi attualmente ricopre questo ruolo: Liliana Segre, Mario Monti, Carlo Rubbia, Renzo Piano, Elena Cattaneo. E si fregeranno del titolo i presidenti emeriti della Repubblica, a cui sarà riservato uno scranno al Senato.

I POTERI DEL QUIRINALE

Giorgia Meloni lo ha ripetuto più volte, incalzata dalle opposizioni: con la riforma non ci sarà nessuna “invasione di campo” nei poteri del Quirinale. Ma è indubbio che il premierato rivede diverse delle prerogative che oggi spettano al Colle, direttamente o indirettamente. Anzitutto il testo costituzionale modifica le regole per l’elezione del presidente della Repubblica. Scelto dalla maggioranza assoluta del Parlamento riunito non più dopo il terzo scrutinio, come è previsto oggi, ma dopo il sesto. Tra gli altri ritocchi, il potere di controfirma dei ministri per alcuni atti del Capo dello Stato. Non richiederanno più la controfirma del presidente atti come la nomina dei giudici costituzionali, la nomina del presidente del Consiglio dei ministri, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, la concessione della grazia e la commutazione delle pene. Cambia anche il semestre bianco, il periodo che precede il termine del settennato presidenziale. Ad oggi al Capo dello Stato, nei sei mesi finali, è precluso il potere di sciogliere le Camere. Ora questo divieto sarà attenuato: non troverà applicazione qualora lo scioglimento «costituisca atto dovuto». Rimane nelle mani dell’inquilino del Colle il potere di nominare i ministri, con una novità: potrà anche revocare loro l’incarico.

LA NORMA ANTI-RIBALTONE

Cosa succede se il premier cade? Il premierato targato Meloni prevede alcuni nuovi accorgimenti. Il premier eletto può chiedere la fiducia alle Camere per un massimo di due volte. Se anche al secondo voto non ottiene la maggioranza, si ritorna alle urne. La vera novità è nella cosiddetta “clausola anti-ribaltone”. Entro sette giorni dalla mancata fiducia, se il presidente del Consiglio non chiede di sciogliere le Camere, o in caso di impedimento personale, il presidente della Repubblica può affidare l’incarico a un parlamentare eletto nello stesso schieramento del premier uscente e che assume l’impegno di attuare lo stesso programma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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