«L’aumento delle pensioni minime? La decisione spetta al governo, ma possiamo sostenere che è fondamentale difendere il potere d’acquisto dei pensionati, in particolare delle fasce più deboli, soprattutto alla luce dell’erosione causata dall’inflazione non ancora totalmente riassorbita». Va subito al punto Valeria Vittimberga, direttore generale dell’Inps, che tiene subito a sottolineare che «l’operazione è sostenibile», così come «sono solidi i conti dell’Istituto anche grazie al trend di crescita dell’occupazione».
Dottoressa Vittimberga, l’incremento delle minime è sul tavolo del governo, senza entrare nel merito, che spetta ovviamente all’esecutivo, si tratta di un intervento possibile? E poi, legato proprio a questo punto, in molti affermano che l’età di pensionamento in Italia sia troppo bassa e che questo metta a rischio il futuro dei giovani?
«Credo che l’intervento sulle minime sia possibile. Ma non entro in decisioni che spettano ad altri. L’età di pensionamento in Italia si colloca in linea con quella degli altri Paesi europei, nonostante il nostro detenga il primato di più longevo del continente. Mi sembra interessante anche il fatto che si stia valutando l’introduzione di forme di maggiore flessibilità in uscita su base volontaria, al fine di alzare proprio l’età media dei pensionamenti, riducendo conseguentemente la spesa».
Non sarebbe utile anche aumentare i flussi migratori?
«Credo che sia una semplificazione errata pensare che l’aumento dei flussi migratori possa costituire una soluzione definitiva per sostenere il nostro sistema previdenziale. Questo tema deve essere affrontato con azioni pragmatiche, come quelle attuate dal Governo, per migliorare la composizione dei flussi e favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri, mentre si combattono il lavoro nero e lo sfruttamento. Un’immigrazione non regolamentata potrebbe apparire vantaggiosa nel breve termine, ma comporterebbe un aumento della spesa pensionistica e assistenziale nel lungo periodo. Piuttosto, i dati dei primi sei mesi dell’anno mostrano un miglioramento delle prospettive di crescita del mercato del lavoro e un’occupazione di qualità. Due elementi che rappresentano un forte riequilibrio per il sistema previdenziale».
Bene anche la spinta da quella giovanile?
«Dal 2019 a oggi i segnali di ripresa sono significativi, facendo segnare un più 600mila occupati nelle fasce d’età più giovani. Questa tendenza è incoraggiata da politiche attive del lavoro, fortemente volute dal Ministro Calderone, come gli sgravi contributivi specificamente pensati per incentivare l’assunzione di giovani e donne. Infatti, i dati più recenti indicano che l’occupazione giovanile è aumentata, contribuendo in modo decisivo all’espansione della base occupazionale e quindi contributiva».
Che ruolo svolgete su questo fronte?
«L’Inps ha un ruolo importante, non solo perché garantisce servizi di previdenza, ma anche elevando la cultura previdenziale. È fondamentale educare le nuove generazioni sui diritti legati al lavoro e sulle opportunità offerte dalla previdenza complementare».
Cosa si può fare di più?
«Incentivare l’ingresso nel mercato del lavoro di donne e giovani, ciò potrebbe ridurre la spesa assistenziale e aumentare la massa contributiva».
Il lavoro nero resta un fronte aperto?
«Per quanto riguarda il lavoro nero, è necessario un approccio duale: da un lato, potenziare le azioni di intelligence per smascherare i fenomeni criminosi e, dall’altro, supportare la compliance delle imprese».
Il nostro sistema è solido?
«Il sistema previdenziale è in grado di affrontare le sfide future. La fase attuale è caratterizzata dallo smaltimento della “gobba pensionistica” dovuta all’uscita dal lavoro dei baby boomers. Con la piena attuazione del sistema contributivo, anche le problematiche di cassa saranno superate. La vera sfida è garantire l’adeguatezza della retribuzione e la continuità contributiva durante l’intero arco della vita lavorativa. La pensione si basa sui contributi versati, e mantenere il potere d’acquisto dei pensionati è essenziale per stimolare la silver economy, favorendo così una spesa in consumi che alimenta in modo virtuoso l’intero sistema economico».
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