L’obiettivo, certamente ambizioso, è di realizzare nel 2025 almeno 5-6 miliardi con le privatizzazioni. Delineando in Manovra il percorso che porta alla riduzione del debito pubblico. Cessioni, va detto, mantenendo comunque il controllo da parte dello Stato, così come nella strategia dell’esecutivo. Una operazione che il governo sta mettendo a punto e che, solo quest’anno, dovrà fruttare attorno ai sei miliardi di euro. Per adesso ne sono stati recuperati tre, grazie alle cessioni di una parte del capitale di Mps e di Eni.
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LA STRADA
Ma il traguardo per raddoppiare la cifra entro la fine del 2024, per esempio vendendo un’altra quota di Mps, dove lo Stato controlla ancora il 26%, o di Enav, dove il Mef è il socio di maggioranza con il 51%, non è comunque difficile da superare. Entrambe queste soluzioni, tuttavia, vanno bene ponderate. Da un’eventuale cessione del 20% di Enav arriverebbero circa 400 milioni, mentre per quanto riguarda Mps il tema è quello di tutelare la strategicità della banca, evitando che finisca in mani straniere. Insomma, al di là dei tatticismi, sarebbe ben visto un socio italiano. Non è escluso che la questione venga affrontata l’anno prossimo o comunque quando le condizioni del mercato verranno considerate le più favorevoli.
Ma proprio immaginando il futuro, anche se le procedure vanno comunque studiate per tempo, prende corpo, come anticipato dal ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani, la privatizzazione dei porti, mentre restano in rampa di lancio anche la vendita di una quota di Poste e dell’Eni.
Il 2,8% del Cane a Sei zampe piazzato sul mercato ha fruttato circa 1,4 miliardi, mentre la quota Mps ha fatto entrare 1,5 miliardi nella casse del Tesoro. Adesso, tra i dossier allo studio, c’è quello legato agli scali marittimi. Molte le ipotesi sul tappeto. La prima, avanzata dai tecnici, prevede di seguire il modello aeroporti, con l’apertura ai privati della gestione dei porti. Ad entrare in gioco, e nell’azionariato, potrebbero essere i Fondi d’investimento visto che il business portale e della logistica ha costi e andamenti dei ricavi abbastanza certi. Non è chiaro, anche perché siamo in una fase iniziale, se l’apertura a nuovi soci riguarderà ogni singolo porto o, come immaginato da alcuni esperti del settore, possa nascere una super Autorità portuale. Nel super polo, sempre secondo le ipotesi in campo, lo Stato dovrebbe comunque conservare la maggioranza o comunque una quota di controllo visto che si tratta di infrastrutture strategiche per il Paese. Va sottolineato che sul punto va anche trovata una quadra oltre che tecnica di natura politica, superando sensibilità diverse.
Meno complesso il dossier Poste. Per raggiungere già quest’anno la cifra dei sei miliardi di proventi dalle privatizzazioni sarebbe sufficiente cedere un’altra tranche. Se ne discute da prima dell’estate, però l’avvio dell’operazione è stato rimandato a più riprese. La cessione del 15% del capitale consentirebbe di mantenere il controllo pubblico sull’azienda e garantirebbe, secondo gli analisti, circa 2,5 miliardi di euro in entrata nelle casse dello Stato. Anche qui i lavori sono in corso. L’obiettivo è quello di sfruttare al meglio l’andamento del mercato e le ottime performance dell’azienda guidata da Matteo Del Fante, l’ad che ha cambiato pelle al gruppo, diversificando le attività e implementando l’efficienza e i ricavi. C’è da vincere i dubbi dei sindacati che, come nel caso della privatizzazione di Ita, data in sposa a Lufthansa, continuano a chiedere garanzie sul fronte occupazionale.
LA SFIDA
Un’altra strada percorribile, ma probabilmente solo dal 2025, passa attraverso le cessioni di quote di Fs e Trenitalia. Già ai tempi del governo Renzi, nel 2016, aveva preso corpo l’ipotesi, poi naufragata, di mettere sul mercato la holding dei treni e dismetterne parte delle azioni. La discussione è aperta in attesa che il nuovo ad Stefano Donnarumma affronti il tema in maniera approfondita.
Tra le simulazioni, più o meno praticabili, non c’è solo la quotazione della holding, ma anche quello di uno scorporo dell’Alta velocità, portando in Borsa i Frecciarossa. Non ultima è spuntata l’idea, sempre nell’ambito di una riorganizzazione generale del gruppo Fs, della creazione di una società ad hoc per l’energia, in grado di utilizzare quella prodotta nelle aree di proprietà Fs (stazioni e zone industriali)e che ora viene utilizzata anche per far marciare i treni e che potrebbe, in futuro, finire sul mercato. Opzioni tutte da verificare e, ovviamente, su cui il Mef dovrà mettere il proprio sigillo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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