14.05.2025
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Economy

«Possiamo mobilitare 230 miliardi per la transizione energetica»


La transizione energetica vale la mobilitazione di qui al 2030 di investimenti privati per 230 miliardi e 500mila nuovi posti di lavoro. Tanto vale per il presidente di Confindustria Energia, Guido Brusco, il contributo che possono dare le aziende per centrare gli obiettivi italiani del Piano nazionale energia e clima, il Pniec. Una previsione, emersa ieri nel corso dell’Assemblea annuale riunita a Palazzo Wedekind, che dà bene il senso della sfida all’orizzonte per la filiera dei produttori e distributori di energia. Che però chiede regole certe per lavorare al meglio.

IL PERCORSO «Il sistema delle imprese di Confindustria Energia», ha spiegato Brusco, «può mobilitare investimenti, prevalentemente privati, pari a 230 miliardi, con la salvaguardia di quasi 1 milione di posti di lavoro e la creazione di altri 500mila». Ma «dobbiamo poter contare su un sistema di governance che possa sostenere un quadro normativo e regolatorio certo e affidabile», ha avvertito Brusco.

E poi c’è l’altro nodo cruciale, quello del costo dell’energia, in Italia doppio rispetto ai concorrenti europei. «Le recenti dinamiche industriali», ha proseguito il presidente, «impongono di individuare una serie di azioni che possano ridurre il divario del costo dell’energia sul mercato europeo ed internazionale a scapito dell’industria italiana». E la rotta per fare questo deve essere quella della neutralità tecnologica, puntando dal gas alle soluzioni green e low carbon come energie rinnovabili, idrogeno, biocarburanti e biocombustibili, la cattura, l’utilizzo della CO2 fino al nucleare. Cosa serve quindi all’industria italiana per spiegare le potenzialità della transizione? «Definire un piano strutturale di sviluppo della filiera industriale ed energetica», ha concluso Brusco, «accelerando la decarbonizzazione, incrementando la sicurezza energetica e mantenendo al contempo il focus sulla competitività, sullo sviluppo e sull’occupazione».

La buona notizia per l’Italia è che «per la fine dell’anno sono attesi 8 Gigawatt di nuove rinnovabili installate, prevalentemente con impianti sopra i 20 kilowatt», con dimensioni superiori a quelle degli impianti domestici, ha spiegato il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini. Questo nonostante gli stop imposti dalla Sardegna per esempio. «La Sardegna pensi al Paese», ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Il punto è che un quadro legislativo ancora complesso rischia di vanificare anche il grande potenziale custodito nello sviluppo dell’agrivoltaico, un settore considerato fondamentale per raggiungere gli obiettivi del Pniec che punta a raggiungere circa 75 Gigawatt aggiuntivi entro il 2030, coperti per 54 Gigawatt dal fotovoltaico, come ricordato ieri nel corso del convegno promosso da Anie Confindustria, “La giornata dell’agrivoltaico: l’impatto del DLGS Testo Unico FER e del DL Ambiente”. Secondo il Joint Research Centre della Commissione Europea, ha ricordato Filippo Girardi, presidente di ANIE Confindustria, basterebbe destinare all’agrivoltaico l’1,06% della superficie agricola utilizzata (SAU) dell’Ue per raggiungere una capacità fotovoltaica di quasi 944 GW entro il 2030, quasi il doppio dell’obiettivo fissato.

L’agrivoltaico non è «una sfida peculiare che coinvolge profondamente il nostro Paese» per Andrea Cristini, presidente di Anie Rinnovabili. Ma attenzione, accanto al quadro legislativo complesso, manca una struttura autorizzativa adeguata, ha sottolineato il presidente della Commissione Via Pnrr/Pnie, Massimiliano Atelli, a partire dalle risorse minime di cui dispone la stessa Commissione.

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