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ponti mobili, mine anti-carro, droni. Il programma in 10 anni e la minaccia ad Est


Droni, mine anti-carro, veicoli per sminare il terreno e aprire un varco all’esercito. Ponti e piattaforme per attraversare fiumi e specchi d’acqua in tempi record, radar per scovare la “cavalleria” nemica. Si vis pacem para bellum, scriveva Vegezio. È ciò che intende fare il governo italiano avviando una rivoluzione delle nostre Forze Armate. Chiamate oggi più che mai a saper combattere «una guerra convenzionale». Un decreto del ministero della Difesa atterrato nei giorni scorsi in Parlamento illustra una nuova fase per migliaia di uomini e donne in divisa. Svela i timori, nelle stanze che contano a Roma, per la minaccia che incombe sul fronte orientale. Lo scenario — considerato credibile dalla Nato — di uno scontro diretto con la Russia di Vladimir Putin.

LA RIVOLUZIONE

Un programma decennale — inizierà entro la fine dell’anno e terminerà nel 2034, il costo è stellare: un miliardo e mezzo di euro — promette di rinnovare «le capacità di combattimento delle unità del Genio dell’Esercito». Ovvero i reparti a capo della logistica delle nostre Forze armate che decidono come, dove e quando spostare uomini e arsenali, l’addestramento, il dispiegamento in giro per il mondo. In cima al documento visionato dal Messaggero campeggia una premessa eloquente. Le «capacità di combattimento» del Genio militare italiano «risultano oggi compromesse da oltre due decenni di impiego in Crisis Response Operations, che ne hanno fortemente degradato la capacità di assolvere i compiti peculiari in scenari di guerra convenzionale (warfighting)», scrivono i tecnici del governo. Insomma l’Italia non è pronta oggi a una guerra alla vecchia maniera. Per capirci, come quella scatenata dalla Russia contro l’Ucraina. E l’impiego delle nostre migliori unità, come il Genio, per gestire crisi umanitarie — terreno su cui l’Italia eccelle da sempre, dal Kosovo al Niger fino al nuovissimo impegno per Gaza — non solo non basta. È diventato quasi un ostacolo.

Perché l’esercito deve attrezzarsi a combattere una guerra vera, o «convenzionale». Tanto più se c’è chi, a poche centinaia di chilometri, minaccia (e a volte passa ai fatti) di violare i cieli europei e allargare il fronte. Da tempo Crosetto lancia l’allarme. «Non siamo pronti», ripete come un mantra ai tavoli che contano. Fa una certa impressione leggerlo nero su bianco. «In ottica di cambio di paradigma è necessario rigenerare le capacità di condurre operazioni di combattimento su larga scala a livello Brigata, Divisione e Corpo d’Armata» e farlo «in aderenza ai requisiti Nato». Lo stanziamento miliardario servirà anzitutto ad acquistare una maxi-partita di armi e materiale militare. La lista è chilometrica. Si parte da «mine di varia tipologia» e «cariche da demolizione» per «ostacolare e limitare la mobilità e la manovra delle forze nemiche». Nel pacchetto rientra anche l’acquisto di droni, sia aerei che terrestri (“Unmanned Ground Vehicle”) che serviranno, all’occorrenza, a proteggere l’avanzata delle truppe alleate. Ma il grosso dei finanziamenti in campo servirà a rivoluzionare, si diceva, la logistica dell’esercito. Permettendo al Genio militare italiano di “mappare” anche i territori più impervi e garantire la mobilità dei nostri soldati. Come? Costruendo “ponti anfibi e galleggianti” e “passerelle tattiche pedonali” per attraversare fiumi e tratti d’acqua impervi, foreste impenetrabili. Altri 106 milioni di euro se ne andranno nell’acquisto di oltre cento veicoli tattici leggeri per «aumentare le capacità di penetrazione e offensività» dei soldati via terra, quasi un miliardo (877 milioni) per l’acquisto in dieci anni di 83 mezzi anfibi. Un maxi-pacchetto che servirà all’Italia per centrare i target di spesa della Nato. Lo stanziamento più oneroso è per il Genio italiano. Spetterà ai guastatori, il reparto speciale, la «realizzazione di opere di fortificazione campale e di protezione collettiva, i lavori sul campo di battaglia, il rafforzamento di postazioni e posti di comando, il supporto al mascheramento e all’inganno (camouflage)». Insomma, tutto quel che serve a combattere una guerra reale, contro un esercito convenzionale. Non è (solo) un’esercitazione.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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