L’impatto dei dazi degli Stati Uniti sull’economia italiana inevitabilmente ci sarà. E il ministro Giancarlo Giorgetti ne illustra i contorni nel question time alla camera: «È possibile già da ora prevedere un ordine di impatto sul Pil reale italiano, nello scenario dei dazi a 15%, con un calo massimo accumulato di 0,5 punti percentuali sul Pil nel 2026, seguito da un graduale recupero che porta il livello a riallinearsi a quello dello scenario base entro il 2029». In vista c’è quindi una contrazione della crescita, ma come spiega il titolare dell’Economia le stime contenute nel Dfp già prevedevano quell’effetto. «Fermo restando che una proiezione più dettagliata sarà possibile solo quando tutti gli aspetti dell’accordo saranno definiti, l’Italia perderà al massimo mezzo punto di Pil nel 2026».
«Il 27 luglio in Scozia è stato raggiunto un accordo politico tra Unione europea e Stati Uniti per definire i parametri chiave delle relazioni commerciali tra le due aree. Il dazio del 15% per i prodotti europei — ha detto il ministro — presenta elementi che avranno un impatto su diversi settori produttivi italiani. Le discussioni collegate all’intesa sono ancora in corso, in particolare per quanto riguarda le possibili esenzioni dal dazio orizzontale del 15%».
«Di sicuro l’intesa preannuncia la chiusura di una fase di incertezza e scongiura una guerra commerciale. Un quadro di certezze sul piano regolatorio rappresenta infatti una imprescindibile premessa rispetto all’adozione delle misure funzionali a garantire le imprese italiane e ad aumentare o anticipare la programmazione di investimenti», ha aggiunto.
«Considerato che una considerevole quota delle esportazioni italiane è destinato al mercato statunitense, l’accordo avrà un impatto non trascurabile sull’economia nazionale ed europea, la cui entità dipenderà ovviamente dai dettagli dell’accordo che saranno definiti nelle prossime settimane. Continuiamo dunque a lavorare, insieme alla Commissione Europea, per ottenere un accordo che sia il migliore possibile per il nostro Paese», ha proseguito specificando che «parlare ora nel dettaglio di iniziative di contrasto degli effetti dei dazi sulle imprese italiane sarebbe prematuro. Quello che va confermato è che l’Italia è impegnata in ambito europeo a promuovere una politica commerciale dell’Ue ambiziosa, che consenta, attraverso l’espansione della rete di accordi di libero scambio dell’Unione con Paesi terzi, di fornire alle imprese nuove opportunità di diversificazione commerciale e catene di approvvigionamento sicure e affidabili per le materie prime di cui abbiamo bisogno, valorizzando nuove aree geografiche caratterizzate da forte dinamismo e crescente domanda di made in Italy».
Dal punto di vista finanziario l’impatto macroeconomico delle misure tariffarie «risulta proporzionalmente crescente all’aumentare dell’aliquota applicata. Fermo restando che una proiezione più dettagliata sarà possibile solo quando tutti gli aspetti dell’accordo saranno definiti, è possibile fin da ora prevedere in ordine all’impatto sul Pil reale italiano, nello scenario con dazi al 15%, un calo massimo (cumulato) di 0,5 punti percentuali nel 2026, seguito da un recupero graduale che porta il livello a riallinearsi a quello dello scenario base entro il 2029, in coerenza pertanto con le stime fornite dal documento di finanza pubblica».
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