Giancarlo Giorgetti ripete appena può che «i Comuni devono spendere tutte le risorse del Pnrr». Dal canto loro, i sindaci spingono perché gli enti centrali — ministeri in primis — velocizzino il trasferimento delle risorse verso la “periferia” per non bloccare i cantieri. In questa direzione, dovrebbe aiutare non poco gli enti locali il ministero dell’Economia. Via XX Settembre si appresta — la scadenza è il 6 dicembre — a emanare un decreto attuativo scritto dalla Ragioneria generale per garantire minori tempi di pagamento con anticipi del 90 per cento, come prevede il decreto Omnibus dello scorso agosto.
I NUMERI
Il Recovery ha garantito ai Comuni fondi per oltre 37,5 miliardi di euro. Anche grazie alla rimodulazione voluta dall’ex ministro per la Coesione, Raffaele Fitto — che ha escluso i progetti più a rischio di definanziamento — le amministrazioni attuatrici dei progetti sono riuscite a bandire oltre il 90 per cento delle gare, necessarie per sbloccare le opere. Detto questo, i sindaci lamentano sia eccessivi oneri burocratici nella rendicontazione delle opere sia, soprattutto, ritardi nel versamento da parte dei ministeri competenti delle quote di Pnrr da girare a livello locale. In questa direzione nel decreto Fiscale in discussione al Senato è stato depositato un emendamento che garantisce 10 milioni nel 2025 e nel 2026 per rafforzare le strutture della Pa deputate ai pagamenti alle imprese.
Il governo, da un lato, ha imposto regole più stringenti agli enti per completare in tempo gli interventi, che vanno conclusi entro il 2026. Parallelamente — con il decreto Omnibus — ha anche imposto ai ministeri di abbattere le tempistiche per trasferire i fondi necessari. Non a caso, il provvedimento prevede che «al fine di assicurare la liquidità di cassa necessaria per i pagamenti di competenza», le amministrazioni centrali «provvedono al trasferimento delle occorrenti risorse finanziarie, fino al limite cumulativo del 90 per cento del costo dell’intervento a carico del Pnrr, entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla data di ricevimento delle richieste di trasferimento». E per farlo c’è una sola strada: concentrare tutte le attività di monitoraggio sulla spesa dei Comuni in fase ex post, cioè dopo aver stanziato gli anticipi.
Il decreto del Mef può sbloccare pagamenti per oltre 2 miliardi di risorse Pnrr, che le amministrazioni hanno impegnato per riqualificare periferie e scuole, costruire infrastrutture o digitalizzare i servizi. I Comuni, al riguardo, lamentano che i residui di spesa a fine del 2023, sono schizzati a 12 miliardi.
In una lettera inviata a fine luglio ai ministri Raffaele Fitto (Coesione) e Giancarlo Giorgetti (Mef), l’allora presidente pro-tempore di Anci, Roberto Pella, scriveva: «I nostri uffici ricevono quotidianamente segnalazioni da parte di Comuni che lamentano: ritardi o dinieghi nell’erogazione degli acconti al 30 per cento; significativi ritardi nel controllo e pagamento di rendiconti caricati e, a volte, addirittura il mancato pagamento di quelli già controllati e validati; la mancanza di uniformità ed omogeneità nelle attività di controllo delle rendicontazioni». Una situazione «che rende aleatorio il buon esito dell’erogazione delle risorse».
Per la cronaca, anche le amministrazioni spesso fanno registrare ritardi nelle attività di rendicontazione sulla piattaforma Regis. Detto questo, lamentano non pochi ostacoli di natura burocratica con i principali ministeri loro pagatori. Per esempio con il Mef e l’Anac sono sorti problemi per autorizzare la correzione degli errori materiali sui Cup (il codice unico del progetto) inseriti in modo errato, perché non sarebbe stata definita una procedura ad hoc. E se il dicastero dell’Istruzione ha un doppio sistema di rendicontazione (accanto a Regis c’è Futura), quello alla Coesione avrebbe rallentato i pagamenti per mancanza di fondi.
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