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Pensione più lontana, dal 2067 serviranno almeno 70 anni di età


Andare in pensione a 70 anni. Per chi si è affacciato da poco sul mercato del lavoro la prospettiva potrebbe tramutarsi in realtà nel 2067. Lo dicono le tabelle della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico. Sarà un percorso di avvicinamento lento, un mese o due mesi alla volta per effetto dell’adeguamento dell’età per la pensione alle aspettative di vita. Quello che altri Paesi stanno pensando di fare, ad esempio la Grecia che ipotizza i 74 anni, ma anche la Germania che, nelle idee del cancelliere Friedrich Merz, pensa a incentivi per trattenere i lavoratori, nella penisola è già in atto ed è il frutto delle misure approvate all’epoca del governo Monti per salvaguardare i conti pubblici. 

I REQUISITI

Trascorsi 14 anni si cerca di rendere meno traumatico il percorso. La stesura dell’ultimo disegno di legge di bilancio ha studiato il modo per sterilizzare l’incremento dei requisiti per lasciare il lavoro che nel 2027, in teoria, sarebbero dovuti salire di tre mesi rispetto agli attuali 67 anni secchi previsti per la pensione di vecchia. La manovra ha provato ad attenuare l’impatto delle regole della riforma Fornero. Ha esentato dall’aumento che scatterà tra poco più di un anno chi fa lavori gravosi o usuranti e ha previsto che nel 2027 i requisiti saliranno soltanto di un mese. A 67 anni e tre mesi si arriverà soltanto nel 2028, quando scatteranno gli altri due anni. Ma poi il conteggio ripartirà: 67 anni e 5 mesi nel 2029 e nel 2030, poi sette mesi e così via a salire. Nel 2050, ricorda l’Istat, si arriverà a 68 anni e 11 mesi, indifferentemente per donne e uomini. Nel 2067 si arriverà alla fatidica soglia dei 70 anni che non sarà però gradino finale. Le tabelle proseguono la conta fino al 2084. Per le generazioni future, la prospettiva è di lavorare fino a 70 anni e otto mesi (ma mancano sessanta anni e tutto può accadere). Nel frattempo sono stati messi in campo anche strumenti per convincere chi vuole e nel pubblico con alcune quote, a restare in ufficio o in fabbrica oltre il dovuto. 

D’altronde contenere l’andamento delle pensioni è una questione di finanza pubblica. La spesa previdenziale rispetto al prodotto interno lordo è prevista in crescita fino al 2040, quando arriverà al 17% del pil e resterà su tale livello almeno fino a quando il passaggio pieno dal sistema retributivo al sistema contributivo introdotto con la riforma Dini alla fine degli anni Novanta del secolo scorso non inizierà a dispiegare i propri effetti. In pratica gli assegni saranno calcolati su quanto versato e rischiano di essere più bassi che in passato. Soltanto dal 2045 l’impatto della previdenza sulla spesa pubblica inizierà la graduale discesa, fino a raggiungere quota 14% del pil nel 2070. Sulla sostenibilità ci sono però buone notizie. L’Italia si sta avvinando alla soglia di sicurezza di 1,5 occupati per pensionato. In pratica ogni 100 italiani già andati in pensione 150 ancora sono al lavoro e versano contributi (il rapporto oggi è poco superiore a 1,46)


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